Spazio satira
Stiamo per salutare la “A”, con rimpianti e nuove speranze
25.04.2016 - 19:01
Il lungo abbraccio finale della curva ai suoi eroi. Quell'applauso e quel coro che non finisce mai. Quella fierezza di un “popolo” che non smette mai di cantare un'appartenenza più forte di ogni sconfitta. Finirà probabilmente con il ritorno in B questa stagione fantastica, questa cavalcata più lunga e coraggiosa di ogni previsione. Ma se sarà così le premesse per un riscatto, per altri giorni di gloria, per altri trionfi, ci sono tutte.
Nella gara in cui i rosanero di Ballardini tornano a coltivare qualche speranza di salvezza si spengono probabilmente le ultime chances dei canarini. In tribuna tutta la tensione delle grandi occasioni. Quelle nelle quali la “banda Stellone” non ha mai tradito. Ma non sempre è normale riprendersi dalle sconfitte. Non sempre è possibile risorgere da notti come quella di Verona. Dove un arbitro figlio di un sistema compromesso ha decretato, più di ogni altro, lo stop anticipato all'avventura dei canarini nella massima serie.
Forse sarebbe finita allo stesso modo. Ma avrebbe avuto un altro sapore. E avrebbe avvicinato ancor di più la nostra magnifica gente alle emozioni e alle passioni del calcio vero. Non è stato così.
Il Frosinone,se abbandonerà la serie A, com'è nei pronostici e nelle previsioni, lo farà portandosi dietro anche il retrogusto amaro di scelte fatte a tavolino. Di influenze forti sulle decisioni di arbitri sempre mal disposti nei confronti di una squadra di lottatori indomiti, di un gruppo spavaldo come pochi capace di racimolare, ad oggi, 30 punti nelle partite di un torneo fatto di formazioni più forti, più attrezzate, decisamente più costose. Abbandonerà la serie A e questo fa ancor più male anche tra qualche sorrisino ironico di commentatori maliziosamente disposti a difendere giacchette nere in malafede, a coprire vistosi fuorigioco e rigori grossi come una casa.
Commentatori influenzati, anche loro, da bacini di abbonamenti senz'altro più appetitosi e da consulenze generosamente elargite da società compiacenti a figli o parenti vari. Ma questo è il calcio. Questo è quello che può offrire oggi la modesta “cricca” che lo governa. Questo è il massimo che possono fare questo signor Tavecchio e i suoi compari. Emblema e simbolo, anche loro, di un paese vecchio e di una storia che sa tanto di passato e poco di futuro.
Detto questo non vogliamo nemmeno cadere nella retorica del vittimismo esagerato. Che per linea e per scelta non ci piace e non ci appartiene. Se il Frosinone tornerà in B dovrà anche recriminare sui propri errori, sulle tante occasioni gettate al vento, su qualche gara che poteva e doveva essere interpretata diversamente. Peccati veniali, però, per un allenatore e un gruppo che hanno dato molto più di quello che avevano in corpo.
E poi, se è vero come dice Maurizio Stirpe, che il progetto di questa società ha i suoi tempi e si sostanzia in una lunga permanenza nei piani alti del calcio italiano, e non abbiamo ragione di ritenere che non sia così, godiamoci queste ultime partite, il ritorno a San Siro, il saluto con il Sassuolo e la “prima” al “San Paolo” nella massima serie.
Ricordiamoci da dove siamo partiti e prepariamoci all'inaugurazione del nuovo stadio. In fondo il nostro campionato, severamente il “Benito Stirpe” fosse pronto per il prossimo campionato, potremmo ben dire di averlo vinto anche quest'anno.
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