Ciak, Motore, Azione
15.02.2021 - 13:00
Una scena del film
Jim Jarmush è un regista secolare. Arrivato al suo tredicesimo lungometraggio, l'autore statunitense decide di confrontarsi con il suo passato. Nella sua tredicesima fatica, il regista dai tempi e dai modi tra i più compassati di Hollywood, decide di fare i conti con gli zombie. Nel 2013 usciva "Solo gli amanti sopravvivono", storia romantica, nostalgica e melanconica sulla vita sospesa tra umanità ed eternità dei vampiri. Costretti a sopravvivere a tutti gli affetti mortali che si creano.
I toni di "I morti non muoiono" (disponibile su Prime Video) sono più leggeri ma torna, in un certo senso, qualcosa da ognuno dei suoi lavori passati. Il cast è zeppo di attrici ed attori (Bill Murray, Adam Driver, Tilda Swinton, Chloë Sevigny e Steve Buscemi su tutti) che hanno già collaborato con l'eclettico regista dell'Ohio, punto che gli stessi non mancheranno di sottolineare durante la pellicola.
Nella pacifica cittadina di Centerville vivono, spensierati, poco meno di ottocento abitanti. Una comunità nella quale il dipartimento locale di polizia, diretto dal commissario Robertson e con gli agenti Ronnie Peterson e Mindy Morrison, fa quotidianamente i conti con furti di galline ed altri crimini minori. Ai margini di una società cristallizzata nel tempo, che è però una critica a tantissimi atteggiamenti di un'America moderna e molto vicina, vive l'eremi ta Bob, che da lontano osserva come un narratore onnisciente. La comunità (ed il mondo, stando a quanto riportano le testimonianze) si ritrova a dover fronteggiare una tantolenta, quantoinesorabile, invasione zombie.
Conoscendo il regista, nulla sarà banale nello sviluppo di questo incontro coi non morti. Una pellicola che, a suo modo, riesce a coinvolgere ed alienare lo spettatore. La dogmatica del cinema zombie, codificata con precisione dal suo padre universale George Romero, è chiara e ben delineata. Questo però non impedisce, ad un artista imprevedibile come Jarmush, di scegliere di scardinare i limiti classici del cinema d'orrore. Nonostante sembri che, ad onor del vero in diversi momenti, il film non sappia dove andareaparare conprecisione,èevidente il divertimento che pervade la produzione.
C'è un'aura di chiara complicità tra i due lati della macchina da presa, utile a confezionare un film tutto sommato unico. Una visione leggera, scanzonata, ma anche fin troppo consapevole. Un film di zombie che, nell'anno di uscita, venne scelto per aprire il Festival del Cinema di Cannes rappresenta, a suo modo, il punto di contatto tra autorialità e tematiche pop.
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