Lo scrittore ebraico Elie Wiesel fu personaggio di enorme spessore e cultura, che venne insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1986. Rumeno di nascita, poi naturalizzato statunitense, sopravvisse alla prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz (liberato, dalle truppe russe, il 27 gennaio del 1945, e dunque esattamente settantacinque anni fa); di quella terribile esperienza egli lasciò traccia nel suo romanzo autobiografico del 1958, intitolato "La notte". In esso, così si legge: «Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai».

Wiesel, durante la giovinezza, venne profondamente influenzato dagli insegnamenti di un enigmatico personaggio; tale Monsieur Chouchani (nato in Lituania il 9 gennaio del 1895 e morto a Montevideo il 26 gennaio del 1968), famoso per la leggendaria cultura e l'intelligenza ma del quale, ancora oggi, rimangono oscure e misteriose la formazione scolastica, la reale professione (qualcuno ipotizza fosse un rabbino), ed addirittura il vero nome di battesimo! A chi gli chiedeva di lui, Elie Wiesel, una volta, rivelò: «Tutto ciò che conoscevo, lui lo conosceva... aveva una conoscenza completa dell'universo...
cominciava una lezione e tutti i libri erano a sua disposizione, nella sua testa». Wiesel fu talmente tanto riconoscente al suo "precettore" che, sulla lapide, fece incidere, in ebraico, questa frase: «Il savio maestro Chouchani di benedetta memoria.
La sua nascita e la sua vita sono chiuse in un enigma».

Lo scrittore ebraico, nel corso di una lunga intervista rilasciata al giornalista francese Salamon Malka (e che poi è diventata il cuore di una monografia pubblicata dalla casa editrice Morcelliana intitolata "Monsieur Chouchani –L'enigma di un maestro del XX secolo"), rivelò alcuni piccoli segreti di quel misterioso professore: «Era un bambino prodigio, leggeva il Talmud (uno dei testi sacri dell'ebraismo ndr) dall'età di tre anni, conosceva già tutti i commentari a cinque. Era una sorta di Mozart.
Mozart nella musica e Chouchani nel Talmud...era un uomo unico, perché conosceva tutto, perché sapeva troppo, ma anche sempre qualcosa di più, qualcos'altro...avrebbe potuto diventare banchiere, fisico nucleare, preside, consacrarsi a qualunque attività, in qualunque campo, e riuscire...». Chouchani aveva una memoria prodigiosa. Impressionante. Il filosofo e musicista Raymond Cicurel ricorda che «gli bastava vedere una volta una pagina per memorizzarla completamente». Tale sua straordinaria capacità di memorizzazione gli consentì molto probabilmente di riuscire ad imparare decine di lingue.

Qualcuno ipotizza fossero addirittura oltre sessanta: l'ebraico, l'aramaico, lo yiddish, il francese, il tedesco, l'inglese, lo spagnolo, l'arabo, il greco, il latino, l'esperanto, il polacco, il russo. Nonostante ciò viveva ai limiti della povertà. Indossava spesso vestiti trasandati, ed aveva un aspetto assai trascurato. Malka così lo ha descritto: «Amava l'anonimato, disprezzava gli onori, si sentiva libero e senza legami. In un certo senso era un ebreo religioso anarchico... nessuno conosceva il suo nome né la sua età...col suo comportamento, il suo sapere, le sue prese di posizione molteplici e contraddittorie, pretendeva di incarnare l'ignoto, l'incerto; la testa tra le nuvole, si serviva della sua scienza per oscurare la chiarezza...amava spostare i punti fissi, distruggere ciò che sembrava solido: rimproverava a Dio di aver inventato l'universo...aveva l'aria di un clochard, di qualcuno che sarebbe stato ovunque indesiderabile, senza dubbio anche in cielo... la sua memoria, il suo amore per i libri, la sua mania per i viaggi, le sue bizzarrie, i suoi accessi di collera, il suo modo di mangiare e di dormire... il suo vagabondare, i giocattoli che si portava dietro, la generosità del suo insegnamento, la sua vita senza amori, senza famiglia, senza amici... quest'uomo, con la sua stranezza, il suo percorso singolare, la sua ipermnesia, la sua scienza infusa e il fascino che è riuscito a esercitare sui suoi contemporanei, ha incarnato una forma di giudaismo a un tempo tradizionale e moderno. Legando insieme il sacro e il profano, il religioso e il laico».

Lo scrittore Haim Baharier, che quando era bambino, attraverso il padre, lo conobbe personalmente, così lo ricorda nel libro "La valigia quasi vuota" (Garzanti), a lui in qualche modo dedicato: «I sapienti del tempo, fisici, matematici, filosofi, che cozzarono contro quest'uomo, o corsero a cercarlo, lo giudicavano inspiegabilmente erudito, geniale. Inarrivabile nella sua conoscenza e sapienza. Per un certo periodo l'università lo alloggiò, malamente, in cambio di qualche supplenza: non importava la materia, Chouchani era onnisciente...non fu colto, non fu intelligente. Lui fu la cultura, fu l'intelligenza».
La cosa più straordinaria ed incredibile è che questo misterioso ed enigmatico personaggio, per molti aspetti addirittura "evanescente", è riuscito a lasciare un profondo segno in tutte le persone che incontrò nella sua vita solo attraverso la parola e le sue argutissime considerazioni. Ricorda infatti Wiesel: «Lui non scriveva mai». Forse anche per questo, il filosofo Leòn Ashkenazy, di Chouchani, ebbe a dire: «Era 100% genio, e 100% folle. Forse non era umano». Umana –ahimè –era invece la follia che indusse un gruppo di esaltati ad immaginare, ed a mettere in pratica, l'incredibile orrore dell'Olocausto nazista. Del quale, il campo di concentramento di Auschwitz, liberato una fredda mattina di settantacinque anni fa, è l'emblema più terribile e famoso.