Dieci anni fa nasceva la Casa della Carità, un luogo pronto ad aprire le porte allo sconosciuto, al bisognoso, a chi, per scelta o per necessità, si è trovato a vivere ai margini della società. Un lavoro portato avanti giorno dopo giorno, con gesti semplici e amore. La Casa ha saputo ridare colore alla vita di molte persone. Un luogo strano e distante dai tempi e dalle "usanze" del resto del mondo. A ritrovare un equilibrio non solo gli ospiti, anche i volontari che negli anni si sono succeduti. Volti, mani, sguardi, animi e gesti.

In dieci anni la Casa della Carità è cresciuta, tanti fiori sono sbocciati e tante ferite sono state curate. Qualcuno non se ne è andato più, ha trovato in questo "porto" d'anime un attracco sicuro e ora collabora e aiuta come se si trattasse della propria casa, e forse un po' lo è davvero. Cuore della casa è suor Ermanna Beccacece, una donnina che sembra essere uscita da un romanzo, è facile incontrarla ovunque con il suo abito grigio e le immancabili scarpe da ginnastica ai piedi, perché lei va sempre di fretta.

La Casa della Carità vuole continuare a dare una risposta concreta ai bisogni di chi è caduto nell'anonimato, per far emergere gli "invisibili" che non hanno voce e che nessuno altrove vedrebbe e degnerebbe di attenzione. Considerare ogni persona che viva un disagio, come unica nella sua diversità dagli altri che pure vivono in difficoltà, è il primo passo per restituire loro la dignità.

"La carità: lo straordinario quotidiano – educare per costruire" è il tema centrale di questa festa di compleanno, segna l'idea che l'esperienza cristiana è un'apertura a tutte le persone e a tutti gli aspetti del reale. «Uno degli aspetti fondamentali di questa apertura è la carità nella concezione cristiana - spiega suor Ermanna - non qualcosa fuori dalla vita, ma un modo di porsi nel quotidiano, di essere attenti ai bisogni delle persone, che inevitabilmente genera opere e forme di vita nuova