L'8 aprile di cinquant'anni fa moriva a Mougins, in Francia, uno dei più importanti artisti di ogni tempo: Pablo Picasso. Il grande pittore e scultore spagnolo, grazie alla sua stupefacente, visionaria creatività – attraverso la quale riusciva a ridurre al minimo i confini tra le forme ed i contenuti ed a stravolgere i canoni tradizionali del visibile e dell'invisibile – si rese infatti protagonista di quella che è unanimemente considerata come la più importante rivoluzione concettuale della storia dell'arte moderna.

La sua innovativa visione artistica sconvolse dalle fondamenta i canoni estetici che avevano caratterizzato il XIX secolo, ed attraverso le sue opere ci presentò una "immagine del mondo" completamente diversa da quella alla quale – sino a quel momento – eravamo stati abituati. Picasso lo fece "destrutturando" coraggiosamente luoghi, volti, figure e cose, utilizzando criptici simbolismi, e così di fatto contribuendo in maniera determinante all'affermazione di una corrente figurativa del tutto nuova (il "Cubismo"), la quale a sua volta aprì poi la strada ad altre non meno importanti correnti: il futurismo, l'astrattismo e la pop art. Quella pacifica rivoluzione culturale, che influenzò profondamente il futuro dell'arte (e non solo...), aveva lontane radici multietniche.

Tanto è vero che il poeta francese Guillaume Apollinaire, in un suo scritto del 1905, così descrisse l'opera del geniale andaluso, del quale era peraltro uno strettissimo amico: «Più di tutti i poeti, gli scultori e gli altri pittori, questo spagnolo ci lascia senza fiato, come un freddo repentino; le sue meditazioni si denudano nel silenzio, ed egli viene da lontano, dai fasti brutali delle composizioni e delle decorazioni spagnole settecentesche... l'insistenza nel perseguire la bellezza ha guidato le sue strade, facendolo moralmente latino, ma ritmicamente arabo».

Ed in effetti le influenze culturali extraeuropee, e soprattutto quelle africane, emergono spesso dalle opere di Picasso, tanto da indurre il poeta svizzero Blaise Cendrars ad affermare che «certi quadri cubisti ricordano i riti della magia nera; esalano un fascino strano, malsano, inquietante, fin quasi, letteralmente, a gettare un incantesimo sull'osservatore. Sono specchi magici, tavoli da stregoni», ed il critico Franco Russoli ad osservare acutamente che «Picasso ha inventato nuovi modi di espressione, o ne ha interpretato altri di artisti e culture diverse, sempre pronto a cambiarli secondo le esigenze del motivo, o dell'idea da esprimere».

Questo prestigioso traguardo fu il frutto di un lungo e complesso percorso creativo, che si snodò dai primi anni del Novecento sino alla morte e che consentì al grande artista di farsi notare come un indiscusso innovatore soprattutto nel campo della pittura ma anche in quelli della scultura, dell'incisione, della ceramica e persino del teatro. Picasso seppe tuttavia sempre plasmarle a sua "somiglianza", con sanguigna passione ed una efficacia senza pari, riuscendo a mescolare abilmente passato, presente e futuro, classicismo e modernismo, realtà e visionaria fantasia. L'opera di Picasso si snoda attraverso una serie di evidenti fasi compositive che dimostrano l'evoluzione artistica che poco alla volta maturò in lui.

Basterebbe del resto pensare alle opere che caratterizzarono il cosiddetto "periodo blu" (il quale fu – molto probabilmente – il malinconico effetto del trauma conseguente al suicidio del caro amico Carlos Casagemas, avvenuto nel 1901), o a quelle del "periodo rosa" (che invece sono il frutto del felice soggiorno parigino degli anni immediatamente successivi). Ma soprattutto alla sconvolgente forza espressiva che emerge dal celebre dipinto intitolato "Les Demoiselles d'Avignon" del 1907, che in un primo momento non venne per nulla compreso da critica e pubblico ma che ebbe poi la capacità di rompere gli schemi del passato dell'arte figurativa, e gettò le basi per l'esplosione del movimento "cubista".

Il potere innovativo e dirompente di quel quadro rivoluzionario (che il gallerista parigino Ambroise Vollard non aveva esitato a definire "l'opera di un pazzo"...) forse non fu compreso subito nemmeno da Picasso, il quale probabilmente voleva soltanto offrire una personalissima immagine della sensualità femminile attraverso la sua soggettiva visione dell'arte africana. Fatto sta che da quel primo deflagrante esempio di "proto-cubismo" scaturì poi un inarrestabile movimento artistico che sconvolse dalle fondamenta il mondo dell'arte e che – come noto – produsse quadri che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte moderna.

Il più famoso dei quali, "Guernica" (in ricordo del bombardamento che gli aerei tedeschi e italiani che erano in appoggio alle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco effettuarono il 26 aprile del 1937, durante la guerra civile spagnola, sull'omonima cittadina basca, causando moltissime vittime), rappresenta il vertice creativo dell'incredibile carriera del grande pittore andaluso. E ciò anche e soprattutto grazie al profondo messaggio simbolico che gli stilizzati personaggi che sono raffigurati volevano trasmettere.

Picasso così spiegò quei tratti violenti, taglienti, netti: «Il conflitto spagnolo è la lotta della reazione contro il popolo, contro la libertà. Tutta la mia vita di artista non è stata altro che una lotta continua contro la reazione e contro la morte dell'arte. Come si potrebbe pensare per un solo momento che io possa essere d'accordo con la reazione e con la morte? Nel quadro al quale sto lavorando in questo momento, e che chiamerò "Guernica", e in tutte le mie opere recenti, esprimo chiaramente il mio odio per la casta militare che ha sprofondato la Spagna in un oceano di sofferenza e di morte». Eppure, come evidenziato da Patrick ‘O Brian nella sua splendida biografia sul grande artista iberico, quei simboli antibellici erano oggettivamente difficili da cogliere al primo sguardo e – ai più – apparivano talmente «privati, oscuri, ermetici», da non consentire di «raggiungere facilmente l'osservatore». Ma la straordinaria forza comunicativa di quel gigantesco dipinto non solo si fece ben presto largo nella valutazione comune, diventando una vera e propria icona culturale del Novecento, ma proiettò definitivamente Pablo Picasso nell'olimpo dei più grandi esponenti dell'arte di ogni tempo.