Przemysl è a quindici chilometri dal confine ucraino.
Le bombe non sono così lontane. Poco più di sessantamila abitanti, una storia millenaria, un punto strategico, da sempre un crocevia di popoli e di culture.
Oggi ospita uno dei primi centri di accoglienza in Polonia per chi arriva dall'Ucraina. Un viavai continuo, centinaia, migliaia di persone. Sono donne, bambini, anziani. Negli occhi la disperazione. Nelle valigie quel poco che sono riusciti a mettere insieme. Hanno lasciato tutto pur di scappare dalla guerra e qui trovano un rifugio. Ma soprattutto cibo, acqua, medicine, vestiti. Perché è proprio qui che si sta concentrando la grande macchina della solidarietà europea.

Grazie a una fitta rete di associazioni gli aiuti vengono smistati nelle diverse città dell'Ucraina. Domenico Spaziani Testa, Nataliya Kots ed Elvin Khalilov sono arrivati ieri. Sono partiti da Frosinone sabato. Hanno attraversato Przemysl per entrare in Ucraina. Un viaggio di due giorni, una breve sosta in Repubblica Ceca. Due furgoni carichi di alimenti, farmaci, insomma, di tutto quello di cui hanno bisogno oggi gli ucraini. Ad aspettarli a Leopoli c'era Valery, fratello di Nataliya, da settimane al lavoro con le varie organizzazioni umanitarie. Nataliya, compagna di Domenico, è originaria di Leopoli. È lì che ha vissuto fino a quando ha deciso di lasciare il proprio Paese per raggiungere l'Italia, ormai ventitré anni fa. È lì che vive ancora parte della sua famiglia. Suo fratello, appunto, sua cognata, suo padre. La madre e i tre nipotini sono riusciti a lasciare l'Ucraina prima dell'invasione russa. Parlare con loro non è facile. La rete internet in alcune zone è fuori uso.

«Grazie all'associazione con cui siamo in contatto – ci dice Domenico – abbiamo ottenuto il permesso per attraversare il confine. Prima di Przemysl ci sono code lunghissime di gente che tenta di entrare in Polonia, moltissimi autobus. Ma tanti sono a piedi».

Com'è la situazione?
«È pieno di militari. Ci hanno controllato diverse volte, hanno voluto vedere cosa trasportassimo. Lungo la strada che dal confine polacco porta a Leopoli ci sono tantissimi posti di blocco e molte strade sono off limits.
Tutti i distributori di benzina sono presidiati e il carburante è razionato, non più di venti litri».

Cosa avete trovato a Leopoli?
«In alcune zone non c'è nessuno, una città spettrale.
Anche qui tante strade sono interrotte e i militari sono praticamente ovunque, è difficile passare. Alle 22 scatta il coprifuoco per ventiquattro ore e nessuno può entrare o uscire».

La sensazione è che ci si stia preparando alla guerra?
«Sì. Le uniche persone che si vedono sono in fila davanti ai supermercati e alle farmacie. E spesso si sente il suono della sirena. Vengono i brividi. La paura si percepisce, si respira. Incrociare lo sguardo di quella gente è straziante...».

Quando ripartite?
«Abbiamo consegnato quello che abbiamo raccolto a Frosinone e da domani (oggi, ndr) saremo in viaggio per fare ritorno in Italia. Ma stiamo già pensando a organizzare una nuova iniziativa e a ritornare».

Duemila chilometri per lasciarsi alle spalle l'orrore della guerra. Ma anche la speranza. Con la consapevolezza che quello che può sembrare un piccolo gesto in realtà ha un valore simbolico prima ancora che materiale. E, come ha voluto sottolineare Domenico, il sorriso di chi ha scaricato quei pacchi è la conferma più bella.