Spazio satira
L'inchiesta
31.03.2024 - 15:00
Due giorni dopo il trasferimento dal carcere di Secondigliano a Frosinone, l'inventore del sistema dei droni per approvvigionare di beni proibiti i detenuti, l'aveva già esportato in Ciociaria. E anzi, proprio la rottura degli equilibri consolidati all'interno della casa circondariale di Frosinone avrebbe provocato l'ormai famosa sparatoria, il 19 settembre 2021. L'episodio, per la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, proverebbe il metodo mafioso che proprio a Frosinone, con gli spari esplosi in carcere, avrebbe raggiunto l'apice.
È quanto la Dda di Napoli contesta al gruppo accusato di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, detenzione di armi da sparo e accesso indebito a dispositivi per la comunicazione da parte di detenuti nonché dell'introduzione di beni vietati dal regolamento carcerario, come telefonini, droga e, perfino, una pistola.
C'è tutto questo nelle carte dell'inchiesta che ha portato, una decina di giorni fa, a 21 misure di custodia cautelare in carcere, eseguite su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dal Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, dal Servizio centrale operativo della polizia, dalle squadre mobili di Frosinone e Napoli, nonché dalla Sezione investigativa del Servizio centrale operativo di Napoli.
L'inchiesta, per buona parte, si concentra sulla sparatoria per la quale è indagato per aver sparato cinque colpi contro altri tre detenuti che lo avevano malmenato qualche giorno prima - ma dalla Dda di Roma e per cui si procede a parte - Alessio Peluso. Quest'ultimo, invece, non è indagato per la vicenda dei droni. Secondo la Dda di Napoli il fatto sarebbe la risposta dell'organizzazione camorristica alla rottura degli accordi. Un'azione plateale per riaffermare la supremazia di un gruppo criminale, nella specie secondo le accuse, l'Alleanza di Secondigliano.
Un gesto così eclatante, non senza conseguenze (a parte l'inchiesta, i protagonisti sono stati trasferiti in altri penitenziari) deve interpretarsi non come un capriccio di un detenuto, con il rischio di mettere a repentaglio un sistema molto redditizio (per far arrivare la pistola, con due viaggi, sarebbero stati pagati 10.000 euro). Dunque - ragionano gli investigatori - dietro deve esserci un di più che proverebbe proprio l'aggravante camorristica contestata. Ovvero una motivazione superiore tanto mettere in conto di dover dire addio a un commercio da 30.000 euro, come poi si sarebbe lamentato uno degli intercettati.
Nel corso delle indagini è emerso che a Frosinone e in altre carceri, detenuti dell'alta sicurezza riescono a comunicare con l'esterno grazie ad apparecchi telefonici, che sono in grado di procurarsi dietro lauto compenso.
In base alla ricostruzione dell'accusa, Peluso si sarebbe messo in contatto con il nuovo arrivato, l'indagato Lucio Musella, con la proposta di far arrivare i droni anche a Frosinone. A sostegno dell'accusa anche dichiarazioni di collaboratori di giustizia che fanno riferimento a 4/5 consegne di beni avvenute con i droni all'interno del carcere frusinate. E, pur in assenza di riscontri, gli investigatori sono propensi a pensare che siano effettivamente avvenute.
La scena di Frosinone («hai fatto la cosa proprio perfetta», si sente in un dialogo intercettato) è ricostruita anche sulla base di diverse intercettazioni in cui alcuni dei protagonisti si vantavano di essere riusciti a far entrare la pistola nella casa circondariale («Io sono, i sonc u Dio... ca l'ha fatta trasì»).
Dall'inchiesta emergono almeno tre sorvoli sul carcere di Frosinone tra il 3 e il 13 giugno 2021, probabilmente iniziati almeno tre mesi prima. A sostegno dell'accusa ci sarebbe anche uno screenshot, recuperato da un telefono sequestrato, nel quale è bene indicata, con una freccia, la finestra della cella cui effettuare la consegna. A mettere sulla pista giusta la polizia giudiziaria sarà un caso fortuito: la segnalazione di presenze sospette nei pressi del carcere. Le volanti della questura riescono così a bloccare una Suzuki Swift, nella quale, secondo le accuse, c'era anche il pilota dei droni. Vengono sequestrati diversi telefonini, con tanto di caricabatteria, custoditi in buste di plastica con i manici legati.
E, dunque, si sospetta, pronte a essere inviate in carcere. L'episodio è del 13 giugno, mentre dieci giorni prima gli investigatori registrano un'altra consegna fallita. L'indagato Musella si lamenta e consiglia al pilota del drone di farlo votare più alto per evitare che il ronzio metta in allarme la polizia penitenziaria. A guidare il pilota, dal carcere, anche segnali luminosi e contatti telefonici. Si tenta pure una consegna sul campo di pallone del carcere, ma i telefonini saranno trovati dalla polizia penitenziaria. E dopo i sequestri la tariffa per far arrivare la merce nel carcere venne elevata da 2.000 a 3.000 euro con consegne preferibilmente la domenica, quando la sorveglianza si riduce.
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