Ha 66 anni. È originario di Settefrati ed è vice console onorario a La Guaira, nello Stato di Vargas in Venezuela. Maurizio Portagnuolo, dal suo osservatorio privilegiato, ci racconta cosa sta accadendo nel Paese sudamericano dove vive una comunità ciociara di circa tremila persone.

Ci racconta un po' della sua storia?
«Sono nato a Settefrati, dove mio padre era medico condotto. A Settefrati sono rimasto fino alle scuole elementari. Poi mi sono trasferito a Roma, dove mi sono laureato. E Roma è la mia città d'adozione. Ho 66 anni e da 40 anni sono in Venezuela».

Torna in paese, ha mantenuto i contatti con la Ciociaria?
«Sì. Ho portato i miei figli a conoscere Settefrati e anche al santuario di Canneto. Ho amici a Frosinone, Sora, Torrice e Fiuggi. Anche se il punto di riferimento è Roma, mantengo i rapporti con la Ciociaria perché lì abbiamo molti amici».

Mi racconta il suo lavoro, da quanto tempo è al consolato?
«La mia carriera in Venezuela si è sviluppata nel settore dei trasporti internazionali dove lavorava mio zio, emigrato dopo la guerra. Dopo ho lavorato nelle società di navigazione come l'Italia, poi privatizzata, e con società tedesche e inglesi. Ora sono in pensione e ho ricoperto l'incarico di vice console onorario nello stato di Vargas per 25 anni. Adesso sto andando in pensione anche da lì, per raggiunti limiti di età».

Mantiene contatti con la comunità ciociara in Venezuela?
«Sono sempre in contatto con le comunità italiane. Non molti sono i ciociari emigrati in Venezuela, mentre le comunità da cui i flussi sono stati più numerosi sono quelle di Sicilia, Basilicata, Campania, provincia di Salerno, Abruzzo e isola d'Elba».

Come stanno gli italiani? È vero che stanno facendo i passaporti per andar via?
«Ho aperto un'agenzia di consulenza per la cittadinanza italiana con otto impiegati. In questo momento c'è assoluto bisogno per gli oriundi di ottenere la cittadinanza italiana e il passaporto che darà diritto a fuggire da questa situazione. Gli italiani tendono a emigrare in altri Paesi, soprattutto in Spagna, non tanto in Italia dove non c'è molto lavoro. Moltissimi, tra quelli che possono, stanno cercando, negli ultimi cinque anni, da quando la situazione è drammaticamente precipitata, stanno facendo di tutto per ottenere il diritto alla cittadinanza con lo ius sanguinis. Ho visto ricostruire alberi genealogici con atti del 1830. La legge italiana dà diritto senza limiti di generazione a richiederla. Non ho mai visto atti di cittadinanza così vecchi, anche prima dell'unità d'Italia».

Com'è la situazione?
«Tutte le famiglie hanno un parente, un figlio, un nipote, un cugino fuori dal paese. Ci sono tre milioni di emigrazione forzosa: è un po' un fuggire. I ceti medi - i miei figli sono a New York, a Roma o Madrid - fuggono in aereo. Quelli che non possono prendere un aereo lo fanno camminando verso la frontiera con la Colombia, portando con loro le poche cose che possono. Sono profughi, sono arrivati anche in Perù cercando una vita migliore».

Eppure prima era molto diverso.
«Il Venezuela, fino a qualche decennio fa, era la Svizzera del Sudamerica. Un Paese ricchissimo di risorse del sottosuolo, soprattutto petrolio. Quando finiranno le risorse petrolifere nel mondo, il Venezuela ne avrà per altri 200 anni. Poi ci sono oro, diamanti, minerali di ferro, come anche clima e geografia meravigliosi. Il turismo era una forma di beneficio per l'economia, ora di turisti se ne vedono pochissimi. La posizione geografica, a Nord del continente, rivolta agli Usa e all'Europa è stata sempre una fonte di ricchezza. Con questa dittatura, in atto da qualche tempo, sono state chiuse molte fabbriche, non c'è più investimento estero. Il Paese è sull'orlo del precipizio, mancano i generi di prima necessità. Vicino casa mia vedo gente che cerca nei cestini della spazzatura qualcosa da mangiare».

E adesso?

«La gente ha cercato di protestare con scioperi, cortei di studenti, ma il regime è sempre più in sella e finora non si è riusciti a smuoverlo. Il governo sembra appoggiato da forze cubane, pare siano 24.000».

Solidarietà dall'Italia?

«Quasi tutti i partiti italiani hanno capito questa situazione, però non siamo riusciti a convincere il governo italiano a ripudiare, in forma esplicita, questo regime. Secondo noi italiani del Venezuela, il governo italiano ha preso una posizione ambigua e non siamo rimasti molto contenti. Il problema non riguarda né centro né destra, sembra che hanno capito tutti, tranne i Cinque stelle che vivono in un altro mondo o non sanno niente di questa realtà. Noi italiani in Venezuela siamo molto delusi, anche i nostri amici venezuelani si aspettavano un atteggiamento diverso dal governo italiano. L'Italia è rimasta tagliata fuori dalla tendenza mondiale a riconoscere Guaidò. Tengo a sottolineare molto che siamo rammaricati dalla posizione ambigua italiana, nonostante i fortissimi legami con il Venezuela».