Calcio, Covid-19, economia. Alle porte di una delle stagioni più complicate dal dopoguerra a oggi, il tema, tanto caro agli appassionati italiani, ha implicazioni economiche che non vanno sottovalutate. In un'epoca di grande incertezza instillata dall'emergenza sanitaria che tutto il mondo sta vivendo, il futuro dei club dipenderà dalle scelte di proprietari e manager: punteranno su diversità e inclusione o continueranno a dominare gli interessi finanziari? La riflessione non può non toccare anche il vantaggio, eroso dalle porte chiuse, del giocare "in casa". E poi, ragionando per categorie generali, come non considerare un possibile contagio, ma questa volta finanziario, in caso di bancarotta di club molto dipendenti dagli incassi dei biglietti: la maggior parte dei loro debiti sono detenuti da altre società sottoforma di pagamenti dilazionati dei trasferimenti di giocatori. Vie d'uscita? Secondo diversi ricercatori ed analisti bisognerebbe diversificare su asset in crescita, come il calcio femminile e giovanile, e tagliare spese ritenute improduttive per garantirsi un futuro.

Maurizio Stirpe, presidente del Frosinone Calcio, imprenditore di successo, vicepresidente di Confindustria con delega al lavoro e alle relazioni industriali, in quasi venti anni di presidenza, ha messo in piedi una società solida, economicamente e sportivamente, con un rating molto alto, amerebbero dire gli analisti finanziari, con un patrimonio immateriale (i famosi cartellini dei calciatori) importante e uno materiale (le strutture ad esempio) come pochi in Italia.


Presidente Stirpe, il calcio si appresta a vivere una delle sue stagioni più complicate, soprattutto dal punto di vista economico. Cosa bisogna aspettarsi?
«Sarà una stagione molto difficile per tutti i club. L'impossibilità di poter lanciare una campagna abbonamenti, gli stadi praticamente vuoti con tutto quello che ciò comporta anche in termini di appetibilità degli spazi pubblicitari da parte degli inserzionisti creeranno inevitabilmente delle tensioni finanziarie e delle sofferenze nei bilanci societari. La grande sfida da vincere per tutti, quest'anno, sarà quella di limitare le inevitabili perdite e di cercare di farsi il meno male possibile».


Anche per il Frosinone Calcio, nonostante la sua comprovata solidità, sarà quindi una stagione complicata?
«Noi, a tempo debito, abbiamo fatto le nostre analisi e abbiamo una quadro chiaro della situazione. Sappiamo dove andare ad agire: si tratterà di tagliare il superfluo e di razionalizzare le spese, cercando di attutire il colpo di una situazione generale che sta investendo tutto il mondo del lavoro e di conseguenza anche il calcio. Il quadro è in continua evoluzione. È ancora in corso un dibattito a livello governativo sulla previdenza e sul lavoro. Non ci resta che aspettare cosa verrà in definitiva deciso e, poi, muoverci di conseguenza. Vero è che mi aspetto che il Governo faccia in pieno la propria parte».


Il sistema calcio non ha pensato a forme di sostegno dei club, considerato che in una società lavorano non solamente i calciatori, ma anche tante altre persone con le più svariate mansioni?
«Diciamo che sarebbe stato opportuno creare una sorta di recovery fund anche per le società di calcio, ma nel dibattito interno la questione è stata timidamente posta e non ha fatto significativi progressi. È rimasta in qualche modo sospesa»


In questi giorni un tema caldo è quello della riapertura, sebbene con forti limitazioni, degli stadi. Lei sul punto ha avuto, fin dalle prime ore, una posizione molto critica.
«E continuo ad averla. Mi sembra una grande sciocchezza pensare di riaprire gli stadi, quando è ancora in corso un'emergenza sanitaria di cui non si conosce la fine. A mio avviso si rischierebbe solamente di alimentare dei focolai. Tutti ancora abbiamo nitido come ricordo quanto accaduto la scorsa estate con le discoteche. La riapertura degli stadi presenta delle situazioni e delle connotazioni di criticità e di potenziale rischio che non possono essere sottovalutate. Le decisioni spettano a chi ha il compito e il mandato istituzionale per prenderle, ma sarebbe saggio aspettare di avere il quadro della curva dei contagi dopo un congruo periodo dalla riapertura delle scuole. Solamente dopo questo monitoraggio si dovrebbe prendere una decisione».


Passando al calcio giocato, il campionato riparte. Con quali ambizioni per il Frosinone?
«Il nostro obiettivo è quello di stazionare nella parte sinistra della classifica e di giocarci le nostre chance fino alla fine. Poi, come sempre, sarà il campo il giudice unico».
Quali sono le favorite di questo torneo di B?
«Le retrocesse dalla Serie A diranno sicuramente la loro. Poi c'è il Monza che ha costruito una rosa molto importante. In buona posizione metterei anche società come Empoli e Cremonese che pure l'anno scorso hanno messo in piedi rose importanti e possono continuare un discorso già iniziato, senza tralasciare realtà consolidate come il Cittadella e l'entusiasmo di alcune neopromosse come la Reggina che ha tradizione e che si è mossa in maniera molto dinamica in sede di calciomercato. Sarà certamente uno dei campionati più combattuti degli ultimi anni».
L'abbiamo detto prima: questo è un anno molto particolare. Il presidente Stirpe che messaggio si sente di lanciare ai tifosi?
«Il mio più grande cruccio è quello di vedere lo stadio vuoto, di non poter sentire il calore dei nostri supporter che, nei momenti difficili, ha rappresentato la leva per rialzarsi e per noi, a livello societario, è stato, in tutti questi anni, lo stimolo a migliorare sempre, ad alzare l'asticella dei nostri obiettivi e dei nostri investimenti. Lanciare un messaggio oggi è molto difficile. Ho, più che altro, un auspicio, una speranza: quella di poterli riabbracciare presto fisicamente allo stadio, perché vorrà dire che ci saremo lasciati alle spalle uno dei momenti più duri della nostra storia recente per la pandemia e che potremo tornare serenamente a goderci lo spettacolo calcistico».