Un'espressione assoluta del genio di Umberto Mastroianni. E' il "Monumento ai caduti di tutte le guerre" di Frosinone, collocato in viale Mazzini. Commissionato nel 1971, è certamente una delle creazioni più rappresentative della poetica mastroiannea e in particolare di un periodo artistico, ascrivibile al '70-'74, che vede nascere nello scultore un interesse per le strutture emblematiche della civiltà e dell'estetica pre elettronica. L'opera si presenta sotto forma di enorme macchina bellica, vibrante di illusoria dinamica interna e protesa in uno slancio obliquo verso l'alto, come emettitrice di spari.

Realizzata in acciaio, e recentemente ristrutturata dall'amministrazione Ottaviani con alcuni fondi residui di una raccolta promossa anni fa attraverso Lottomatica, essa costituisce l'assemblage macchinistico di tutte le false ideologie che hanno oppresso l'essere umano, degli stessi strumenti che l'hanno macerato e distrutto e che l'uomo continua a produrre per il proprio eterno e peggiorativo futuro. Questo macchinismo, di articolazione generalmente "barocca", ma a tratti anche di richiamo vagamente totemico, si esplica tramite l'utilizzo dell'acciaio, assunto allo stato di lamiera, in una serie di ingranaggi, bracci, dischi e raccordi, assemblati in apparente conformità con i procedimenti industriali. E' un meccanicismo che implica una cognizione del tempo e quindi del degrado; un degrado che attacca, però, senza vincere, essendo il suo livello d'azione negativa limitato alla ruggine.

Affascinato dalla fiorita dell'ossido bruno, Mastroianni, pertanto, realizza quest'opera monumentale (le cui misure raggiungono i dodici metri per quindici) in sostanza ferrosa e la immette nel teatro urbano volutamente senza alcuna protezione museologica, abbandonandola al suo naturale ciclo vitale. L'ossidazione, aggiungendo ulteriore forza drammatica alle linee dell'opera, ne diventa parte integrante e contribuisce ad esprimere il senso della memoria e della storia, che è scandita dalle guerre e dalle sofferenze.
Il monumento ai caduti di Frosinone è una delle opere più rappresentative dei problemi di conservazione dell'acciaio, poiché la salvaguardia di tale materiale non potrebbe prescindere dalla conservazione della sua "voluta" ossidazione, innescata, cioè, dal suo stesso ideatore. L'intervento di restauro di un'opera così concepita ha mirato ad arrestare il fenomeno di corrosione già in atto, valorizzando, allo stesso tempo, l'attuale espressività della superficie materica, così come si presenta allo stato attuale.

Attualmente, il monumento si trova in viale Mazzini, ma originariamente la collocazione era stata pensata dall'artista in un punto diverso della città: piazzale Vittorio Veneto, nei pressi dell'odierna stazione di monte dell'ascensore inclinato, proteso nel vuoto e ben visibile a chiunque nei diversi punti della parte bassa del capoluogo. All'epoca, quando venne conferito l'incarico al Maestro di realizzare l'opera che celebrasse i caduti di Frosinone per la Patria, si scatenò un dibattito molto vivace in consiglio comunale: in tanti si schierarono per l'ipotesi di realizzazione nel luogo deputato, altri, invece, criticarono aspramente la scelta, ritenendo il sito opzionato non idoneo e il monumento troppo ingombrante e invasivo per le sue dimensioni rispetto al contesto architettonico ed edilizio. Alla fine, dopo giorni di discussione nelle sedi istituzionali e non, si scelse viale Mazzini, in un luogo comunque simbolico dove avvenne il martirio di Pierluigi Banchi di Fiesole, Giorgio Grassi di Figline Valdarno e Luciano Lavacchini di Borgo San Lorenzo, tutti e tre neanche ventenni; i celeberrimi tre martiri toscani che, il 6 gennaio 1944, pagarono con la propria vita il rifiuto di non piegarsi ai comandi dell'invasore tedesco.

Il monumento di Mastroianni ha un'altra particolarità: conserva la targa originaria di Frosinone, che ricorda i suoi caduti, posta ai piedi del primo monumento che era collocato nei pressi di palazzo Molella, il primo palazzo dell'amministrazione provinciale, e che è stato quasi completamente distrutto durante i bombardamenti subiti dal capoluogo durante la seconda guerra mondiale.