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Esclusiva

Holding criminali nei territori: come le mafie si muovono nella sanità

Il generale di divisione del Ros Pasquale Angelosanto racconta le tipologie di infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni: nessuno è escluso

«Per comprendere appieno ciò che sta avvenendo oggi, nell'era della pandemia, vanno necessariamente letti i fatti che negli anni hanno riguardato i rapporti della criminalità mafiosa e settori della pubblica amministrazione, tra cui quello della sanità». Inizia così la disamina approfondita del Generale di divisione Pasquale Angelosanto.

Una "holding criminale" con tutti i connotati delle realtà specchiate, legali e proficue. Una grossa azienda di malaffare capace di incunearsi nei circuiti sani della società. Se ne è parlato di recente al primo Festival della Legalità, organizzato dall'associazione "Cassino Città per la Pace" della città martire. Da tutta Italia ospiti illustri e il generale Angelosanto ha fotografato proprio questa situazione.

«Attualmente, senza sottovalutare le altre mafie italiane, tra cui cosa nostra e la camorra che perseguono analoghi interessi, la ‘ndrangheta rappresenta emblematicamente l'agire più evoluto e sofisticato delle mafie e la minaccia più grave e immanente. Oggi, l'organizzazione ha assunto i tratti di una vera e propria holding criminale, con molteplici interessi leciti e illeciti, senza avere, per questo, cambiato la sua natura più intima, caratterizzata da un articolato apparato normativo e da un complesso di rituali che le garantiscono un efficace controllo sugli affiliati e sulle sue articolazioni operative che sono radicate in Calabria, in molte regioni italiane e all'estero.
La ‘ndrangheta ha saputo adeguarsi, come e meglio delle altre mafie, al mutare dei tempi e dei sistemi riuscendo a cogliere tutte le opportunità di arricchimento collegate alla globalizzazione ed alla sempre più fitta interconnessione dell'economia e dei mercati».

Il controllo dei territori è un cancro sociale. Devastante.
Il generale ha vissuto in prima linea il fenomeno in tanti ruoli e città d'Italia. Tra gli ultimi incarichi: dal 3 agosto 2015 al 30 settembre 2017 ha ricoperto l'incarico di Capo del III Reparto "Telematica" dello Stato Maggiore del Comando Generale dell'Arma. Dal 1° ottobre 2017 ha assunto l'incarico di Comandante del Raggruppamento Operativo Speciale(Ros). Dal 1° luglio 2019 è stato promosso al grado di Generale di Divisione».

E così aggiunge: «Estendendo il discorso a tutte le mafie, è possibile, affermare che tali organizzazioni controllano in maniera asfissiante e capillare il territorio di riferimento, sono onnivore, controllano cioè anche quelle attività delittuose non tipicamente di mafia che si sviluppano nell'area di riferimento e che in qualche modo vanno a incrementare gli affari e gli illeciti guadagni (come i furti, le rapine, le grandi truffe, ecc.)».

Continua ancora il Generale, originario di Sant'Elia Fiumerapido e laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna nonché abilitato all'esercizio della professione forense: «Quanto ai rapporti tra criminalità mafiosa e settori della pubblica amministrazione, l'esperienza investigativa ha evidenziato il costante tentativo delle organizzazioni di acquisire il sistema di contatti e di relazioni degli imprenditori, per cui le mafie tradizionali, conseguendo il controllo delle società d'impresa, mirano non tanto al capitale economico quanto al capitale delle relazioni sociali, imprenditoriali e istituzionali della società stessa, la cui condivisione costituisce il punto di forza dell'organizzazione mafiosa. L'imprenditore quindi diventa il tramite tra il pubblico amministratore e il mafioso ed è proprio il rapporto tra l'imprenditore e la mafia a rappresentare la più importante cinghia di trasmissione tra l'organizzazione criminale e i pubblici amministratori.

