Si preannunciano settecento ricorsi. Forse anche più. A presentarli saranno gli ex deputati che percepiscono il vitalizio. Tutti contro la delibera dell'ufficio di presidenza che, a luglio, li ha tagliati e che, da gennaio, li decurterà di una buona percentuale che varia, caso per caso, e che, in media, si attesta sul 40%. Ma per i trattamenti più "pesanti" non potrà superare il 20.

Tra i destinatari del provvedimento c'è una buona pattuglia di ciociari. Qualcuno ha già pronto il ricorso. A leggere l'elenco c'è un pezzo di storia politica del Paese.
Sono stati deputati con la Democrazia cristiana, con il Partito comunista, con il Partito democratico della sinistra, con i Socialisti democratici e con Forza Italia. Dei sette interessati, tre dichiarano che hanno fatto o faranno ricorso.
Si tratta dell'avvocato Italico Perlini, eletto alla Camera con Forza Italia tra il 2001 e il 2006, dell'ex sindaco di Paliano Giuseppe Alveti, parlamentare dal 1992 al ‘94 e dal ‘96 al 2001 e del professor Michele De Gregorio, in carica dal 1976 all''83 con il Partito comunista italiano. Gli altri, per ora, hanno posizioni attendiste.

Spiega Italico Perlini: «Ho già dato incarico a uno degli avvocati della Camera di presentare ricorso. Qui non hanno abolito nessun vitalizio: è tutta propaganda. Dal 1°gennaio ce lo daranno ricalcolato. E pensare che chi percepisce un grosso vitalizio non potrà vederselo decurtare di più del 20%».

Ancor più esplicito Giuseppe Alveti: «Ancora non ho presentato ricorso, ma ho intenzione di presentarlo -dichiara- Se deve essere così, deve essere per tutti.
Non voglio essere un privilegiato, ma allora essere eletti in Parlamento significava aver fatto il sindaco. Significava esser stato eletto con la preferenza unica.
Ma anche aver svolto impegni quasi sempre gratuiti. Adesso si viene nominati. Io l'ultima volta ho vinto contro Tajani e mi ha votato anche gente di destra proprio per il mio rapporto con il territorio. È un atto contro la politica. Ma una volta era una cosa seria. E poi mantenere il rapporto con il territorio costava. Adesso, peraltro, gli attuali parlamentari prendono tre volte tanto. Ai miei tempi la presenza in aula valeva 70.000 lire ora siamo arrivati a 250 euro. Era tutto diverso: chi usciva dal Parlamento era una ricchezza per il Paese. E poi io, rispetto a un collega di lavoro, proprio per gli impegni politici ho preso il 60% della pensione».

Anche Michele De Gregorio ancora non ha presentato ricorso, ma è pronto a farlo. «Fare ricorso mi sembra giusto commenta Ora prenderò contatto con l'associazione degli ex parlamentari alla quale non sono nemmeno iscritto. Si sono dette troppe sciocchezze. È una questione complessa. Io per diventare parlamentare ho lavorato dieci anni: ho fondato la Cgil scuola. Successivamente ho fondato e organizzato l'Istituto Gramsci. Ma non si può parlare di compenso per i giorni di lavoro in aula. Il parlamentare non può essere paragonato a un lavoro dipendente. Così stanno disorientando l'opinione pubblica».

Alla finestra sta Alberto Volponi, parlamentare dal 1987 al '92. «Sto decidendo -dice- Ma in questi ricorsi non credo molto. Sono molto amareggiato. Passare per un privilegiato mi dà fastidio».
Anche Gian Franco Schietroma, due mandati da deputato dal 1996 al 2001 e dal 2006 al 2008 dichiara: «Sto valutando non ho ancora approfondito bene la delibera.
Se mi sono sentito con qualche ex collega? No. Io faccio l'avvocato, posso valutare da me». Benito Savo, con Forza Italia dal 2001 al 2006, dice invece: «Io non ho fatto nessun ricorso».