Il narcisismo è un tratto della personalità molto comune, che può manifestarsi sotto varie ed articolate forme. Nonostante esso sia quasi sempre "innocuo"(al massimo ingenera infatti in coloro che hanno a che fare con persone narcisiste solo un po' di irritazione e fastidio...), talvolta può purtroppo degenerare in alcune pericolose patologie. Tanto è vero che ad Anders Breivik, autore della terribile strage avvenuta sull'isola norvegese di Utoya nel 2011 – ritenuto perfettamente in grado di intendere e di volere al momento del suo folle gesto – venne diagnosticato un grave "disturbo narcisistico della personalità". Lo psichiatra milanese Vittorio Lingiardi ha deciso di accompagnarci nei segreti di questa complessa manifestazione umana attraverso un gradevole saggio, intitolato "Arcipelago N – Variazioni sul narcisismo"(115 pagine), da poco pubblicato da Einaudi.

L'autore spiega che «tutti abbiamo dei tratti narcisistici, e anche grazie ad essi riusciamo a perseguire i nostri obiettivi, ad essere orgogliosi dei nostri successi, a provare gioia per ciò che facciamo, a raccogliere i frutti della nostra simpatia o del nostro fascino, a nutrire le aspirazioni creative. Ma quando questi tratti diventano troppo marcati e pervasivi, allora lo stile narcisistico diventa un disturbo, e interferisce con la nostra vita psichica e relazionale». Lingiardi ritiene opportuno in primo luogo precisare che le normali manifestazioni esteriori di questo stato comportamentale sono in genere diversificate a seconda dell'età del soggetto; ed infatti se è vero che «tratti narcisistici particolarmente evidenti durante l'adolescenza appartengono al percorso di crescita, e non indicano necessariamente un'evoluzione problematica (anche se desta preoccupazione una crescente sofferenza narcisistica dell'adolescente, che porta con sé un aumento di comportamenti autolesivi e purtroppo suicidare), nella vita adulta, i tratti narcisistici, possono tuttavia accentuarsi in particolari momenti di competizione o di successo, e mettersi al servizio della propria immagine sociale»; normalmente, invece, nella seconda metà della nostra vita, si fa strada «la necessità di misurarsi con l'invecchiamento del corpo», che induce molte persone a ricorrere sempre più spesso all'ausilio della chirurgia estetica.

Tale complessità di condotte deve indurre a conoscere meglio, ed a comprendere, i confini di questo tratto della personalità; ciò anche al fine di evitare che questa "realtà psichica"(come la definì Sigmund Freud) possa arrivare a debordare in pericolose derive comportamentali. Ed infatti, nella prima di copertina del saggio (che in qualche modo ci incuriosisce), si legge: «Il narcisismo abita i nostri amori e tutte le relazioni.
Può essere fragile o contundente. Finché cerchiamo di rinchiuderlo in una definizione non lo capiremo.
Occorre una bussola psichica per navigare nei mari insidiosi della stima di sé, tra isole che si chiamano Insicurezza, Egocentrismo, Rabbia, Invidia, Vergogna». Per introdurre la sua approfondita analisi Lingiardi parte – come del resto era giusto che fosse – dal mito greco, ed in particolare da Ovidio. Il grande poeta di Sulmona – attraverso le sue celebri "Metamorfosi" – rese infatti immortale la storia del bellissimo figlio di Cefiso e della ninfa Liriope, il quale, essendosi mostrato insensibile all'amore, venne punito dalla dea Nemesi, che lo fece innamorare della propria immagine riflessa nell'acqua. Il ragazzo, consumato da questa vana e disperata passione per se stesso, finì per morire, trasformandosi infine nell'omonimo fiore.

Nella seconda parte, però, il saggio sposta giustamente la sua attenzione su quelli che sono gli aspetti più squisitamente sociali e "clinici" del narcisismo.
Stato della personalità che tende a formarsi, in ciascuno di noi, già durante l'infanzia. Tra i sei ed i diciotto mesi di vita, infatti, il bambino che si vede nello specchio comincia a riconoscere la sua immagine, ed inizia a «costituirsi il nucleo dell'Io...si tratta di un'acquisizione dell'identità attraverso l'identificazione (con la propria immagine riflessa), che al tempo stesso segna però una frattura insanabile, vista l'impossibilità di ricongiungersi con l'immagine speculare». Tale «processo psicologico costruttivo» – che in una prima fase dell'esistenza trova ovviamente il suo principale presupposto formativo nel contesto familiare – tende poi, poco alla volta, ad acquisire elementi di caratterizzazione da contesti sociali, culturali ed interpersonali più diversi ed allargati. Sfociando però talvolta – purtroppo – in alcune pericolose derive patologiche di tipo psichiatrico. Proprio per questo motivo, evidenzia Lingiardi, «è molto importante riconoscere se, dal punto di vista narcisistico stiamo mettendo il piede nel campo della psicopatologia, o se invece ci stiamo muovendo in territori compatibili con la capacità di uno sguardo autocritico e un buon funzionamento delle relazioni».

Questo importante confine non sempre è facile da individuare. Perché l'autostima può infatti trasformarsi in fastidioso egocentrismo; l'idealizzazione della bellezza può evolvere in stucchevole vanità; l'ammirazione verso le altrui peculiarità può purtroppo degenerare in invidia distruttiva, e la svalutazione dell'altro può sprofondare in odiosa prevaricazione.
L'autore del saggio rammenta a tal proposito che sarebbe pertanto sufficiente avere adeguata consapevolezza del nostro valore, senza però arrivare ad esaltarlo scioccamente; che bisogna saper ammettere che altri possono essere meglio di noi in molti campi, senza arrivare ad odiarli; e che sarebbe opportuno accettare i difetti del nostro corpo e del nostro carattere, ma senza dimenticare che è necessario sempre lavorare a fondo sui propri limiti, per migliorarsi. Forse, a ben vedere, basterebbe in fondo gestire il nostro sano ed innato narcisismo come fa il grande Woody Allen. Il quale, una volta, deliziò il pubblico con questa sua geniale freddura: «Non sono narcisista né egoista; se fossi vissuto nell'antica Grecia non sarei stato Narciso. E chi saresti stato? Giove!».