Non c'era la copertura economica la transazione del 2007. Così l'autorità d'ambito si è salvata dal pagare 10,7 milioni di euro. L'opposizione al decreto ingiuntivo, ottenuto da Acea Ato5, è stata accolta dal tribunale civile di Frosinone. Ma non solo, il giudice Daniela D'Auria ha rimesso a ruolo l'altro contenzioso tra le parti, relativo al pagamento degli oneri concessori.In questo caso è l'Ato a rivendicare 28.699.699 euro.

La vicenda nasce dalla transazione, voluta dalla presidenza Scalia,nel 2007 con la quale al gestore venivano riconosciuti 10,7 milioni di euro. L'ok è venuto dall'assemblea dei sindaci con una delibera. Successivamente, con Antonello Iannarilli alla Provincia, la conferenza dei sindaci aveva annullato la delibera con la quale era stata approvata la richiesta del presidente di sottoscrivere l'accordo con il gestore. Per l'autorità d'ambito, essendo venuto meno il presupposto giuridico a fondamento della transazione, quei soldi non erano più dovuti. Il gestore riteneva che l'annullamento della delibera non intaccava la transazione. Perciò l'Acea aveva agito in giudizio ottenendo un decreto ingiuntivo per incassare la somma.

Contro il provvedimento, l'Ato aveva presentato opposizione. Nel corso del procedimento, le parti hanno ribadito le proprie posizioni con il gestore che ha insistito sul rigetto della domanda ritenendo inesistente il «rapporto di presupposizione tra delibera n. 4 del 2007 e l'atto di transazione (sicché l'annullamento della delibera non poteva aver determinato nessun effetto caducante della transazione)». All'opposto l'Ato aveva evidenziato che la delibera è stata revocata perché il Coviri, all'epoca comitato di vigilanza sulle risorse idriche, aveva considerato illegittima la delibera per violazione del metodo normalizzato e del sistema regolatore del prezzo. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto che l'annullamento in autotutela della delibera «non è idoneo a conseguire un effetto risolutivo della transazione». In pratica la transazione rimane sottratta «ad ogni possibilità di successiva rimozione a mezzo di provvedimenti amministrativi di autotutela».

Inoltre, seppure l'annulla - mento avesse esteso i suoi effetti alla transazione, sarebbe rimasto privo di rilievo. L'Ato aveva insistito anche nel ritenere nulla la transazione per violazione del metodo normalizzato, ma anche su tale aspetto la richiesta è stata respinta. Richiesta, all'opposto, ritenuta fondata laddove l'Ato evidenzia che la transazione è stata sottoscritta «senza la previsione di alcuna copertura finanziaria».

L'Ato «può effettuare una spesa solo se sussiste l'impegno contabile registrato e previa attestazione della copertura finanziaria». Dunque la nullità della delibera si estende alla transazione. Tanto più che «la transazione non può iscriversi alle ipotesi di riconoscimento di debito fuori bilancio». L'Acea, ove la transazione fosse ritenuta invalida, chiedeva 21.481.000 euro di maggiori costi sostenuti. Tuttavia, la domanda è stata respinta.

L'Ato 5 voleva 28,6 milioni di euro di oneri concessori. L'Acea dal canto suo chiedeva di decurtare dall'importo una serie di somme, tra cui oltre un milione per ogni annualità e le quote per il mancato conferimento delle reti a Atina, Cassino centro e Paliano. L'Ato ha evidenziato il conguaglio da 75 milioni riconosciuto al gestore che, dal canto suo, sostiene di aver corrisposto 29 milioni all'Ato. Stando così le cose, il giudice ha ritenuto di non poter decidere, essendo neccessari ulteriori chiarimento e ha rimesso a ruolo la causa. Per oggi è attesa una risposta del gestore.