«Qui come amava dire il mio predecessore, Suor Teresa Todaro, siamo in un posto sospeso tra terra e cielo». Il luogo è l'Archivio Storico Generale della Fabbrica di San Pietro. A parlare è Simona Turriziani, 50 anni, frusinate, responsabile dell'importante istituzione vaticana che, da cinquecento anni, ha la missione di custodire e di tramandare ai posteri tutti i documenti riguardanti la costruzione e la conservazione del più importante tempio della fede cristiana voluto da papa Giulio II.

L'Archivio è un luogo unico
Un posto in cui ogni pietra può raccontare una storia, ogni carta racchiude un segreto: «Varcando la soglia dell'archivio - dice Simona Turriziani - ogni giorno siamo trasportati indietro almeno di 500 anni. È un'esperienza emotiva continua e ricca di suggestioni se si pensa solamente al fatto che, proprio in questi ambienti, ha vissuto, lavorato, dormito Bernini. La Fabbrica di San Pietro è un'istituzione viva. La documentazione conservata qui ci racconta del quotidiano, del vissuto di tante persone e, accanto alle firme dei più illustri architetti come Antonio da Sangallo, Michelangelo Buonarroti, Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e di tutti gli altri che hanno lavorato alla Basilica Vaticana, conserviamo le testimonianze delle più umili maestranze che dal primo decennio del 1500 erano attive nel cantiere petriano. Ognuno di essi poteva contare anche 7-800 uomini tra muratori, scalpellini, mosaicisti e altre figure professionali, come le chiameremmo noi oggi».

Simona Turriziani: l'identikit
Simona Turriziani si è diplomata al Liceo Ginnasio "Norberto Turriziani" di Frosinone e tra i suoi titoli accademici annovera una laurea in Lettere Antiche, conseguita all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", e vari attestati di specializzazione in studi storico - religiosi, archivistici e biblioteconomici. Subito dopo la laurea, ha iniziato a insegnare in scuole private, prima a Frosinone e poi a Monterotondo, ma, nel frattempo, aveva cominciato un percorso di formazione all'interno delle istituzioni culturali vaticane e, in particolar modo, nella Scuola di Biblioteconomia della Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel 1999 ha iniziato a lavorare nell'Archivio Storico Generale della Fabbrica di San Pietro fino a diventarne la responsabile nel 2007.

La Chiesa e il ruolo della donna

Nell'immaginario collettivo è radicata la convinzione che certi ruoli di responsabilità, soprattutto in Vaticano, difficilmente siano appannaggio delle donne, soprattutto se, poi, laiche e provenienti dalla provincia come lei.
«È una convinzione errata e fuorviante. La Chiesa nei secoli ha dimostrato sempre di avere un grande rispetto per il ruolo svolto dalle donne. Se penso solamente alla storia della Fabbrica di San Pietro, dalla lettura dei documenti dell'Archivio emergono le storie di donne che lavorarono come "carrettiere", "mastre muratore", "pozzolaniere", "capatrici" di smalti per i mosaici, "fornaciare" di laterizi, "vetrare", come Giovanna Iafrate, "stampatrici", "intagliatrici" di legno e pietre dure. Ma anche artiste, come Francesca Bresciani, che fu assunta per le sue abilità, venendo preferita da Bernini a quattro uomini per le decorazioni al tabernacolo del Santissimo Sacramento, e responsabili delle imprese di famiglia, fornendo un contributo di rilievo nella costruzione della Basilica. Più in generale, da tantissimo tempo le donne sono sempre più valorizzate. Per rimanere all'evo moderno, mi piace ricordare la figura di Paolo VI che, nel suo straordinario "Messaggio alle donne" dell'8 dicembre 1965, a chiusura del Concilio Vaticano II, manifestò il suo sincero apprezzamento verso il mondo femminile, riconoscendone il ruolo primario svolto nella società.

"La Chiesa - scrisse Paolo VI - è fiera, voi lo sapete, d'avere esaltato e liberato la donna, d'aver fatto risplendere nel corso dei secoli, nella diversità dei caratteri, la sua uguaglianza sostanziale con l'uomo". Un percorso di valorizzazione portato, oggi, alla massima espressione da papa Francesco».

Nell'Archivio non ci sono solamente volumi e documenti, ma anche opere d'arte.
«È vero. L'archivio non è solamente un luogo di conservazione dei documenti, ma, nel nostro caso, è anche una sorta di museo. Al suo interno si trovano vere e proprie opere d'arte che farebbero invidia a qualsiasi istituzione culturale nel mondo. Penso al ciborio di Sisto IV Della Rovere che era l'antico baldacchino della basilica costantiniana».

