"Qualche volta arrivava davanti lui, altre ero io a tenerlo dietro". A parlare è Marco Capuani, ceccanese, titolare di un'azienda di famiglia con sedi nelle province di Frosinone, Latina e Roma specializzata in autoricambi.

Detta così può sembrare il racconto di qualche sfida proibita tra amici o di una gara amatoriale su qualche circuito regionale. La prospettiva cambia completamente se il "lui" in questione fa Lewis di nome, Hamilton di cognome e domenica scorsa si è pure laureato campione del mondo di Formula 1 per la sesta volta.

A questo punto vi siete probabilmente persi in fondo a qualche chicane del racconto e non capite di cosa stiamo parlando. Eppure, non è affatto una storia surreale, Marco Capuani correva nel campionato italiano kart, sul finire degli anni 90, una serie così competitiva che venivano a correrci anche piloti di altre nazioni. «Oltre che con Hamilton ho gareggiato anche con Nico Rosberg e Robert Kubica. Sono tuttora molto amico di Pastor Maldonado, che ha poi corso con Williams e Lotus in Formula 1. Con Hamilton ho gareggiato parecchio, poi le nostre strade si sono separate quando io sono passato alla Formula Renault italiana con il team BVM (inizialmente junior team Minardi e tuttora attivo, ndr) e lui è andato a correre nel campionato inglese di Formula 3».

Marco ricorda con nostalgia quel periodo in cui arrivava spesso davanti all'allora poco famoso pilota inglese. Si capiva che Hamilton era un vincente? «Sì, ma era molto portato. Quando correva coi kart aveva già Ron Dennis alle spalle e sulla sua tuta c'era lo stemma AMG Mercedes. Già nel 2003 si sapeva che sarebbe stato il primo pilota di colore ad arrivare in Formula 1. Era tutto già scritto. Non era comunque un pilota da scartare, come il Rosberg della situazione. Lewis andava forte, però ce la giocavamo sempre, anche se aveva un team a parte».

Nico Rosberg era forse scarso? Eppure, un titolo l'ha vinto… «Sì, e dopo si è subito ritirato. È stato furbo in questa cosa. Quando correvamo insieme arrivava sempre molto indietro. Come dicevo, era un campionato parecchio competitivo. Purtroppo, i piloti italiani non hanno mai i soldi per arrivare fino in fondo e alla massima formula».

Un sogno che un giorno, anche per Marco come per altri sfortunati piloti, si è infranto contro il muro degli sponsor. «Alla fine ho smesso perché mi è saltato uno sponsor importante e purtroppo nell'automobilismo di oggi non puoi andare avanti senza finanziamenti. Andavo abbastanza forte, pensate che il mio compagno di squadra era un russo che arrivava con l'elicottero e le guardie del corpo (ride). Come dico spesso, oggi un pilota come Senna non arriverebbe in Formula 1 perché nell'automobilismo non c'è più la meritocrazia».

Fuori da quel mondo, Marco rimane comunque un grande appassionato di macchine veloci dal piede sempre pesante: «Mi manca ovviamente quell'ambiente ma la guida è sempre sportiva, anche se sono più prudente rispetto a quando avevo diciotto anni». Domenica Lewis Hamilton ha vinto il suo sesto campionato. Meritato? «Bisogna fargli i complimenti, non si vincono sei titoli così. Dall'altra parte c'è il rammarico perché mi sarebbe piaciuto stare al posto suo».