E ci sono riusciti benissimo visto che a metà settembre, a pochi giorni dall'esordio casalingo dei canarini e a poco più di una settimana dalla gara più attesa, quella con la Juventus di Cristiano Ronaldo ancora non sappiamo quale sarà la pena definitiva per la società del presidente Maurizio Stirpe. Presidente che ha l'unica colpa di non aver alzato mai la voce in questi anni di pesantissimi torti subiti, di colpi bassi ricevuti in continuazione, di arbitraggi, quelli sì, antisportivi e sospetti, di indifferenza del sistema verso una delle poche isole virtuose in fatto di correttezza, legalità, rispetto delle regole e conti in ordine. Non stiamo qui a fasciarci la testa prima di romperla ma a volte le parole, i tempi, il susseguirsi dei fatti, raccontano il vento che tira meglio di tante analisi. Al palazzo il miracolo Frosinone non piace. Non serve. Non può valere come esempio. Dà fastidio. E va colpito duramente. Alle televisioni non piace perché siamo troppo pochi rispetto a Bari, Palermo e via dicendo. A tante grandi città del sud. A molte del nord senza calcio da tanti anni.

Tutti, per il Palazzo nel quale hanno sempre sguazzato i Lotito, i Preziosi, gli Zamparini e i Tavecchio sono più "interessanti" di noi. Tutti sono assimilabili meglio alle loro irrinunciabili plusvalenze, ai loro giochetti contabili, alle loro fideiussioni false.
Nella notte del trionfo, quelli del Palazzo stavano lì a contare i secondi persi con i palloni in campo invece di ammirare gli occhi fieri di un popolo orgoglioso, tenace, combattivo come il nostro. E oggi, quelli di questo Palazzo sputtanato, che non riesce ancora a far partire la serie B e la serie C, invece di nascondersi dietro alle proprie tante vergogne, non vuole smettere di saltare addosso alla "nostra" serie A. Conquistata tutta, dico tutta, sul campo. Un Palazzo,infine, strabico, che non si pone domande. L'arbitro che nel proprio referto ha scritto chiaramente che il tempo dei palloni in campo è stato ampiamente recuperato e che ha fischiato la fine della partita prima dell'invasione è lo stesso La Penna, che a fine stagione è stato promosso in serie A.

Delle due l'una: o il suo referto è ineccepibile oppure hanno mandato a fare danni nella massima serie un incompetente.
Le motivazioni di ieri, oltre a gettare una seria incognita sul nostro secondo campionato in serie A, dimostrano ancor di più l'inadeguatezza del sistema che sovrintende a un asset sociale ed economico importantissimo come quello del calcio. Dimostrano, ove ce ne fosse bisogno, che il gap che ci separa dal resto del mondo sta crescendo (basta guardare la Nazionale) a dismisura. Dimostrano che le porte dovrebbero chiudersi definitivamente, non più per i protagonisti di una cazzata già pagata troppo cara, ma per tutta una serie di personaggi che stanno distruggendo un mondo al quale oltre a tanti soldi continuano ad essere legati attese, sogni, emozioni di milioni di tifosi. E in tutto ciò diventa addirittura inutile stare qui a ricordare il trattamento riservato al Parma. O raccontare di una serie C il cui via è slittato già più volte. E, perché no, della fidejussione non valida del Palermo. Il calcio italiano vuole questo. Perché il calcio italiano, oggi, è questo.