Proprio oggi cade il trentesimo anniversario della morte di uno degli scienziati più famosi della storia della medicina. Uno di quelli ai quali, l'intera umanità, deve profonda ed incondizionata gratitudine: il virologo ebreo di origine polacca, naturalizzato statunitense, Albert Sabin, colui che, all'inizio degli anni sessanta del secolo scorso, non solo mise a punto e sviluppò il primo vaccino orale contro la poliomielite (salvando così milioni di persone in tutto il mondo da un destino terribile e crudele), ma rinunciò anche a brevettarlo (e quindi a godere degli enormi benefici economici che questo gli avrebbe ovviamente consentito di ottenere).

Ciò perché era sua intenzione fare «un regalo a tutti i bambini della Terra». Ma la sua incredibile generosità a dire il vero non si fermò qui, perché nel pieno della Guerra Fredda donò gratuitamente alcuni ceppi virali del vaiolo allo scienziato Michail Uumakov, al fine di permettere la somministrazione del suo vaccino anche in Unione Sovietica. Per chi fosse interessato all'argomento, segnalo volentieri un saggio a firma di Giuseppe Remuzzi (che è il direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano), da poco edito da Solferino, intitolato "Le monetine di Roosevelt – Una storia dell'umanità attraverso i vaccini" (219 pagine). Il titolo potrà sembrare piuttosto strano ai più, ma ha una sua spiegazione "storica". Tra i personaggi famosi che ebbero la sfortuna di contrarre la poliomielite ci fu anche il presidente degli Stati Uniti d'America Franklin Delano Roosevelt.

Fortunosamente sopravvissuto all'infezione (sebbene con gravi conseguenze personali), non solo decise di costituire una fondazione, ma anche di lanciare una gigantesca campagna di raccolta fondi per la ricerca della cura della malattia, e per aiutare nella riabilitazione coloro i quali ne erano stati purtroppo colpiti. Roosevelt chiese infatti a tutti gli americani di far giungere alla Casa Bianca almeno una monetina da 10 centesimi. Questo singolare modo di stimolare la generosità delle persone ebbe un successo clamoroso, tanto è vero che, tra il 1938 ed il 1962, vennero raccolti dalla fondazione ben 630 milioni di dollari! Il libro di Remuzzi racconta nel dettaglio i successi (ma anche i numerosi insuccessi) della medicina nella sua secolare ed ostinata battaglia contro le epidemie.

È lo stesso autore a spiegare, nell'introduzione, il senso della sua fatica letteraria: «Non chiedete a questo libro quello che questo libro non può dare: non è una visione sistematica della storia dei vaccini, non dice quante persone al mondo siano state salvate dai vaccini. Racconta piuttosto quanti e come si sono ammalati, e sono morti, quando i vaccini non c'erano; del terrore delle mamme di fronte al rischio della poliomielite, della paura della peste, dell'intuizione di un dottore che ha protetto una popolazione intera dal colera… chiudendo un rubinetto… il libro parla candidamente, in modo aperto e senza pregiudizi, anche delle cose che sono andate male quando si preparavano i primi vaccini».

Il saggio ci conduce quindi – con garbo e rigore scientifico – attraverso la storia dell'infettivologia, e dei suoi (spesso troppo poco conosciuti) protagonisti. Come ad esempio Edward Jenner; il quale, alla fine del Settecento, peraltro mettendo a rischio la sua vita, scoprì il vaccino del vaiolo, così salvando da morte quasi sicura centinaia di milioni di persone. Basterebbe infatti pensare al fatto che, grazie alla sua coraggiosa intuizione, la mortalità per vaiolo crollò in Francia, all'inizio dell'Ottocento, dal dieci all'uno per cento! Circostanza che indusse Napoleone Bonaparte (al quale Jenner aveva personalmente chiesto la liberazione di alcuni prigionieri inglesi), a dire: «Nulla può essere rifiutato a quest'uomo!».

La geniale scoperta dello scienziato britannico aprì poi la strada alle sperimentazioni dei vaccini contro la rabbia, il colera, la peste, il tetano e la difterite (solo per citare e ricordare alcune delle malattie più gravi ed invalidanti che hanno colpito l'umanità nel corso dei secoli). Eppure, come detto, la strada dei successi che hanno salvato la vita di milioni di persone non è sempre stata lastricata di pieni e sfolgoranti successi. Osserva infatti Remuzzi, e l'argomento, come è facile intuire, è particolarmente vivo ai nostri giorni, «i vaccini di una volta non erano come quelli di oggi; gli effetti collaterali erano molto più frequenti e frequentissime erano le infezioni locali, ma spesso c'erano infezioni intorno al sito di iniezione e, dal momento che gli aghi non erano sterilizzati in modo appropriato, c'erano persone che finivano per contrarre altre malattie, incluso il tetano, per esempio.

Tuttavia i più avevano capito che i benefici superavano i rischi, e in realtà l'opposizione non è che fosse molto forte. Le persone erano terrorizzate dal vaiolo, non dalle infezioni nel sito di iniezione del vaccino. L'esperienza delle persone vaccinate che poi non si ammalavano li rassicurava». A ben vedere, quindi, la storia dei vaccini si interseca talmente tanto con quella dell'umanità, da indurre l'autore del saggio ad affermare che «niente, nella storia della medicina, ha avuto un impatto maggiore sulla salute della gente rispetto ai vaccini». E ciò principalmente perché, di regola, «i benefici del vaccinarsi superano di gran lunga i rischi; anche se sono io il primo ad ammettere che per chi soffre di una complicanza da vaccino, specialmente se "grave", non è poi una grande consolazione sapere che gli altri, invece, sono stati bene».

Il dibattito su questo spinoso argomento è stato ovviamente alimentato dallo scoppio dell'epidemia di Covid Sars 19, e sulle violente polemiche che sono conseguite all'obbligo – imposto da alcuni paesi – di sottoporre la gran parte della popolazione alla vaccinazione. Ramuzzi, per chiarire la sua personale posizione, evidenzia che solo in due casi «le malattie virali sono state completamente eradicate: il vaiolo e la peste bovina. Ed in tutti e due i casi c'è stata una vaccinazione massiva di tutto il pianeta».

E che questo dovrebbe indurre ad alcune riflessioni. In conclusione, lungi dal voler personalmente assolvere con formula piena ed incondizionata la politica vaccinale adottata dalla maggior parte dei paesi del mondo per tentare di contrastare la diffusione del Covid, e tanto meno dal voler sottrarre a valutazioni critiche il comportamento delle maggiori case farmaceutiche, e di alcuni scienziati, non può tuttavia non evidenziarsi che – grazie ai vaccini – molte vite, e molte sofferenze, sono state per fortuna evitate. Basterebbe pensare che il vaccino contro la poliomielite elaborato dal dottor Sabin, falliva solo una volta su 750 mila somministrazioni…