Spazio satira
L'udienza
20.09.2018 - 12:30
Diciotto mesi di attesa dopo quella maledetta notte a piazza Regina Margherita, nel cuore del centro storico di Alatri, in cui Emanuele ha perso la vita per le ferite riportate dopo un brutale pestaggio all'esterno del locale Miro. E finalmente, dopo tante lacrime e rabbia, ieri tutta la famiglia di Emanuele Morganti ha potuto varcare l'ingresso del tribunale per chiedere quella giustizia tanto agognata con l'avvio del processo.
L'arrivo
La mamma Lucia e la sorella Melissa avevano in mano una rosa bianca e in silenzio, con gli occhi che parlavano da soli, un misto tra emozione e commozione, si sono dirette verso il varco principale. Sono arrivati insieme a loro attorno alle nove anche gli altri familiari, il papà, il fratello e altri parenti, e hanno atteso all'esterno l'avvio della prima di una lunga serie di udienze. Melissa tesa e combattuta ha risposto ad alcune domande e il suo messaggio è stato chiaro. Con molta dolcezza ha espresso i suoi sentimenti prima di entrare nell'aula di giustizia.
«Entriamo in tribunale speranzosi che la giustizia faccia il suo corso - ha affermato - Cercheremo di mantenere uno spirito sereno, più che altro perché lì dentro ci staranno "buoni" e "cattivi". Proprio per questo penso che la prova più dura, al di là di ascoltare passo passo quello che è accaduto a Emanuele, sarà riuscire a coesistere nella stessa stanza con queste persone. In vista di questa, e delle prossime udienze, la consapevolezza che la giustizia possa esserci ce l'abbiamo sin dal principio. La nostra paura più grande è che siano le leggi in vigore che non consentano alla giustizia, a chi cioè si è impegnato in questi mesi, a farcela avere. Ecco, abbiamo il timore che queste norme purtroppo non siano abbastanza restrittive e severe per garantire quello che spetta a noi».
Ieri, ancora una volta e in maniera discreta, c'è stata la forte vicinanza degli amici di Emanuele. E anche su questa attenzione Melissa ha voluto essere chiara. «Sarebbe una sconfitta dell'etica e della morale comune se si attenuasse questa attenzione, al di là del fatto che si tratta di mio fratello. Poteva essere il fratello e il figlio di chiunque. Se ne è andato in un modo talmente barbaro che non penso ci si possa distrarre, anche se a volte è accaduto».
Poi l'ingresso in aula e dopo diciotto mesi i familiari e gli amici di Emanuele hanno potuto avere di fronte per un'ora e mezza, seppur dietro le sbarre, i quattro accusati dell'omicidio del ventenne. I loro sguardi non si sono mai incrociati anche se Melissa non ha esitato un istante nel dirigere i suoi occhi, pieni di tristezza, di rabbia e di dolore, verso quella gabbia. Con i quattro che al contrario hanno sempre rivolto la loro attenzione alla corte e alle parole dei rispettivi avvocati. Prima di tornare in carcere e attendere la prossima udienza.
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