Spazio satira
Il racconto
14.09.2020 - 10:21
Ci spostiamo in un'altra zona della città. Una persona ci attende in un luogo lontano da occhi indiscreti. Conosce molto bene i luoghi del massacro. Sa chi sono i fratelli Bianchi, Pincarelli e Belleggia, i principali indagati per l'omicidio. Li ha visti tante, troppe volte, agire con violenza e prevaricazione. Conosce nei dettagli cosa è accaduto quella notte costata la vita a Willy. Ha già raccontato tutto alle autorità, una testimonianza nero su bianco, per dare il suo contributo alle indagini.
Quando lo contattiamo ci dice che in questi giorni non è emersa proprio l'esatta dinamica della vicenda. Che ci sono molte imprecisioni, lacune e vuoti che non rendono chiara l'idea di quel pestaggio. Gli chiediamo se ha voglia di parlare. Accetta. Ma in quel luogo lontano da occhi indiscreti che stiamo per raggiungere. Non vuole che venga fatto il suo nome, racconta di aver già ricevuto minacce e che non è stato l'unico.
La ricostruzione del testimone
«Quella banda la conoscono tutti». E questa è la stessa frase pronunciata dalle tante persone che abbiamo incontrato ma lui, già in passato, ha avuto a che fare con la violenza dei fratelli Bianchi. Ci dice che le risse sono il loro pane quotidiano, un modo per affermare la loro supremazia. Lo fanno per dimostrare che sono i più forti. E poi picchiano per i debiti di droga. Gli chiediamo se può spiegarsi meglio: «Quelli non sono cani sciolti. Sono una vera e propria banda. Spacciano droga, anche qui nelle zone della movida di Colleferro. E chi non salda i debiti viene pestato». Stando alle carte degli inquirenti, tutti e quattro hanno precedenti per rissa, i fratelli Bianchi anche per spaccio. Racconta che quella sera i quattro accusati erano stati al "Duedipicche", avevano bevuto e, addirittura, aggredito verbalmente una donna delle pulizie facendola mettere a piangere.
Poi – sempre secondo la sua versione – hanno proseguito altrove la serata. La lite è iniziata molto dopo, quando i locali avevano già chiuso. È proseguita sulle scalette di fronte ai giardinetti. È volato uno schiaffo. Di lì la telefonata per avvisare la banda. Poi ribadisce con fermezza quello che sta raccontando: «Il suv è arrivato a folle velocità. Ha inchiodato davanti ai giardinetti, l'autista è rimasto in macchina, i quattro sono scesi. Hanno puntato l'amico di Willy. Il ragazzo ha cercato di mettersi in mezzo per evitare lo scontro e loro si sono accaniti su di lui. Il tutto è durato pochissimi istanti. Nessuno è riuscito a fermarli. Anche se ci hanno provato, non è vero che tutti sono fuggiti lasciando Willy solo. Ma quelli – si riferisce a Marco e Gabriele Bianchi – erano furie e sanno come e dove picchiare, fanno MMA non per la passione per quello sport. Sono bastati pochissimi colpi, Willy è finito a terra. Hanno continuato a colpire. Poi sono risaliti in auto e sono fuggiti».
Racconta che quando si sono allontanati, il ragazzo non aveva già più battito cardiaco. Sono stati chiamati i soccorsi ma è stato tutto inutile. Si interrompe, la voce si fa tremante. La commozione prende il sopravvento. «Questo era un delitto annunciato – prosegue dopo pochi minuti – ne ho visti tanti lasciati a terra dopo calci e pugni, sono stati solo più fortunati. Quelli della banda vanno anche in giro armati di coltelli e pistole. Cercano sempre la rissa per dimostrare chi comanda. Chi frequenta i luoghi nei quali vanno abitualmente lo sa. I giovani che vogliono divertirsi in maniera sana gli stanno lontano». Poi dice che Willy in quei locali lo aveva visto tante volte, era tra quelli che sono sempre stati alla larga da «quei criminali».
Poi, però, la strada di quel ragazzo che si era sempre tenuto a distanza da compagnie poco raccomandabili, ha incrociato quella dei Bianchi, di Pincarelli e di Belleggia e in pochi attimi il suo cammino si è interrotto, per sempre.
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