La sentenza
22.03.2024 - 13:00
Romina De Cesare era stanca di quella relazione che, dopo 12 anni, era arrivata al capolinea. E la notte del 2 maggio del 2022 doveva essere l'ultima in via del Plebiscito, prima di tornarsene a casa, in Molise. Suo padre l'aspettava alla stazione di Isernia la mattina del 3. Ma Romina in Molise non è più tornata, uccisa, nella notte tra il 2 e il 3 maggio di due anni fa, con quattordici coltellate.
Ieri, la Corte d'assise di Frosinone ha condannato l'ex fidanzato, Pietro Ialongo, di Cerro al Volturno, lo stesso paese di Romina, a 24 anni per omicidio volontario aggravato dallo stalking, dal rapporto di convivenza e dalla relazione affettiva. La Corte presieduta dal giudice Francesca Proietti (a latere l'altro togato Chiara Doglietto) ha inflitto a Ialongo un anno in più rispetto alla richiesta del pubblico ministero Vittorio Misiti, che ha considerato equivalenti le circostanze aggravanti alle attenuanti, l'incensuratezza e la confessione. Disposta una provvisionale immediatamente esecutiva di 100.000 euro in favore del padre di Romina e di 70.000 per il fratello.
La requisitoria
La mattinata si era aperta proprio con la requisitoria della pubblica accusa che ha ripercorso i punti salienti del fatto e delle indagini condotte dalla squadra mobile di Frosinone. Il pm ha ricordato che «la vittima da qualche mese aveva una nuova frequentazione» con un uomo di Alatri, il primo a lanciare l'allarme perché non riusciva a mettersi in contatto con lei. Contemporaneamente nella zona di Torre Paola, a Sabaudia, veniva trovato dai carabinieri Ialongo che vagava nudo sul lungomare in stato confusionale. «In sede di interrogatorio - ha insistito il pm - Ialongo rendeva ampia e lucida confessione. Riferiva di aver avuto una colluttazione con la ragazza, prima attinta al collo e poi, dopo averla buttata a terra, colpita all'addome con un coltello a serramanico». Un passaggio ha riguardato anche la videosorveglianza, tema di stretta attualità in questi giorni, dopo l'omicidio di via Aldo Moro del 9 marzo. Misiti ha citato le immagini di una telecamera posta nelle vicinanze dell'abitazione occupata dai due giovani. «Alle 0.27 si nota a piedi la vittima in direzione dell'abitazione - ha sottolineato il pm - Otto minuti dopo si scorge la presenza di Ialongo in direzione opposta. Alle 0.38 l'auto, un'Audi A4, si allontana verso corso della Repubblica. Questo è l'ambito temporale del delitto». Ialongo è immortalato l'ultima volta a Frosinone alle 2.55 mentre fa rifornimento di benzina. Sulle cause della morte, la procura, in base all'autopsia, ha fatto riferimento a 14 lesioni, per la gran parte sul lato destro del corpo di Romina, alcune conseguenza del tentativo della ragazza, che aveva 36 anni, di difendersi dall'aggressione. La ferita mortale è quella al torace. Ma Romina non è morta subito. Un accenno all'incidente probatorio: trovate nel lavandino della casa di via del Plebiscito e sotto l'unghia della vittima profili genetici misti, compatibili con la vittima e l'imputato. Quanto ai testi, nessuno ha assistito all'aggressione. Tuttavia, una cinese da un appartamento posto al piano superiore, aveva riferito di aver ascoltato «il rumore di una caduta e urla femminili di aiuto». Due audio di 28 e 20 secondi saranno acquisiti come prova. Sul fronte dello stalking, l'accusa ha citato le dichiarazioni dell'uomo che si frequentava con Romina sul fatto che «Ialongo aveva iniziato a tormentarla al telefono» e che Romina si faceva lasciare alle Terrazze da dove se ne tornava a casa a piedi con le scalette «per evitare scenate di Ialongo». E ancora: «Pietro si recava al bar dove lavorava Romina. Pietro ha strappato il cellulare dalle mani di lei per controllare le conversazioni sui social».
L'allarme della zia
Il pm ha introdotto le dichiarazioni della zia francese di Romina, una sorta di seconda madre per la ragazza che aveva perso la mamma: «Ogni volta che rientrava a casa dopo un'uscita con gli amici la insultava. Non riusciva a distaccarsi perché lui era autoritario. La svegliava durante la notte. Romina era soffocata dalla gelosia». Soprattutto il pm si è soffermato su una frase della zia: «Se hai deciso di andare via di casa domani, vai a dormire in albergo perché ti potrebbe uccidere con un coltello». Per il pm è «chiara la volontà di uccidere. Ialongo non solo accettava il rischio ma voleva cagionare l'evento con la sua azione». Infine, ritenute sussistenti tutte le aggravanti, il pm ha chiesto di valutare l'incensuratezza di Ialongo, «subito collaborativo al fine di adeguare la pena alla sua personalità». Da qui la richiesta a 23 anni.
Le parti civili
Per la famiglia De Cesare, presenti in aula il padre Mario e il fratello Anthony, gli avvocati Danilo Leva e Fiore Di Ciuccio, «l'imputato non è meritevole delle attenuanti generiche». La parte civile ha posto l'accento sull'aspetto utilitaristico della confessione, basata più che su un vero pentimento dall'obiettivo di ottenere uno sconto di pena. L'avvocato Leva ha poi affermato: «Non è un delitto passionale. Romina è vittima di un delitto di potere di chi vede la donna come oggetto da poter disporre a piacimento. Se non può esser mia non può essere di nessun altro». Per l'onlus Liberaluna l'avvocato Maria Calabrese ha chiesto giustizia: «Romina è stata uccisa perché aveva scelto la libertà».
La difesa
Gli avvocati di Ialongo, Vincenzo Mercolino e Riccardo Di Vizio, hanno puntato a far cadere le aggravanti. Il primo ha sottolineato: «Ialongo cercava maldestramente di farsi notare. Romina era preoccupata per Pietro». Di Vizio, invece, ha chiesto «una condanna giusta», aggiungendo che «Pietro non ha mai detto una parola contro Romina» che, nel video che lui gira nel cuore della notte, «non le chiede mai di tornare insieme» e che la sua capacità era grandemente scemata al momento dell'omicidio.
I commenti
L'avvocato Leva dopo la lettura del dispositivo ha affermato: «La sentenza conferma l'ipotesi accusatoria. L'impianto ha retto alla prova dibattimentale. Come parte civile non possiamo fare altro che prendere atto del riconoscimento delle attenuanti generiche». Per Di Vizio, «la condotta di Ialongo è stata lineare. Vedremo le motivazioni, ma la Corte non poteva non riconoscere le attenuanti generiche». Scontato l'appello.
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