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Il commento

CORONAVIRUS, UN DECRETO SENZA CERTEZZE

Non c'è visione. E c'è la solita voracità del fisco. Che invece dovrebbe accompagnare le imprese verso la ripresa

E' un documento senza coraggio e che non offre quello di cui gli italiani hanno in questo momento più bisogno: certezza e prospettive per il futuro. Tra le righe del "Cura-Italia" emerge la solita corsa ad accaparrarsi pezzi di vana gloria da parte delle forze di maggioranza piuttosto che un disegno strategico per immaginare un "contenimento" economico dell'attuale emergenza e l'offerta anche "visionaria" di una ripartenza per tutto il sistema produttivo.

Lo hanno chiamato "Cura-Italia" ma già inserire un posticipo di 4 giorni, ovvero 96 ore, per il pagamento degli F24 significa aver capito poco o niente di quello che sta succedendo in giro.
Fa bene Guido Crosetto ad evocare il futuro declassamento dei titoli di stato se si concretizzasse quello che è dietro l'angolo. La rovinosa caduta del "sottostante" dei nostri bond.

Costituito per lo più dal Pil di quel tessuto produttivo di piccole e medie imprese che è la caratteristica, a volte il tallone d'Achille e spesso la punta di forza, di questo Paese che da troppo tempo naviga in acque agitate senza unaguida sicura e competente. Questo Governo che sta chiedendo a gran voce una prova di coraggio e maturità a tutta la popolazione non ha avuto la forza politica di disegnare una bozza di progetto per il futuro.

C'è un pezzo di Italia infatti che se ne frega del reddito di cittadinanza e dell'elemosina dei 600 euro. È quel pezzo di nazione che produce reddito e lavoro per centinaia di migliaia di persone. È quell'amplificatre quotidiano, presente e affidabile, di certezze, sogni e speranze a cui bisognava parlare. A quei tanti leoni in gabbia che sognano già di ripartire.
Che prima della pubblicazione del decreto, limato chissà quante volte per calmare i mal di pancia di Crimi e Di Maio, avevano già dato fondo ai propri risparmi per pagare tasse e contributi fregandosene dei finti-rinvii.

Questa gente aveva bisogno di altro. Dello sblocco delle tante opere pubbliche al palo da anni da affidare a commissari con pieni poteri e scudati da magistrati amministrativi e penali; di regole meno stringenti per l'accesso al credito; di una drastica riduzione del cuneo fiscale; di regole più certe per gli appalti.

Ma soprattutto andava comunicata con forza la volontà, del fisco, per una volta, di mettersi al fianco delle aziende per organizzare un sistema di scadenze figlio della durata dell'emergenza e non della solita voracità dello Stato. Perché tutti sanno bene che con 25 miliardi non si va da nessuna parte se non si ha la forza di mettere in campo un progetto che ne faccia girare almeno 500 per affrontare il futuro prossimo.

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