Negli occhi dei bambini ucraini un doppio colore, finanche lucido come un'iride attraversata da lacrime silenti, asciugate solo dal tempo trascorso. Una convivenza anomala con il colore della disperazione e quello della gratitudine. È stata la fuga improvvisa, il rumore delle esplosioni, quell'ultimo sguardo fugace alle mura familiari e ai padri, e quei paesaggi attraversati, diventati all'improvviso in bianco e nero, ad aver ingrossato lo sguardo fino a tingerlo di disperazione.

Ma le mani che hanno portato in dono cioccolatini insieme a quaderni colorati, hanno riacceso quanto meno un'altra luce, quella della gioia e della sorpresa di ricevere leccornie che magari in casa erano pure vietate! Ma in guerra, i bambini e il cioccolato sono una bella accoppiata. Il racconto delle donazioni arriva innanzitutto dai volontari della Misericordia di Roccasecca a Varsavia ancora ieri. Sono giunti a destinazione nel pomeriggio di giovedì, dopo 48 ore di viaggio,e hanno scaricato l'intero tir.

In particolare a parlare è lei, Beatrice Pescosolido, una ragazza di 21 anni che alle 12 di ieri era ancora nell'area di Varsavia, «ma tra cinquanta chilometri saremo in Repubblica Ceca». Ha affrontato questo viaggio perché «se ci fossi io con lamia famiglia in questa situazione, spererei in qualcuno che mi aiutasse». E di fronte a quei bimbi ha detto: «Ci saremmo tolti anche i vestiti e glieli avremmo dati». Ma ogni operazione si è svolta nella più totale precisione. «A Varsavia ci ha accolto un team di volontari che coordina le operazioni di ricezione beni umanitari. Il nostro tir è stato scaricato dove hanno il magazzino, nello stoccaggio. Da lì partono le auto autorizzate a entrare in Ucraina, nelle città colpite. Un'altra parte viene utilizzata a Varsavia dove hanno una organizzazione grandiosa per i rifugiati del momento, poi molti vengono accompagnati verso altre destinazioni, dove magari raggiungono parenti.

Alex, Irina e Igor - i volontari a Varsavia - hanno raccontato l'intenso lavoro di tutti i giorni tra la distribuzione degli aiuti umanitari e la gestione dei rifugiati. Abbiamo davvero parlato tutti insieme la lingua del cuore. Abbiamo avuto modo di distribuire cioccolatini o caramelle ai bimbi e ai più grandi che abbiamo incontrato. Insieme ai confratelli della Misericordia di Fiumicino, con cui abbiamo affrontato questo viaggio, ci siamo scoperti piccoli di fronte alle grandi espressioni del dolore. Oggi ripartiamo per tornare a casa ancora più consapevoli di quanto aiuto occorra e di quanto grande sia lo squarcio che questa tragedia sta provocando. Abbiamo lasciato in mani buone e laboriose gli atti di carità dei nostri concittadini come strumento di una catena di pace che lavora ogni giorno».

E dinanzi a quei bambini che cosa hai provato?
«Davanti ai bimbi ucraini ho provato un senso di impotenza. Quando hanno visto i cioccolatini sono stati felicissimi. Davanti ai loro volti si tocca con mano la tragedia: erano spenti. Le mamme si preoccupavano di mantenere i piccoli occupati, con giochi e attività. E abbiamo distribuito anche quaderni da colorare. Dormono alla stazione, l'area è ubicata lì dove c'è comunque una grandissima organizzazione e forniscono pasti e bevande calde in continuazione. Per me è stato naturale partire per questo viaggio, credo che quando si abbia la possibilità di poter fare qualcosa per gli altri non ci si debba mai tirare indietro».