Il controllo dell'ente locale è l'ulteriore obiettivo della criminalità, che lo ottiene infiltrandosi nei gangli delle amministrazioni sia direttamente con propri candidati, sia indirettamente minacciando o condizionando l'operato degli amministratori o dei dipendenti dell'apparato tecnico-amministrativo. Nello scenario delineato, è particolarmente significativo sottolineare che, dal 1991, anno di approvazione della legge che prevede il commissariamento degli enti locali per i condizionamenti della criminalità organizzata, ad aprile 2021, le amministrazioni locali sciolte sono state 353, tra cui anche 6 aziende sanitarie locali (7 se si conta anche la Usl di Taurianova, sciolta nel 1987.
In totale 5 in Calabria e 2 in Campania).

Per quanto riguarda più specificamente la sanità, la relazione della Commissione parlamentare sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa del 2018 presieduta dall'onorevole Bindi, evidenzia come questa rappresenti uno dei "settori della pubblica amministrazione più importanti ed esposti al rischio di infiltrazioni e condizionamenti da parte della C.O.
in ragione della consistenza particolarmente elevata delle risorse economiche gestite, prestandosi peraltro al compimento di diversificate operazioni illecite (riciclaggio di denaro, all'aumento del giro di affari, sbocco occupazionale, controllo dei territori)".

In tale quadro, un altro punto debole "è rappresentato dalle esternalizzazioni dei servizi che, per la sanità come per altri settori della pubblica amministrazione, crea spazi di mercato per le organizzazioni criminali senza portare a risparmiare risorse. Le mafie, attraverso i numerosi servizi che la sanità deve acquisire dall'esterno, sono in grado di offrire posti di lavoro a persone che altrimenti non avrebbero avuto alcun reddito". Numerose sono le indagini esemplificative delle problematiche prodotte dalle infiltrazioni mafiose al sistema sanitario.

La recentissima indagine denominata Chirone del Ros ha documentato come la potente cosca di ‘ndrangheta Piromalli di Gioia Tauro (Rc) avesse compromesso il sistema gestionale dei distretti sanitari dell'Asp di Reggio Calabria (la cui competenza si estende sull'intera provincia amministrativa), alterando l'andamento del mercato imprenditoriale e monopolizzando la filiera economica della distribuzione dei prodotti sanitari. Vanno ancora ricordate le vicende giudiziarie che hanno coinvolto numerosi medici appartenenti a cosa nostra, tra cui Michele Navarra, capo mafia di Corleone, o il dottor Gioacchino Pennino, capo della famiglia mafiosa di Palermo Brancaccio, ma anche imprenditori del settore sanitario come Michele Aiello, portatore di interessi della famiglia mafiosa di Bagheria e di Bernardo Provenzano, in particolare nell'ambito della sanità specialistica convenzionata.
Il motivo per cui le mafie, nel rapporto con il mondo delle professioni, privilegiano quello con i medici e la sanità in generale non risiede solamente nelle enormi possibilità di guadagno legate alle elevate pubbliche contribuzioni di settore, ma anche nella ricerca del consenso tra la popolazione sfruttando e strumentalizzando l'ambito sanitario, perché questo è a diretto contatto con i bisogni primari della collettività.
Queste caratteristiche lo rendono funzionale alla logica dello scambio elettorale politico-mafioso».

Così conclude il generale Angelosanto che dal 26 marzo 2021, fa parte anche dell'"Osservatorio Permanente sulla Sicurezza" di Eurispes, Istituto di Studi Politici e Sociali: «Nella complessa situazione generale, connessa alla pandemia da Covid-19, la conclamata capacità di cosche e clan di sfruttare a proprio vantaggio anche le situazioni di crisi potrebbe consentire loro di inserirsi nell'attua le contesto emergenziale, rivolgendo l'attenzione a settori diversi da sanitario, sul quale già si estende il controllo, e, da ultimo, verso i flussi finanziari legati fondo salva-Stati.
In tale quadro, fondamentale è il contributo dei cittadini che devono impegnarsi, in sinergia con le istituzioni, a trasmettere il valore della legalità alle nuove generazioni, su cui graverà l'onere di continuare a combattere la battaglia contro le mafie».

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