«Noi così siamo a posto». La presidente di Integra Onlus, Klodiana Cuka, taglia corto: tutto regolare, i profughi restano nell’ex agriturismo di via Casali. Almeno per ora, in attesa della prossima mossa del Comune che, non ne fa un mistero, quei ragazzi africani e asiatici non li vuole contestando l’idoneità della loro attuale sistemazione. L’altro ieri la Prefettura ne ha trasferiti tre. Altri sette sono partiti ieri pomeriggio per essere alloggiati in diverse strutture di accoglienza della provincia. Così nel casale che sorge sulla provinciale tra Giuliano di Roma e Prossedi ne restano 31, tutti giovani richiedenti asilo.

Il sindaco Adriano Lampazzi starebbe preparando una diffida di sgombero della struttura per motivi igienico-sanitari. E sarebbe pronto a spingersi fino a una perentoria ordinanza. «La nostra sede è di 260 metri quadrati, ben più dei sette previsti per ogni persona, ha sette camere da letto, sette bagni e cinque cucine - obietta la presidente Cuka - I parametri rispettano quelli stabiliti per l’accoglienza dalla legge soCio sanitaria, un parametro valido in tutta Italia che adottiamo già negli altri centri che gestiamo (una cinquantina, ndr)».

Perciò i 31 profughi restano dove sono. L’ordinanza di sgombero? «Per il momento non abbiamo ricevuto nulla. Vedremo - risponde Cuka - Spesso i politici si arrabbiano, ma poi quando ve dono che la gente risponde con il grande cuore italiano allora cambiano idea. Da due giorni il casale è aperto: sono venuti in tanti, compreso il parroco, a trovare i nostri ragazzi. Capisco che il primo impatto possa essere di paura verso gli immigrati, ma poi scatta la solidarietà. E anche Giuliano di Roma non farà eccezione».

La presidente della onlus che gestisce il gruppo di richiedenti asilo rassicura tutti: «Facciamo un’accoglienza vigile, costante e virtuosa. Questo è il nostro modo di operare. I ragazzi non sono abbandonati a loro stessi. Abbiamo una grande esperienza in proposito: dai lavori socialmente utili Giuliano di Roma l Roccasecca dei Volsci che non tolgono lavoro agli italiani fino ai corsi di lingua». E a chi agita lo spettro del business sui profughi risponde: «Noi non c’entriamo con il business dei profughi.

lavoriamo con uno staff multidisciplinare e riceviamo 24,50 euro al giorno per la gestione di ciascun ragazzo. Provvediamo al loro sostentamento e a tutti i servizi necessari con questi pochissimi soldi, più il vestiario, le medicine, la formazione. Sinceramente nella nostra organizzazione il business non lo abbiamo mai visto».

Quindi la presidente Cuka ringrazia il sindaco di Pastena Arturo Gnesi «che ha messo generosamente a disposizione una sala per ospitare i ragazzi mostrando agli altri sindaci che la questione profughi si può gestire senza paura e con intelligenza». Non così per Cassino: «Lì ci hanno cacciato in malo modo - accusa - e i ragazzi lo hanno capito, ne hanno sofferto. Poi, però, dopo una settimana a Pastena e questi giorni a Giuliano di Roma, hanno capito che l’accoglienza è difficile ma possibile».
E ieri sera il caso ha guadagnato la ribalta mediatica nazionale con la diretta tv di Rete 4. Un match in piazza di cui riferiremo domani.