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Gli auguri

Fraternità sociale contro la crisi. Ognuno deve fare la propria parte

Il vescovo Antonazzo si rivolge alla comunità: un messaggio a chi non ce la fa, ai disoccupati e alle persone sole. Le parrocchie sono in campo, ma serve più fiducia

Un tempo di gioia, ma soprattutto un tempo segnato da una maggiore fraternità sociale. Con queste parole il vescovo Antonazzo ha voluto esprimere vicinanza a tutte le famiglie, alle istituzioni civili e militari, ai malati e anziani accolti nelle case di cura, ai detenuti della Casa circondariale di Cassino, alle attività imprenditoriali, alle associazioni di volontariato, in particolari ai disoccupati e quanti vivono condizioni di precarietà e di povertà.

«Viviamo un momento difficile. I tanti motivi che portano a scrivere pagine e pagine di cronaca nera devono non solo rattristarci ma restituire a tutti il bisogno del Natale. L'attesa di Gesù. Quest'accoglienza di Dio che si fa uomo» afferma il vescovo della diocesi di Sora, Cassino, Aquino e Pontecorvo. Già molte le opere di solidarietà realizzate attraverso la grandissima partecipazione delle parrocchie. Come la consegna, la più recente, dei pacchi alle famiglie meno fortunate nella parrocchia di S. Antonio, proprio alla presenza del vescovo Antonazzo. Un numero, quello delle famiglie a rischio povertà, cresciuto a dismisura.

«Le molte ferite della nostra storia attuale invocano ancora di più la luce e la bellezza del Natale cristiano. Non lasciamoci infliggere e affliggere da condizionamenti e comportamenti esclusivamente consumistici. Ogni giorno ci troviamo davanti alle tante tragedie del tempo presente, alle gravissime ingiustizie che ancora oggi vengono drammaticamente consumate in ogni parte del mondo. Brucia nel cuore la domanda: i duemila anni di storia del cristianesimo hanno davvero cambiato il mondo? Ed è lo stesso dubbio che anche Giovanni Battista ha il coraggio di esprimere nei confronti di Gesù - afferma il vescovo Antonazzo - Nella storia dell'umanità diversi pensatori hanno dichiarato il fallimento del cristianesimo perché ritenuto impotente di fronte ai problemi delle società, dei poveri soprattutto.

Di conseguenza, sono nati messianismi umani con la pretesa di cambiare il corso degli eventi creando i loro imperi, le loro dittature, il loro totalitarismo che avrebbe cambiato il mondo. Hanno, sì, cambiato il mondo, ma solo in peggio, in modo distruttivo, gettandolo milioni di persone nella disperazione e in situazioni di immani sofferenze. Il Natale insegna e consegna l'umiltà con cui Dio continua a migliorare il mondo. Il Natale unisce il divino e l'umano per sempre: nulla di buono si può operare e sperare senza Dio, e nulla senza la responsabilità dell'uomo, perché il mondo cresca nella pace e nella fraternità universale». Bisogna rigenerare il desiderio di lasciarci guidare dalla fede affinché «la nostra comunità ritrovi fiducia e impegno operoso. Perché ognuno deve fare la sua parte» sottolinea Antonazzo.

Poi aggiunge: «Mi piace allora immaginare e vivere il Natale come una partita di calcio da vincere ad ogni costo. Con la nascita di Gesù, Dio decide di scendere personalmente in campo per giocare con noi una grande partita e sconfiggere il peggiore dei nemici: l'odio e ogni sorta di cattiveria che provoca divisione e guerra. Dio è l'allenatore; a noi spetta giocare la partita. Lui ci allena per imparare a fare bene il nostro gioco. Nessuno di noi deve restare negli spogliatoi, o in panchina, e ancora meno sugli spalti. Tutti in campo! Si tratta di un gioco di squadra, e ognuno di noi ha un ruolo preciso da svolgere per vincere la partita della speranza, anche se dovessimo arrivare ai tempi supplementari. Ma la partita resta ancora aperta. Auguri di un felice Natale, ancora tutto da giocare».

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