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La situazione

Mancano i medici, psichiatria allo stremo. In crisi anche le Rems

Inevitabile la chiusura dell'Spdc dell'ospedale “Spaziani”. Ma la carenza di medici mette in crisi anche le altre strutture

Il reparto di psichiatria dell'ospedale "Spaziani" di Frosinone rimarrà chiuso a causa della carenza di medici almeno fino a settembre, in base alla situazione attuale. Sui tempi effettivi per la riapertura molto dipenderà dallo scorrimento della graduatoria del concorso per dirigenti psichiatri indetto dalla Asl Roma 2, cui la Asl di Frosinone partecipa in forma aggregata e per la quale sono previsti dieci nuovi professionisti. «Una decisione incomprensibile e inaccettabile». Questa la denuncia giunta immediatamente dopo l'annuncio della chiusura dell'Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) da parte del segretario generale della Cisl funzione pubblica di Frosinone, Antonio Cuozzo.

Sulla questione è intervenuta anche la Uil Fpl, con una nota indirizzata al direttore generale della Asl di Frosinone Angelo Aliquò e al direttore sanitario Luca Casertano, in cui il dirigente sindacale Massimiliano Mastroianni e il segretario generale Maurizio Palombi parlano di un mancato riscontro alle richieste dei mesi scorsi in merito alla possibilità di chiusura del reparto e rispetto ad alcune possibili soluzioni proposte. Si rivolge invece alla Regione la Fp Cgil: «La Regione Lazio non può fare orecchie da mercante scaricando tutti i problemi sulle Asl territoriali – denuncia il sindacato – ma si deve adoperare affinché lo scorrimento della graduatoria della Asl Roma 2 avvenga nel minor tempo possibile».

Una decisione, dunque, che ha messo in allerta le sigle sindacali ma anche l'opinione pubblica, riportando all'attenzione le difficoltà della sanità locale. Decisione, però, che sembra non potesse avere alternative in quanto, ricordando le parole del direttore generale Aliquò che più volte ha affrontato la questione, «l'unica alternativa ai medici sono i medici». Il problema, infatti, non riguarda esclusivamente l'Spdc di Frosinone, ma la necessità di fornire il servizio psichiatrico a tutte le strutture del territorio appartenenti all'Azienda sanitaria locale. In forte difficoltà sono, infatti, anche le Rems (Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza), i centri di salute mentale e le carceri.

Come spiega il direttore del Dipartimento di salute mentale, dottor Filippo Morabito, in base al decreto regionale numero 8 del 2011 e successive modificazioni, che fissa gli standard, una Spdc da 15 posti dovrebbe avere 8 psichiatri più un primario. Al momento l'Azienda sanitaria della provincia di Frosinone dispone soltanto di 24 psichiatri. Per far lavorare a regime tutte le strutture presenti sul territorio ne servirebbero 70. Per i centri di salute mentale non è fissato un numero minimo di medici, ma queste strutture dovrebbero essere aperte, con la presenza dello psichiatra, dalle 8 alle 20, dal lunedì al venerdì, e il sabato dalle 14 alle 20. «Quindi – spiega il dottor Morabito – ognuno di essi dovrebbe avere tre, se non quattro medici. In provincia – continua – abbiamo sette centri di salute mentale, quindi dovremmo avere un minimo 21 psichiatri, o 28 in una situazione ottimale. Ce ne sono 12, di cui uno copre metà servizio in una delle Rems».

Non va meglio nelle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza. In provincia di Frosinone ce ne sono due, una a Ceccano, che ospita 13 pazienti, e una a Pontecorvo, che ne ospita 9. Per le Rems ciociare sarebbero necessari cinque psichiatri, ma ce ne sono soltanto tre. «Per quanto riguarda gli altri servizi attivi c'è un centro per i disturbi alimentari a Frosinone che serve tutta la provincia – continua il dottor Morabito – in cui al momento c'è una sola psichiatra. Abbiamo poi tre carceri in cui dobbiamo garantire l'assistenza – spiega – In quello di Frosinone c'è un medico che era in pensione ed è tornato in servizio, mentre in quello di Cassino c'è uno psichiatra del centro di salute mentale di Sora».

Nei vari centri di salute mentale, poi, ci sono due psichiatri su Anagni, due su Alatri, uno, più uno che svolge anche alti servizi, su Frosinone, cui si aggiungono dieci ore effettuate da specialisti convenzionati, due su Ceccano, due su Cassino e due su Sora. La situazione più critica è a Pontecorvo, dove c'è soltanto una psichiatra, che lavorando nelle strutture residenziali, può essere presente soltanto per due turni settimanali, mentre un turno è coperto da uno specialista convenzionato, per una copertura totale di appena 22 ore. Quella che emerge, dunque, è una situazione complessa e di difficile gestione, emblematica dell'impossibilità di riorganizzazione dei servizi, già allo stremo, e che chiarisce le ragioni della decisione della chiusura dell'Spdc dello "Spaziani".

«La chiusura non è certo una scelta facile – commenta Morabito – Chi fa questo lavoro sa quanto sia necessario mantenere i servizi attivi per la psichiatria ma anche quanto sia importante non chiudere quelli di prossimità. Si potrebbe pensare, per esempio, di chiudere Anagni e accorpare tutto nel centro di Alatri, con quattro medici, ma per i nostri pazienti la prossimità è fondamentale. Mettere distanza tra il servizio e la persona che ha problemi vuol dire creargliene di ulteriori. E se pensassimo di chiudere due servizi territoriali, per esempio, per lasciare aperto l'Sdpc ne conseguirebbe un intasamento dei servizi di diagnosi e cura ospedaliera, da parte di tutti quei pazienti che rimarrebbero senza cure per la mancanza del servizio di prossimità. Si creerebbe un circolo infinito. Il classico cane che si morde la coda. Si deve sempre considerare, inoltre, che il lavoro che si fa in salute mentale è complesso – continua – Basti considerare che poco meno del 40% di tutti gli atti di aggressione in ambito sanitario avviene nei confronti del personale della salute mentale. La carenza di medici si può risolvere soltanto assumendo altri medici – conclude – Non c'è altro modo per avere servizi che garantiscano sicurezza, non solo per evitare aggressioni, ma anche per permettere la correttezza delle procedure e per evitare carichi di lavoro poco gestibili, consentendo a chi lavora nel servizio sanitario di poterlo fare al meglio possibile».

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