Simbolica anche la collocazione dell'Archivio all'interno della Basilica di San Pietro.
«Questo è uno dei pochi, forse l'unico, esempi di archivio che si trova nell'istituzione di cui racconta le vicende nella sua documentazione. Noi siamo all'interno della Basilica Vaticana per cui il rapporto è diretto, privilegiato con l'opera descritta nei documenti».

In tanti anni di attività all'interno dell'Archivio tante personalità e tanti studiosi sono passati per queste stanze. Quale l'episodio che ricorda maggiormente?
«Da quando sono qui ho visto passare tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, e numerose personalità. Tuttavia, l'episodio che più porto nel cuore non è propriamente legato all'Archivio. È accaduto diversi anni fa. Di domenica. Mi trovavo in queste stanze con suor Teresa Todaro e, all'ora dell'Angelus, ci spostammo in piazza San Pietro. In quel momento papa Giovanni Paolo II stava girando tra i fedeli e, casualmente, si rivolse verso di noi, impartendoci la sua benedizione. Fu un momento davvero emozionante che ricordo, ancora oggi, ben nitido nella mia mente».

Da diversi anni la sua attività si svolge a Roma. Quali contatti ha mantenuto con Frosinone?
«La scelta di spostarmi a Roma è stata determinata, diversi anni fa, da ragioni familiari, ma, se avessi potuto, non mi sarei mai spostata dalla mia città che amo tantissimo. Torno spesso anche perché lì vivono i miei genitori cui sono molto legata e la famiglia di mia sorella Silvia. Frosinone mi è rimasta nel cuore e un giorno mi piacerebbe anche dare un mio contributo attivo per migliorarla ancor di più».

Tornando all'Archivio, al suo interno sono custoditi documenti di ogni genere riguardanti la Basilica. Quali potrebbero essere quelli più particolari?
«La scelta è molto difficile, perché ogni carta racconta storie tutte da conoscere. Un documento tratto dal Diario del cerimoniere Paride De Grassis, ad esempio, riporta con dovizia di particolari il giorno in cui iniziarono i lavori alla nuova Basilica: il 18 aprile 1506. Ci racconta come papa Giulio II, nel luogo dove c'è il pilone di Santa Veronica, uno dei quattro che sostiene la Basilica, si calò in un pozzo che fu scavato, profondo sette metri, nel quale il pontefice posò una prima pietra del nuovo San Pietro e depositò un vaso di terracotta con dodici medaglie che erano le medaglie di fondazione della nuova Basilica. E poi una curiosità. Tra i tanti documenti che sono conservati nell'Archivio, c'è un gruppo di fogli in cui è riportata la lista della spesa per le allegrezze, ovvero le feste che si facevano quando si portava a conclusione un lavoro importante. Tutto risale all'epoca di Michelangelo. Ad esempio, quando si serravano le grandi volte, si organizzavano pranzi con le maestranze a spese della Fabbrica. E allora leggiamo della carne del Paradiso, quella che si comprava da "Nano macellaro al Paradiso" (un macellaio che aveva la bottega in "Paradiso", toponimo riferito al quadriportico della basilica vecchia), di litri e litri di vino, del pane, della pasta di "Madama Caterina vermicellara in borgo"; e poi la frutta e molto altro. Da quello che abbiamo potuto leggere i pranzi venivano organizzati sopra le volte di San Pietro, a quasi 45 metri di altezza. Si narra di un convivio, nel 1550, svolto d'inverno, con un centinaio di persone, in cui Michelangelo regalò 36 cappelli invernali come dono di Natale agli operai».
Archivio non come luogo di conservazione di documenti, ma anche come istituzione che studia le carte e fornisce supporto alle attività di manutenzione all'interno della Basilica petriana.
«Ogniqualvolta si pone la necessità di svolgere una qualsiasi attività all'interno della chiesa, veniamo coinvolti in attività di ricerca e di consulenza documentale allo scopo di fornire tutte quelle informazioni necessarie sulla genesi e sullo sviluppo dei lavori, sulle tecniche utilizzate, sui materiali usati e su ogni altro genere di aspetto».
«L'Archivio Storico della Fabbrica di San Pietro - conclude Simona Turriziani - è un'istituzione dinamica, che non mette mai il punto finale al proprio lavoro. Perché le carte e i documenti, per quanto analizzati in profondità, offrono sempre nuovi spunti di studio e di confronto. Un perpetuum mobile al quale noi tutti ci ispiriamo e ci uniformiamo».