MAXI OPERAZIONE
20.05.2024 - 08:04
Associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, e traffico illecito transfrontaliero di rifiuti, sostituzione di persona e trasferimento fraudolento di valori: 9 arresti, oltre 40 indagati, 4 società sequestrate e 2.500.000 euro di profitto sequestrato.
In particolare è emerso come, dal primo gennaio del 2019, all’interno della compagine societaria fosse entrato un noto imprenditore frusinate il quale aveva sostanzialmente cambiato il core business di detta società. Invero, attraverso diverse società di intermediazione campane, l’imprenditore era riuscito ad accettare dalla Campania ingenti quantità di rifiuti che, invece, dovevano essere lavorati in quella Regione.
In particolare l’imprenditore, con i suoi collaboratori e con le società di intermediazione, sfruttando le criticità del sistema di gestione dei rifiuti urbani della regione Campania, consentivano l’abusiva uscita dall’ambito regionale campano di ingenti quantità di rifiuti facendoli confluire presso l’impianto di Frosinone.
Il passaggio transregionale del rifiuto campano veniva effettuato mediante l’artificioso cambiamento del codice identificativo (EER) del rifiuto. I rifiuti urbani venivano riclassificati in rifiuto speciale senza subire un trattamento che ne modificasse realmente le caratteristiche e la composizione (soprattutto senza la stabilizzazione della frazione organica), rendendo in tal modo smaltibile tale rifiuto fuori regione, e aggirando così la normativa che vieta lo smaltimento dei rifiuti urbani fuori dalla regione di provenienza.
La cooperazione tra gli indagati, in violazione degli articoli che prevedono il divieto di smaltimento dei rifiuti urbani “in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti” e il “principio di autosufficienza”, avrebbe permesso, attraverso l’ulteriore sostegno di vari intermediari, lo smaltimento di rifiuti urbani (con un trattamento che non ne muta le caratteristiche) fuori dalla regione Campania sotto la qualificazione CER 19 12 12, con il conseguimento di un ingiusto profitto per tutte le parti coinvolte.
Ciò avrebbe permesso, attraverso la gestione illecita, di garantire profitti non solo alla società conferitrice, ma anche agli intermediari e all’impianto ricevente.
Inoltre, sempre stando alle accuse, a prescindere dal fatto che le società e gli impianti erano in possesso delle preziose autorizzazioni alla gestione dei rifiuti misti (CER 19 12 12), trattandosi di rifiuti urbani essi erano da considerarsi di natura diversa rispetto a quanto dichiarato.
I rifiuti provenienti dalla Campania, da qualificarsi invece come “urbani” nonostante il cambio del codice identificativo EER, transitavano con semplici operazioni di stoccaggio (senza dunque alcun trattamento) presso l’impianto di Frosinone, al fine di farne perdere le tracce; da qui venivano poi trasportati in altro impianto sito in Cisterna di Latina, e da qui, senza ulteriore trattamento, smaltiti come scarti di lavorazione presso una discarica di Colleferro.
Inoltre dalla lettura dei formulari di identificazione dei rifiuti accettati nell’impianto di Frosinone emergeva che molti di questi non risultavano essere accompagnati da analisi e rapporti di prova, rendendo così sconosciuta la reale composizione dei rifiuti stessi. Il totale del quantitativo dei rifiuti erroneamente classificati ammonta a circa 2.550 tonnellate.
L’imprenditore, attraverso i suoi collaboratori, riusciva insomma a controllare, pur non comparendo personalmente, l’impianto di Frosinone, utilizzandolo come sito di stoccaggio dei rifiuti provenienti dalla Campania, e intrattenendo rapporti con il rappresentante dell’impianto di destinazione sito in Cisterna di Latina.
Le indagini hanno accertato che l’incendio dell’impianto di Frosinone non ha segnato la fine del traffico illecito dei rifiuti: l’organizzazione delineatasi intorno all’impianto ciociaro, con a capo un imprenditore locale ed un imprenditore campano quali dominus occulti, ha continuato ad operare su tutto il territorio nazionale ed anche internazionale.
I due infatti avrebbero hanno continuato la loro attività di intermediazione ed al contempo si sono dedicati alla ricerca di un sito da trasformare nel nuovo centro dei loro affari.
Dopo un iniziale interesse per un sito a Varese, la scelta è caduta su un capannone ad Aviano (PN) gestito da una società in liquidazione.
Le accurate ed articolate indagini condotte dalla Squadra Mobile e dal N.I.P.A.A.F. di Frosinone hanno fatto emergere che, dopo il sequestro del sito, l’attività illecita. è stata delocalizzata pertanto dall’impianto di Frosinone in un analogo stabilimento in Aviano (PN), che opera nel medesimo settore.
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