Prima tappa di una verità da doppio appuntamento. Al "gala dei playoff", protagonisti il Frosinone e il Palermo. Teatro per l'antipasto della serie A sarà il "Barbera", mentre sabato 16 si tornerà per il faccia a faccia finale allo "Stirpe". Sembra quasi inutile dirlo, ma va pur sempre fatto, che l'impianto rosanero è sold out. Biglietti andati letteralmente a ruba, venduti per ogni ordine di posto: un'affluenza che rispecchia l'importanza della gara. D'altronde La Gumina e soci sono obbligati a vincere almeno una delle due sfide e il supporto del pubblico è sempre un elemento emozionale da non sottovalutare. A Frosinone, però, le cose non sono diverse. I tifosi ciociari vogliono gremire allo stesso modo il loro fortino e sperano di poter riscattare il passo falso dell'ultima di campionato, quando il Foggia guastò la festa giallazzurra. Ora l'occasione è servita ma è tutt'altro che ordinaria amministrazione. Sia da una parte che dall'altra, intendiamoci. Quando l'attesa sale, quando l'adrenalina corre in corpo, si risponde a comandi che la condizione fisica non conosce. Si va oltre. Come è stato per il return match contro il Cittadella, in semifinale playoff: un Frosinone falcidiato dagli infortuni, una formazione che in tanti definivano "scoppiata", ha dato il tutto per tutto e con un Gori dalla grinta leonina è riuscita a centrare l'obiettivo. Il Palermo è uno squadrone, ammettiamolo. Ma la compagine di Longo ha forse qualcosa in meno? Il piazzamento a fine regular season dice tutto il contrario. E se questi mesi di campionato hanno asserito qualche verità, che i canarini meritino la promozione, è proprio una di queste. Se non per le individualità quantomeno per la determinazione scesa ogni volta sui campi di tutto lo stivale.

Questo doppio confronto, da cui dipende il balzo in massima serie, è però anche qualcosa che va oltre. Qualcosa che si insinua sottopelle, che lascia le vie della razionalità, del calcolo matematico e che affonda in un turbinio astratto di sensazioni: è lo scontro tra presente e passato, quasi un duello "romantico", per quanto sia possibile definirlo così. Il presente, Longo, a governare le fila frusinati da una parte; il passato, Stellone, a comandare quelle sicule dall'altra. Stellone è il mister che nel 2015 alzò il calice del passaggio in massima serie. Stellone è il tecnico che, al termine di questa finale, vorrebbe ripetersi, ma su sponda opposta. Stellone è colui che, dopo la storica impresa, divenne cittadino onorario del capoluogo. Di fronte, però, c'è Longo. Longo che ha protetto e coordinato i suoi uomini per tutta l'annata sportiva e che li ha portati ad un soffio dalla serie A. Longo che è lo stesso coach della scia trionfale del giorne di andata e lo stesso, sfortunato, privato di tanti atleti, soprattutto in concomitanza con gli appuntamenti clou. Longo è il presente e il futuro, la guida a cui il presidente Maurizio Stirpe ha rinnovato fiducia e contratto. Longo è colui che anche tra poco dovrà fare di necessità virtù, senza Ariaudo, Daniel Ciofani, Brighenti e con Maiello e Paganini a mezzo servizio. Ma c'è una frase di Coelho che tra poco potrebbe, ancora una volta, fare la differenza per il collettivo ciociaro: "Quando le tue gambe sono stanche, cammina con il cuore". Ed è questo che il pubblico del Frosinone vuole vedere, a Palermo come a casa: il cuore, il grande cuore giallazzurro.