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I fatti

Diana Maria Zaharie travolta e uccisa. “Pirata” rischia il processo

Fissata l'udienza preliminare al prossimo 25 luglio per l'operaio che a settembre ha investito e ucciso la giovane artista rumena

Dovrà comparire il prossimo 25 luglio davanti al gup del tribunale di Cassino il "pirata" della strada che lo scorso 12 settembre ha investito e ucciso la giovane artista rumena Diana Maria Zaharie sulla superstrada Cassino-Sora. L'incidente mortale avvenne a pochi metri dallo svincolo per l'ospedale Santa Scolastica, nelle primissime ore del mattino. Ora, a pochi giorni dal deposito della perizia, dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte del procuratore d'Emmanuele, la fissazione dell'udienza preliminare nei confronti di L.S., 44 anni di Sant'Elia, difeso dagli avvocati Emilio Roncone e Antonio Ceccani.

L'operaio, posto in stato di fermo dai carabinieri dopo 18 giorni dall'investimento in cui aveva perso la vita la ventitreenne rumena, durante l'udienza di convalida (a ottobre scorso) aveva ricostruito tutto, ammettendo la propria colpa. E aveva chiesto scusa. Scusa alla giustizia, alla famiglia della ragazza che non voleva uccidere ma che non sarebbe riuscito a evitare. Un rimorso profondo, quello che aveva mostrato davanti al giudice, alla presenza dei suoi legali. Incensurato e dalla vita irreprensibile, aveva raccontato in aula tutti i momenti terribili dell'investimento, quelli successivi, i giorni trascorsi in bilico tra la voglia di presentarsi in caserma e la paura di farlo.

Tra le lacrime, aveva ripercorso la mattinata del 12 settembre scorso: una mattinata come tante, con l'orario d'ingresso al lavoro molto presto, e il percorso con la sua utilitaria fatto quasi a memoria. Una normalità senza grandi slanci. Poi, però, l'imponderabile. Ha raccontato di non essere riuscito a frenare, di aver visto Diana all'ultimo minuto al centro della strada. Di essere stato colto da una paura indescrivibile. Il gip Casinelli aveva ascoltato le sue parole: misura non convalidata e remissione in libertà senza misure. Per il giudice non ci sarebbe stato pericolo di reiterazione del reato né di fuga.

La procura - ritenendo che invece andava applicata la misura cautelare - ha proposto ricorso: richiesta accolta in appello. Ma nulla era cambiato in attesa della Cassazione. Ad aprile, quindi, la novità: ricorso accolto, disposti i domiciliari per il "pirata". Le difese dell'operaio - che non impugnarono la convalida della misura - avevano subito annunciano istanza di attenuazione della misura, per consentirgli di andare al lavoro. Ottenendo così il permesso di lasciare l'abitazione solo per le ore dei turni di lavoro. Ieri la fissazione dell'udienza preliminare per discutere il rinvio a giudizio del quarantaquattrenne.

L'analisi tecnica
Nella consulenza tecnica peritale a firma dell'ingegnere Lucio Pinchera - depositata nei giorni scorsi - l'incidente mortale è stato analizzato sotto diversi profili: la dinamica, la meccanica, le caratteristiche dei luoghi dove si è verificato il sinistro, l'evitabilità dell'evento. Il corpo della giovane vittima dopo l'impatto sarebbe stato sbalzato a circa ventidue metri e mezzo dal termine della frenata. Il perito, che non entra nel merito della fuga dopo l'investimento mortale, afferma che l'operaio non avrebbe rispettato il limite imposto dal Codice della Strada, procedendo con una velocità superiore di circa 10-15 chilometri orari. Ma ritiene l'investimento «ineludibile per la complessiva condotta vietata». Dall'analisi in sostanza emergerebbe che l'area fosse vietata ai pedoni.
«L'analisi avrebbe dimostrato che l'indagato era nelle sole condizioni di ridurre il potenziale lesivo ma non di evitare l'investimento» conclude l'ingegnere.

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