La vicenda
17.05.2022 - 09:30
All'alba di domenica mattina gli agenti della polizia di Stato si sono presentati a casa sua per notificargli l'ordine di arresto. Che hanno eseguito. Così Ciro Ciriello, 36 anni, napoletano, da un paio di anni residente a Sora, è finito in carcere. C'è anche il suo nome tra i sei indicati dal gip del tribunale partenopeo come mandanti ed esecutori dell'omicidio del boss Patrizio Reale. Per tutti gli indagati l'accusa formulata dalla Direzione distrettuale antimafia che ha indagato sull'efferato delitto è di "concorso in omicidio aggravato anche dal metodo mafioso e dall'agevolazione dell'organizzazione di appartenenza".
Con Ciro Cirillo sono finiti agli arresti i fratelli Luigi, Salvatore e Gennaro D'Amico, rispettivamente di 53, 49 e 48 anni, e Armando De Maio, 31 anni, tutti di Napoli.
L'accusa
Per gli inquirenti che hanno lavorato a lungo sull'omicidio di Patrizio Reale, avvenuto l'11 ottobre del 2009 nel quartiere popolare di San Giovanni a Teduccio, i fratelli D'Amico, considerati a capo dell'omonimo gruppo camorristico, con l'aiuto di Ciro Ciriello e di Armando Di Maio, nel ruolo di affiliati alla cosca, ordinarono ed eseguirono la "condanna a morte" del boss avversario.
Reale era imparentato con un altro boss della Camorra, Ciro Rinaldi, conosciuto negli ambienti malavitosi con il nomignolo di "My way". Fu uno dei sanguinosi agguati che hanno segnato in quegli anni la guerra tra bande criminali per il controllo del territorio. Reale era considerato il capo dell'omonimo clan insediato soprattutto nel rione Pazzigno. Nel corso delle lunghe e complesse indagini, la Procura di Napoli ha ricostruito l'agguato che costò la vita a Reale: i suoi sicari fecero irruzione in casa sua e spararono; un suo guardaspalle rimase ferito a un braccio, mentre il boss morì il giorno successivo in ospedale.
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