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La denuncia

Urgono investimenti sulla sanità, Cristofari: «Noi medici non saremo il capro espiatorio»

Il presidente dell'ordine: nel Lazio c'è una forte pressione sui pronto soccorso. Una situazione eccezionale da combattere con mezzi eccezionali

Di professione fanno i medici e il ruolo di capro espiatorio lo lasciano volentieri al Malaussène dei romanzi di Daniel Pennac. Il presidente dell'ordine dei medici Fabrizio Cristofari mette in chiaro subito le cose: i medici non saranno il capro espiatorio dell'emergenza Covid, occorre subito invertire il trend e tornare a investire sulla sanità. Un appello ai cittadini perché mantengano comportamenti appropriati. «C'è un rischio che va evitato inizia il numero uno dei camici bianchi frusinati la soluzione è chiara ed è basata su i comportamenti dei cittadini. Stiamo scontando comportamenti non in linea con l'attuale momento che, più o meno, tutti abbiamo tollerato. Ciò ha comportato un riacutizzarsi della malattia. I dati sono allarmanti: assistiamo a un incremento esponenziale dei contagi. È vero che troviamo più positivi perché li cerchiamo, ma non è assolutamente vero che i malati sono di meno e che sono meno gravi. Altrimenti gli ultimi dati non avrebbero comportato due Dpcm in tre giorni».

Una situazione eccezionale da combattere con mezzi eccezionali. «Viviamo un dramma epocale - seguita Cristofari -. Nessuno ricorda di aver visto un'epidemia del genere. Purtroppo lo Stato italiano è arrivato impreparato: negli ultimi anni ha ridotto gli investimenti nella sanità. Il rischio grave è affrontare la situazione partendo da carenze croniche di personale, soprattutto nelle regioni che vengono dal piano di rientro. Grazie a Dio, ne siamo usciti e ciò, per i prossimi cinque anni, ci consentirà di riequilibrare». Eppure il sistema sanitario ha già dato prove di poter combattere il Covid. «Da marzo a maggio argomenta il presidente dei medici nonostante dati mostruosi abbiamo dato una risposta efficiente. Poi, il lockdown prolungato ha dato risultati. Con questi indici di crescita c'è il rischio di tornare a un lockdown nazionale».

Con l'attuale progressione: 1.283 casi la scorsa settimana, 711 quella precedente, la Ciociaria quanto potrà reggere? «Nel Lazio c'è una forte pressione sui pronto soccorso continua Cristofari Ieri sera (domenica, ndr) avevamo 723 positivi nei pronto soccorso. Ciò comporta una difficoltà di gestione. Con altre 2/3 settimane di questo andamento arriveremo al collasso del sistema secondo il nostro presidente nazionale Anelli. Ci si sta riorganizzando ed è previsto un incremento dei posti letto Covid, ma questo andrà a incidere sulle patologie ordinarie. Anche le strutture convenzionate lo stanno facendo in maniera forte. E ciò consente di ampliare la risposta. Poi ci sono gli ambulatori privati per i tamponi al costo di un ticket.
Abbiamo tutti negli occhi le file ai drive in, le difficoltà di tracciamento o le ambulanze ferme, ma lo sappiamo benissimo. Spero che questa sia una fase di transizione e che fra due settimane avremo una risposta forte.
Ma ricordiamo che l'esplosione dei casi in Italia è di dieci giorni fa. Gli italiani ora sono depressi, ma ci dovevamo pensare prima quando andavano in cinquemila al mare o chiedevano la riapertura degli stadi».

I numeri al pronto soccorso sono da bollettino di guerra.
«Abbiamo 50 accessi Covid al giorno allo Spaziani, 70/80 in provincia con in media una permanenza in pronto soccorso di 20 pazienti positivi per 24 ore. Ho visto una delibera, la terapia intensiva sarà portata da 6 a 32 posti. L'assessore alla Sanità Alessio D'Amato ha promesso un impegno forte per i pronto soccorso. Al momento le terapie intensive del Lazio sono al 50%, ma se continua così c'è un rischio sulle terapie intensive e in quel caso il lockdown non sarà più evitabile. Ma non dobbiamo arrivare a una situazione di mancata assistenza». Un contributo importante al Covid quello offerto da chi sta in prima linea. «Abbiamo tra i 20 e i 30 medici positivi, ma nessuno in condizioni di gravità. A marzo abbiamo lavorato bene insieme agli infermieri. I medici di base e i centri vaccinali stanno facendo uno sforzo notevole».

A fonte di tale impegno, la categoria chiede il «rinforzo di organici e tecnologia». Tanto più che la battaglia va combattuta sul territorio. «I servizi territoriali in provincia sono in difficoltà continua Cristofari perché sono tarati su 50 pazienti al giorno, ma  se ne devono tracciare 200 non ce la fanno». Un'idea è fare i tamponi solo ai sintomatici. «C'è il rischio così che la patologia si diffonda. Ma se uno fa la quarantena è meglio che faccia il sierologico. Altrimenti ci servono risorse reali: un tampone all'Asl costa 20 euro. È una proposta di rottura, è un derubricare il tracciamento, ma è un tema sul tavolo: del resto è quello che si è fatto a marzo-aprile nella prima fase».

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