Tra i più diffusi, il cancro del colon retto rappresenta il 10% dei tumori diagnosticati nel mondo ed è il terzo per incidenza dopo quello della mammella e del polmone. Prevenzione e diagnosi precoce rappresentano, come per le altre patologie neoplastiche, le principali armi per combatterlo. E, in prima fila in questa lotta, la Asl di Frosinone ha sfoderato le sue armi migliori, portando in campo una squadra d'eccellenza e le più avanzate tecnologie. Grazie a questa combinazione, infatti, negli ultimi anni, Frosinone è diventata un punto di riferimento per la diagnosi e il trattamento di questo tipo di tumore, riducendo sensibilmente il fenomeno della mobilità passiva verso i centri più grandi.

A fare il punto è il professor Nicola Apice, direttore della Unità operativa complessa chirurgia generale Frosinone-Alatri, che ha chiarito i motivi di tale successo e che, con orgoglio, ha sottolineato l'importanza di poter contare su un team efficiente e ben organizzato. Il paziente, infatti, fin dal primo esame diagnostico, eseguito nell'Uoc di gastroenterologia ed endoscopia digestiva, diretta dal professor Stefano Brighi, è seguito in ogni fase dell'iter che dovrà affrontare. Dalla chirurgia, alle terapie, alla permanenza in ospedale, durante la quale, come sottolinea il professor Apice e come emerge dai racconti della quotidianità del reparto della caposala Giuseppina Bondatti, non viene mai dimenticato il lato umano di una professione che, diversamente, potrebbe portare a considerare i pazienti come numeri.

Professor Apice, come si combatte il cancro del colon retto?
«Si tratta di un tumore subdolo che in passato veniva diagnosticato tardivamente e spesso con esiti infausti. C'è da dire che negli ultimi anni la mortalità è in forte calo, con tassi diminuiti di circa il 10%. Questi progressi sono attribuibili principalmente programmi di screening, alla diagnosi precoce e al miglioramento delle terapie chirurgiche e mediche sempre più mirate. Un percorso che la Asl di Frosinone ha intrapreso già da qualche anno e del quale oggi raccoglie i frutti positivi, nonostante la concomitanza del Covid. La stretta sinergia tra unità operative endoscopia, chirurgia, oncologia, anatomia patologica e radiologia ci permette, infatti, di trattare i pazienti affetti da tale grave patologia nel modo migliore, alla stessa stregua dei grandi centri di eccellenza italiana. La provincia di Frosinone è la seconda nel Lazio per adesione agli screening, grazie all'equipe del direttore dell'endoscopia dell'ospedale Spaziani e grazie alle campagne di sensibilizzazione. Ciò permette di diagnosticare sempre i tumori sempre più precocemente e di effettuare, quindi, interventi con estrema radicalità chirurgica».

Quanti casi sono stati trattati nell'ultimo anno nell'ambito della divisione da lei diretta?
«Nell'appena trascorso 2022 sono stati trattati chirurgicamente nella nostra divisione più di ottanta pazienti affetti da neoplasia colorettale, la maggior parte dei quali con lesioni nei primi stadi. Un numero così alto di casi pone la Uoc tra i centri ad alto volume nel trattamento di tale patologia e, al tempo stesso, descrive un cambiamento nell'atteggiamento dell'utenza nei confronti della sanità provinciale, che dimostra di preferire i nostri ospedali per il trattamento di queste patologie, rallentando in modo importante la cosiddetta mobilità passiva verso i centri della capitale».

Come si è arrivati a questi risultati?
«L'azienda ha investito nella ricerca continua della qualità, ha stimolato la sinergia degli attori delle nostre unità operative, spingendo i professionisti a fare gioco di squadra. Lo sforzo è quello di far sentire protetti e affidati a un percorso che li porterà alla risoluzione del problema i pazienti ai quali, purtroppo, viene comunicata la positività di una neoplasia colorettale. Il paziente ha immediatamente un colloquio con il chirurgo che programma tutta la fase di stadiazione, che comprende esami ematochimici ed eventuali tac o risonanza. Dopo avere acquisito tutte le informazioni, i casi vengono discussi collegialmente nel gruppo oncologico multidisciplinare e i medici coinvolti decidono il miglior trattamento. A questo punto interviene la chirurgia, che è protagonista principale nel trattamento delle neoplasie».

Quali tecnologie vengono impiegate?
«I nostri casi sono approcciati tutti in chirurgia laparoscopica, grazie alla quale i pazienti hanno una ripresa più precoce. I nostri buoni risultati sono dovuti alla possibilità di avere a disposizione tecnologie avanzate che indubbiamente contribuiscono al buon esito degli interventi chirurgici. La nostra sala operatoria è dotata di colonne laparoscopiche 4K e, da più di 5 anni abbiamo a disposizione la tecnologia 3D, sia a Frosinone che ad Alatri, che ci permette di avere anche le profondità, vale a dire la stessa visione che si ha in chirurgia robotica. A proposito di ciò, a breve disporremo anche del robot, che rappresenterà un'arma in più. E, restando in tema di anticipazioni, vi annuncio in anteprima che a fine ottobre si terrà a Frosinone un convegno di valenza nazionale e di grande prestigio, in cui verranno discusse tutte le più recenti innovazioni nel trattamento del cancro colorettale e nell'ambito del quale sicuramente la nostra chirurgia avrà un ruolo centrale».