Tutti si augurano da tempo che il gioco del calcio cambi sia nei protagonisti ai vari livelli e sia nel pubblico dei tifosi. Perché lo stadio torni ad essere luogo di vera aggregazione e di autentica competizione. Tutti (o quasi) se lo augurano ma, poi ti accorgi che, alla prova dei fatti, il risultato di un evento sportivo difficilmente viene sacrificato sull’altare di una cultura che tenga nella stessa considerazione e importanza tutte le altre componenti che costituiscono l’evento stesso. Sono solo e soltanto i risultati, che mandano a casa allenatori che fanno con onestà e competenza il loro lavoro. Sono solo e soltanto i risultati a decretare il futuro di tanti bravi attori del calcio. Sono solo e soltanto i risultati a guidare gli umori di una tifoseria che il più delle volte li accetta al di là di come sono stati conquistati. Sono solo e soltanto i risultati, infine, all’origine di quella violenza che tiene lontano dallo spettacolo chi, invece, vorrebbe assistervi per l’amore per lo sport e non per chi risulti vincitore.

Noi non possiamo sapere se il Frosinone si salverà perché il campionato non ha ancora emesso alcun verdetto, eccezion fatta per chi l’ha vinto, ma possiamo dire che non saremo tra quelli che officeranno funerali o celebreranno processi se la squadra di Roberto Stellone non dovesse riuscire a restare nella massima serie del calcio nazionale che ha finora onorato a testa alta. Il Frosinone, come società e come squadra, potrà pur essere stata una meteora nel firmamento delle grandi stelle calcistiche italiane (ma ancora ne fa parte a pieno merito) ma un importante segnale lo ha dato perché gli stadi tornino ad essere il cuore pulsante di uno sport che è diventato terreno fertile da cui estrarre soltanto miliardi di profitto.

Il segnale è giunto da quei tremila tifosi, più o meno giovani, (e poi raccolto dallo stadio intero) che hanno chiamato sotto la loro mitica Curva Nord allenatore e squadra per tributare loro “l’onore delle armi”. Incuranti della sconfitta ma pieni di orgoglio per come quegli stessi atleti si sono battuti per conquistare la vittoria, che al Frosinone avrebbe dato più possibilità di salvezza. I primi ad applaudire quell’atteggiamento, pieno di significativi sentimenti, sono stati quel centinaio di tifosi palermitani, presenti dalla parte opposta del campo.

Poi ci ha pensato il tam tam del web a diffondere il nuovo messaggio: «L’amore e la passione per i colori della maglia della quadra del cuore va ben oltre il risultato di una partita di calcio». Un messaggio importante che dovrebbe essere fatto proprio da altre tifoserie perché soltanto così il gioco del calcio potrà riappropriarsi delle sue prerogative di sport più bello del mondo. Nelle interviste del post partita ci piace scegliere, tra le tante, le dichiarazioni rilasciate da Roberto Stellone, ancora commosso: «In venti anni di calcio giocato - ha precisato il mister dei canarini - non mi è mai capitato di assistere a scene come quella che ho vissuto al Comunale, con i nostri tifosi a incoraggiarci e applaudirci dopo la conclusione della gara. Hanno capito quello che stavamo provando per la sconfitta e li ringrazio anche a nome della squadra».