Uno degli ultimi acquisti del Frosinone. Ma senza ombra di dubbio, tra quasi tutti quei calciatori approdati alla corte di Moreno Longo nell'ultimo mercato, è uno di quelli che più degli altri ha dimostrato nelle tante stagioni di Serie A giocate in Italia, di avere carattere, determinazione e capacità per poter trascinare anche gli altri compagni verso quell'obiettivo che si chiama salvezza. Emil Hallfredsson è approdato nel nostro calcio nella stagione 2007-2008 giocando con la Reggina nella massima serie. L'anno successivo è rimasto in forza al club calabrese, per poi passare al Verona in C1, e vincere in due anni altrettanti campionati per tornare in A con gli scaligeri nel 2013-2014 e restare nel calcio che conta praticamente per sempre (anche se negli ultimi due anni e mezzo vestendo la maglia dell'Udinese).
Come dire che il nazionale islandese ha sempre giocato in formazioni che hanno dovuto lottare con le unghie e i denti per mantenere la categoria. E lui ha sempre contribuito nel migliore dei modi perché ciò accadesse. 

Dall'alto della sua esperienza con formazioni chiamate a lottare per salvarsi, cosa deve fare questo Frosinone per ottenere a fine stagione l'agognato obiettivo?
«Anche se parliamo di squadre diverse e campionati diversi -dice- ritengo che la chiave per raggiungere qualsiasi tipo di obiettivo è sempre la mentalità. Dobbiamo credere sempre più nei nostri mezzi e quindi nella possibilità di salvarci. Da quando sono arrivato sto notando dei miglioramenti quotidiani. Di giorno in giorno diventiamo un gruppo che si conosce sempre meglio e sa quello che vuole. Sono certo che non andremo più incontro a brutte figure. Stiamo intraprendendo la strada giusta per arrivare a ottenere quello che vogliamo».

Nella gara d'esordio in campionato ha cominciato nel ruolo di interno di sinistra per poi giocare l'ultima mezz'ora da centrale di centrocampo.
In definitiva qual'è la posizione che predilige?
«Sono arrivato a Verona e facevo l'interno. A Udine il centrale e nella mia nazionale gioco ugualmente in mezzo, ma in una mediana a quattro. Per cui  alla fine non fa differenza. Posso giocare in tutti i ruoli di centrocampo. Come ho detto prima, conta solo la mentalità».

A Benevento, nella gara di Coppa Italia contro il Sudtirol non ci è parso troppo brillante. Lunedì a Bergamo, invece, è risultato tra i migliori. Questo sta a significare che di settimana in settimana sta trovando una condizione sempre migliore?
«Direi che è normale. Sono rientrato a Udine dopo il Mondiale, soltanto il 23 luglio e praticamente ho lavorato lì soltanto sette giorni. Poi sono venuto a Frosinone, ma i miei compagni erano in Canada e quindi diciamo che realmente sto svolgendola preparazione dal 4 agosto. A Bergamo mi sentivo sicuramente più in condizione rispetto a Benevento. E di certo per la partita di domenica prossima a Torino contro il Bologna la situazione da questo punto di vista sarà ancora migliorata ulteriormente». 

Dall'alto della sua esperienza, si sente, insieme a Molinaro, una sorta di chioccia per questa squadra ed pronto a sostenerla a livello di spogliatoio?
«Ci provo. Nel senso che cerco sempre di mettere la mia esperienza a sevizio dei compagni anche fuori dal campo. Dobbiamo crederci e fare bene tutti insieme.
Pensate all'Islanda. Vederla qualificata per i mondiali sapeva di follia, considerando che non abbiamo nessun fenomeno. Ma questa è la dimostrazione che è la squadra a fare la differenza e non il singolo. Ed è sicuramente questa la chiave per salvarsi».