Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che la matematica e la fisica siano materie troppo difficili e complesse per le mie capacità. Di quelle discipline, infatti, mi sfuggono quasi sempre i principi fondamentali. E più di qualche volta, a dire il vero, anche le implicazioni pratiche. Eppure mi rendo perfettamente conto che la loro utilità sia enorme. E che buona parte delle scoperte scientifiche che conosciamo, e che hanno cambiato il mondo, si celino dietro calcoli complicatissimi, o formule incomprensibili ai più. La cosa più affascinante (ed in verità, per me, incomprensibile...) è il modo in cui l'astrattezza dei numeri riesca ad essere trasformata – da uomini di grande intelligenza e fervida immaginazione –in oggetti più o meno complessi e sofisticati processi produttivi. Proprio per questo ritengo che coloro i quali sono capaci di sintonizzarsi, attraverso le loro intuizioni, con il mistero dell'universo, siano, a mio avviso, dei veri e propri superuomini, ai quali va tutta la nostra riconoscenza.

C'è una frase che riesce a sintetizzare bene questa considerazione, che dice: i matematici parlano con Dio, i fisici parlano con i matematici, gli altri parlano fra loro (anche se una pungente variante del suddetto aforisma prevede invece che, a parlare tra loro, sarebbero gli ingegneri...). Forse è vero. Quel che è certo, ad ogni buon conto, è che la matematica e la fisica, con le loro formule, ci hanno cambiato (spesso in meglio) l'esistenza. Basterebbe pensare, ad esempio, alla più celebre equazione di tutti i tempi: "E=mc²", elaborata, nel 1905, dalla geniale mente di Alfred Einstein. È stato appena pubblicato dalla casa editrice Il Mulino di Bologna un interessante volume a firma del fisico Vincenzo Barone, intitolato, per l'appunto, "E=mc² –La formula più famosa" (115 pagine). Il breve saggio ci guida dentro i misteri di un'intuizione rivoluzionaria, che ancora oggi riserva sorprese e regala spunti di riflessione agli scienziati di tutto il mondo. Ed aiuta a comprendere qualcosa in più dei misteri del creato.

Per farlo, l'autore in primo luogo spiega, in maniera piuttosto comprensibile anche ai non addetti ai lavori, il significato della celebre formula: «Siamo abituati a pensare che, per avere energia, i corpi debbano essere in movimento (energia cinetica), o essere soggetti a qualche interazione (energia potenziale). La relatività ci dice che, oltre a queste forme di energia, ce n'è un'altra più elementare: l'energia che i corpi possiedono per il semplice fatto di avere massa (l'energia di massa)...
l'energia cui si fa riferimento è l'energia del corpo quando è fermo. Se invece il corpo è in moto, la sua energia è data dall'energia di riposo (ossia di massa) più l'energia cinetica». Barone evidenzia anche che la geniale intuizione di Einstein ebbe l'effetto di demolire «pezzo per pezzo l'edificio costruito da Newton attorno alla massa... nella teoria newtoniana, più un corpo è pesante, più si oppone alle accelerazioni. La relatività mostra che ciò è solo approssimativamente vero».

A dire il vero la formula einsteniana, soprattutto all'inizio, incontrò parecchio scetticismo ed ostilità in una parte della comunità scientifica internazionale. Tra coloro i quali compresero subito l'importanza delle teorie relativistiche vi fu invece Enrico Fermi. Il quale intuì infatti, immediatamente, che quella "legge" sarebbe stata «la chiave di volta per la risoluzione del problema della struttura della materia», aprendo, almeno teoricamente, inimmaginabili prospettive di produzione di illimitate quantità di energia. Così scriveva il fisico italiano in un suo articolo a commento delle intuizioni di Albert Einstein: «Se si riuscisse a mettere in libertà l'energia contenuta in un grammo di materia, si otterrebbe un'energia maggiore di quella sviluppata in tre anni di lavoro ininterrotto da un motore di 1000 cavalli. Si dirà con ragione che non appare possibile che, almeno in un prossimo avvenire, si trovi il modo di mettere in libertà queste spaventose quantità di energia, cosa del resto che non si può che augurarsi, perché l'esplosione che ne deriverebbe avrebbe come primo effetto di ridurre in pezzi il fisico che avesse la disgrazia di trovare il modo di produrla».

Barone, a sua volta, così commenta le parole del grande scienziato italiano, che nel 1938 aveva ottenuto il Premio Nobel per la fisica proprio per studi che avevano tratto spunto dalle teorie einsteniane: «Non si può non rimanere impressionati dal fatto che sarà proprio l'autore di queste pagine a conseguire, vent'anni dopo, il risultato clamoroso che venne prefigurato: la liberazione dell'energia racchiusa nei nuclei, con la pila atomica e con la bomba». In proposito, l'autore del saggio del quale parliamo oggi ritiene che – soprattutto in passato – Einstein e la sua formula siano stati ingiustamente (e troppo semplicisticamente) associati alla creazione degli ordigni nucleari; questo perché «ciò che rende "teoricamente"possibile la bomba non è E=mc² (e la relatività), bensì la dinamica quantistica dei nuclei atomici». Nonostante Einstein, nel 1934, avesse manifestato il suo scetticismo sul fatto che sarebbe stato possibile, in futuro, «convertire la materia in energia a fini pratici», molti scienziati si erano divertiti «ad immaginare quali imprese si sarebbero potute realizzare con l'energia contenuta in piccole quantità di materia».

Ad esempio ci fu chi calcolò che «l'energia racchiusa in un grammo di materia avrebbe permesso di sollevare fino all'altezza di un chilometro l'intero raccolto della Francia, o fino a mille chilometri la Torre Eiffel....o quella racchiusa in un mattone avrebbe potuto sollevare due milioni di corazzate fino all'altezza di un chilometro!». Ricorda Barone che «quasi un secolo fa, in uno dei primi libri italiani sulle teorie einsteniane, il fisico Augusto Occhialini pensava già alla fusione come futura fonte di energia. "È verosimile –scriveva –che nell'unione degli atomi si liberi dell'energia...", aggiungendo: "...il giorno che questo problema sarà risolto, i bacini della Sarre e della Ruhr non avranno più peso nelle contrattazioni internazionali, e l'Italia, nonostante il suo bel cielo, potrà essere non meno ricca dell'Inghilterra con tutto il suo fumo"». Purtroppo, ad oggi, quel risultato di ottenere energia illimitata, "pulita", ed a buon mercato, non è stato ancora ottenuto. Forse ci vorrebbe un nuovo Albert Einstein. Che riesca a creare una (nuova) formula magica. Quella che potrebbe concretamente contribuire alla salvezza del genere umano.