L'origine del gioco del rugby è uno dei più grandi misteri della storiografia sportiva. Il suo nome è – come noto –associato a quello di una piccola cittadina inglese a nord di Londra dove, nel 1823, e quindi esattamente duecento anni fa, tale William Webb Ellis, durante una partita di football che si stava disputando in una scuola pubblica, a quanto pare «afferrò una palla al volo e poi corse in avanti dribblando i difensori per giungere fino alla porta avversaria».

Così si legge nelle prime pagine di un'interessante monografia a firma di Filippo Giovannelli e Matteo Poggi, recentemente pubblicata da Navicellai, ed intitolata "Leghorn 1766. Il calcio fiorentino e l'origine del rugby" (149 pagine). Tale ricostruzione storica, più che i crismi della verità, ha tuttavia il sapore di una leggenda, e questo perché non vi sono tracce certe, e sufficientemente documentate, che le cose andarono effettivamente in quel modo. Quello che gli autori hanno invece accertato alla fine della loro lunga e certosina indagine storiografica è che – sorprendentemente – (anche) le origini di quel bellissimo sport sono... italiane.

Ed hanno peraltro radici antichissime. A quanto pare, infatti, il primissimo antesignano del Rugby fu l'harpastum, antico gioco praticato dai legionari romani come forma di allenamento fisico in vista delle loro battaglie. Tuttavia il vero padre degli sport di squadra con la palla fu il "calcio fiorentino"; ed infatti, nel 1905, sulla rivista britannica "Fry's Magazine", così si poteva leggere: «Probabilmente solo pochi appassionati di rugby-football sono a conoscenza del fatto che noi inglesi dobbiamo ringraziare gli atleti fiorentini per l'invenzione del gioco del calcio e per la sua introduzione in Gran Bretagna. Questo è uno dei risultati diretti di quella che era stata chiamata la "febbre fiorentina"o "febbre toscana"in Inghilterra, che si era manifestata al tempo del tardo Rinascimento italiano».

Poggi e Giovannelli hanno spulciato decine e decine di documenti ed hanno analizzato a fondo le fonti storiografiche rinvenute sull'argomento, scoprendo che l'origine ("recente") del rugby andrebbe cercato a Livorno (anzi, a Leghorn, come la chiamavano gli inglesi); città dove, nel 1766, vennero disputate due "partite" nelle quali, tra i giocatori protagonisti, vi erano numerosi britannici.

All'epoca, gli inglesi, per motivi prevalentemente commerciali, frequentavano la fiorente cittadina toscana, che era uno dei porti più ricchi del Mediterraneo. A quel tempo il "calcio fiorentino" era molto diffuso in Toscana, anche se in verità erano in molti ad auspicarne la proibizione, perché era ritenuto un gioco piuttosto violento. Nonostante ciò era abitudine dei calciatori fiorentini, dopo cruente partite, tornare allegramente a frequentarsi come se nulla fosse successo. Tale abitudine creò di fatto i presupposti per l'affermazione di uno dei momenti di sportività più famosi (e tipici) del rugby: il cosiddetto "terzo tempo", che, quindi, non avrebbe affatto origini anglosassoni, ma italiche.

Gli autori della bella monografia evidenziano che «le affinità del primo rugby con il calcio fiorentino/livornese non si esauriscono nel comune numero di giocatori per squadra e nella molto simile, per non dire uguale, disposizione tattica sul terreno di gioco, ma trovano in alcune precise regole ulteriori elementi di comunione. Innanzitutto è la stessa modalità con cui si segnano i goal ("cacce", per il calcio) ad accomunare i due giochi. Sia a Livorno, come a Rugby, il punto si segnava gettando la palla in alto sopra un ostacolo; i palchi del pubblico a Livorno, l'asta mediana della porta ad "H" a Rugby... altra regola in comune è quella del fallo laterale. Quando la palla usciva lateralmente dal campo, la rimessa in gioco non spettava a nessuna delle due squadre; la palla era contesa... altra fase di gioco in comune assai importante e caratterizzante per ambedue i giochi è poi la mischia, che nel primo rugby è più un mucchio selvaggio di atleti posti gli uni di fronte agli altri, che quella ordinata conosciuta oggi».

Vi erano tuttavia anche delle differenze. Osservano infatti Poggi e Giovannelli: «Nel calcio fiorentino cinquesettecentesco vi era un'attitudine al gioco di piede molto più marcata rispetto al gioco attuale, nel quale è invece azione assai rara».

A confortare l'evidente legame esistente tra il "calcio fiorentino"ed il rugby vi sono comunque numerosi documenti. Basterebbe infatti pensare alla formale richiesta di «organizzare il giuoco del calcio da parte della Nazione Inglese, rivolta alla città di Livorno» datata 1766, che gli autori della monografia mostrano nelle pagine del loro libro. In forza di tale inoppugnabile prova, essi, a tal proposito, così commentano: «Data la conoscenza pregressa del gioco toscano da parte inglese, è per noi impossibile pensare a una pura coincidenza».

Ad ulteriore dimostrazione della fondatezza della loro ricostruzione storica, Giovannelli e Poggi offrono poi un ulteriore elemento. I due autori ritengono infatti di aver addirittura individuato il nome di colui il quale avrebbe poi materialmente introdotto il gioco del calcio toscano in Inghilterra. Il merito sarebbe da attribuire a Thomas Earle, membro di una ricca famiglia britannica che nel 1766 viveva stabilmente a Livorno e che fu poi uno dei giocatori delle "famose"partite che si giocarono quell'anno nella città labronica.

Essi tuttavia tengono anche a chiarire (giustamente) che «il rugby è, e sarà sempre, uno sport anglosassone»; tuttavia «...la pura invenzione del gioco non si deve all'Inghilterra, ma all'Italia... e si deve ammettere che senza la conoscenza del calcio fiorentino/livornese, sarebbero verosimilmente mancati i presupposti per la nascita di questo importante e bellissimo sport». Tale collegamento va fatto, come accennato, anche per il calcio, gioco che era praticato a Firenze (seppur con regole diverse) già nella metà del 1400. Analizzando infatti documenti datati 1580 è infatti possibile notare che sia gli schemi di gioco sia le modalità con le cui la palla doveva essere colpita dai giocatori, sono gli embrionali elementi che successivamente determineranno l'ispirazione, la nascita, l'evoluzione ed il successo dei moderni giochi di squadra con la palla.