La (pacifica) annessione dell'Austria da parte della Germania di Hitler, avvenuta nella primavera del 1938, rappresentò uno degli eventi più importanti tra quelli che precedettero lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Ma esso è, probabilmente, poco conosciuto ai più nei suoi dettagli storici. A richiamare tale avvenimento alla nostra memoria ci ha pensato lo scrittore francese Éric Vuillard, il quale ha da poco pubblicato, per la casa editrice E/O, "L'ordine del giorno" (140 pagine). Il libro, che è un po' reportage ed un po' romanzo, ci offre una breve ma brillante narrazione di quei mesi che furono cruciali per il destino del mondo intero. Inizia con la descrizione dell'incontro avvenuto il 20 febbraio del 1933, presso il Reichstag di Berlino, tra il Führer e ventiquattro tra gli industriali ed i banchieri tedeschi più ricchi ed influenti dell'epoca; personaggi i quali rappresentavano il vertice di aziende famosissime come Krupp, Opel, Siemens, Telefunken, Basf, Bayer, Agfa, Siemens ed Allianz («Li conosciamo molto bene. Sono fra noi e intorno a noi. Sono le nostre automobili, le nostre lavatrici, i nostri detersivi, le nostre radiosveglie, l'assicurazione sulla casa, la pila dell'orologio. Sono dappertutto in forma di cose. La nostra quotidianità è la loro. Ci curano, ci vestono, ci illuminano, ci trasportano sulle strade del mondo, ci cullano...e sono lì, impassibili, come ventiquattro macchine calcolatrici, alle porte dell'inferno»).

Hitler aveva organizzato quell'incontro con l'obiettivo di ottenere da quei ricchi magnati sostegno economico per il suo folle progetto. Vuillard riesce a descrivere bene, con uno stile tagliente ed efficace, i momenti più salienti di quella riunione segreta («il nuovo cancelliere fece il suo ingresso in salotto. Quelli che non l'avevano mai incontrato erano curiosi di vederlo. Hitler era sorridente, rilassato, niente affatto come lo immaginavano, affabile, addirittura cordiale, molto più cordiale di quel che pensavano. Ebbe per ciascuno una parola di ringraziamento e una tonica stretta di mano»). Dopo aver convinto «l'alto clero dell'industria e delle banche» a seguirlo, e dopo aver ridotto al silenzio i suoi oppositori, il Führer, per poter raggiungere i suoi deliranti obiettivi, aveva tuttavia necessità di alimentare le sue mire espansionistiche attraverso l'acquisizione di nuove zone territoriali di influenza («Il fatto è che in Germania stavano stretti, e dato che non si raggiunge mai il fondo dei propri desideri, dato che la testa si gira sempre verso gli orizzonti cancellati, dato che un briciolo di megalomania su turbe paranoiche rende la china ancora più irresistibile, dopo lo spirito di un popolo celebrato da Hegel e il sogno di Schelling di una comunione dei cuori, la nozione di spazio vitale non era una novità»).

Per farlo, per prima cosa, Hitler volse allora lo sguardo verso la sua terra natia. Decise infatti di mettere alle strette il cancelliere austriaco dell'epoca, Kurt Alois von Schuschnigg, minacciando l'invasione del suo paese qualora non avesse accettato le "inaccettabili" condizioni che aveva posto. Von Schuschnigg non seppe opporre grande resistenza, tanto è vero che firmò quasi subito l'accordo farsa che consegnò, di fatto, l'Austria al dittatore nazista. Fu, quello, col senno del poi, l'inizio della fine. Il libro di Vuillard descrive, attraverso una prosa efficace e diretta, anche le blande opposizioni, le posizioni di facciata, e le scellerate sottovalutazioni della gravità dei fatti da parte di politici ed imprenditori di mezza Europa.
E rievoca alla mente i sinistri suoni di un passato che, a distanza di quasi cento anni, ancora oggi spaventa («...mentre le grandi democrazie sembrano non accorgersi di niente, mentre l'Inghilterra è andata a letto e dorme sonni tranquilli, mentre la Francia sogna beatamente, mentre tutti se ne fregano, il vecchio Miklas... si decide controvoglia a nominare il nazista Seyss Inquart cancelliere d'Austria. Le più grandi catastrofi si annunciano spesso a piccoli passi»).

Eppure la pacifica invasione del paese confinante, da parte della Germania, non lasciava presagire l'apocalisse che invece era alle porte («Hitler ha lasciato Monaco in automobile con il viso frustato da un vento gelido. La Mercedes procede attraverso le fitte foreste. Aveva previsto di passare prima a Braunau, la sua città natale, poi a Linz, la città della sua giovinezza, e poi a Leonding, dove riposano i suoi genitori. Una piacevole gitarella...»). In verità un nefasto segnale premonitore su come poi sarebbero andate a finire le cose c'era stato, ed il Führer avrebbe fatto meglio a coglierlo...
Mentre infatti si stava recando tronfio verso Vienna, il suo viaggio di avvicinamento aveva subìto un forte rallentamento a causa di alcuni dei blindati del suo esercito rimasti inopinatamente in panne. Vuillard ricorda e descrive l'ira di Hitler di fronte a quel momentaneo, grottesco imprevisto, che ridicolizzava la tanto sbandierata efficienza delle sue truppe corazzate.
Ma anche l'atmosfera di giubilo che aveva poi accolto il cancelliere tedesco al suo primo discorso in Austria («le bambine tendevano mazzolini di fiori, la gente agitava le bandierine con la croce uncinata, andava tutto bene... le ragazze gioiose con le trecce bionde erano effettivamente lì, ed anche le coppiette che gridavano sorridendo».

Ma, prosegue Vuillard, «...così si opprime la Storia...che ci presenta solo il profilo bello degli eventi. Non vedremo mai l'orlo sporco, la tovaglia ingiallita, le matrici degli assegni o le macchie del caffè... in quel grande ciarpame di miseria in cui si stanno già preparando i peggiori avvenimenti, domina un misterioso rispetto per la menzogna. Le manovre sbaragliano i fatti, e le dichiarazioni dei nostri capi di Stato saranno presto spazzate via come un tetto di lamiera da un temporale primaverile"». A tutti coloro i quali sognavano il compimento della Grande Germania, l'Anschluss era parsa il rassicurante bagliore che aveva finalmente rischiarato il buio causato dalla Prima Guerra Mondiale. In realtà, quel bagliore, era invece solo quello che illuminava le porte dell'inferno.