Le indagini
06.10.2018 - 10:00
Bonifici anche sul conto del figlio. È quanto emerso dall'inchiesta di Parma che ha portato all'arresto dell'ematologo frusinate Franco Aversa, agli arresti domiciliari da mercoledì.
Stando a quanto ricostruito dalle accuse ci sarebbero tre bonifici. I primi due più datati nel tempo, nel 2013 e nel 2014 rispettivamente da 1.913 e 1.286 euro. Quindi ci sarebbe un'ulteriore dazione da cinquemila euro nel 2015. Con il passare dei giorni emergono nuovi particolari dell'inchiesta "Conquibus" che ha portato a contestare al professore frusinate 31 capi d'imputazione tra cui corruzione, induzione indebita a dare e promettere utilità e abuso d'ufficio. Tutto ruota sui soldi delle sponsorizzazioni per i convegni medici. Da qui sostiene la procura di Parma che ha affidato le indagini ai carabinieri del Nas ci sarebbe stata una lista dei buoni e dei cattivi.
In un'altra intercettazione il medico dice a dei rappresentanti di una casa farmaceutica: «Se collaborazione deve essere, deve essere bilaterale non può essere monolaterale!». E ancora: «Poi quando la dottoressa... o il suo direttore chiede e l'azienda diventa latitante, è chiaro che ne prendiamo atto». E poi a seguire: «Non dobbiamo collaborare con un'azienda che non ha interesse a sostenere iniziative o richieste da parte dell'Ematologia di Parma. Ma, ripeto, si può fare tranquillamente a meno di un'azienda».
Per l'accusa, dunque, la strada spianata era per i farmaci delle aziende che sponsorizzavano i convegni medici. Aversa, infatti, parla anche di «sponsor di platino». Per i quali «istintivamente, un minimo di riconoscenza la devi avere». E dunque «se devo riconoscere, riconosco chi mi ha aiutato, non chi non mi ha aiutato. Cioè, collaborare significa io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. Se io do una cosa a te e tu non dai niente a me, non è collaborazione».
Nel mirino degli investigatori del Nas anche il concorso a professore con cui Aversa ha ottenuto la cattedra di Malattie del sangue e altri cinque per l'assunzione di collaboratori e assegnisti di ricerca. Per il suo concorso l'accusa sostiene che il professore si sarebbe scelto la commissione esaminatrice. Per i collaboratori, invece, il gip ipotizza l'«abituale ricorso allo strumento del concorso pubblico per l'assunzione di personale a lui gradito». Segnalato anche il caso di un bando per il quale il vincitore designato sarebbe stato impossibilitato a partecipare per assenza di requisiti. E in un'intercettazione, i carabinieri ascoltano: «Il bando ormai è uscito, piuttosto che darlo a un estraneo preferisco darlo a uno dei nostri. Per cui è un cuscinetto potenzialmente... gonfiabile».
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione