Gli Stati generali del 28 settembre rappresenteranno davvero l'ultima occasione che questa Provincia ha per cercare di agganciarsi al treno dello sviluppo futuro. Ad una condizione però: che nessuno pianti la propria bandierina, rivendicando quanto fatto. E quanto non fatto dagli altri. Tutti i precedenti dicono il contrario: questo territorio non ha mai fatto squadra. D'altronde basta vedere cosa succede nel panorama politico. Il Pd è diviso al proprio interno da anni ormai. È capitato che non ha presentato un candidato sindaco unitario, addirittura in alcuni casi alle comunali non c'è stata la lista con il simbolo.
Nel centrodestra Fratelli d'Italia e Lega non hanno alcun tipo di rapporto e spesso hanno effettuato scelte diametralmente opposte: è successo alle elezioni per il presidente della Provincia e nell'assemblea dei sindaci della Saf. Inoltre, anche dove governano insieme le polemiche non mancano mai. Alla riunione degli Stati Generali la situazione è diversa e ha un taglio più economico che politico. Toccherà soprattutto alle associazioni di categoria e alle forze sociali provare a definire l'agenda di ciò che serve prioritariamente alle imprese.
Per poi chiedere alla politica di agire e di esercitare quel potere di "moral suasion" che sembra essere stato smarrito in Ciociaria. La desertificazione industriale è in atto da tempo. Il campanello d'allarme suonato con la vicenda Catalent è stato ancora una volta ignorato. Adesso non si può ragionare a compartimenti stagni: la bonifica della Valle del Sacco, la riperimetrazione del Sin, gli investimenti infrastrutturali e logistici devono viaggiare di pari passo. Ponendo la giusta attenzione anche al capitolo che riguarda lo sviluppo tecnologico e digitale in particolare. Senza il quale nessuno oggi può davvero essere competitivo.
Gli organici ridotti all'osso di tutti gli enti
Nino Polito, presidente della Federlazio ha acceso i riflettori su un punto fondamentale. Si fa un gran parlare di ritardi della burocrazia e dei tempi biblici per ottenere un'autorizzazione, soprattutto se ambientale. Nessuno però racconta l'altra parte della storia, l'altra faccia della medaglia. Vale a dire l'impoverimento degli organici dei Comuni. Ma anche della Provincia. Per non parlare degli enti intermedi e delle Aziende Sanitarie Locali.
Decenni e decenni fa lo sviluppo dell'Italia fu caratterizzato sì dalla presenza di una classe politica illuminata, ma anche da una Pubblica Amministrazione all'altezza della situazione sotto ogni punto di vista. Lo abbiamo visto pure in Ciociaria. Come oggi vediamo in Ciociaria le difficoltà di Amministrazioni ed enti a rispondere a tutte le richieste quotidiane. Spesso chi è andato in pensione non è stato sostituito e per troppo tempo si è pensato che in ogni caso si poteva andare avanti ugualmente. Sicuramente nel passato remoto del Paese ci sono state situazioni di "infornate" di assunzioni che non sempre servivano. Ma adesso siamo nella fase diametralmente opposta.
Lo stiamo toccando con mano nel settore più importante e delicato, quello della sanità. Mancano medici e infermieri, alcuni reparti fanno una fatica enorme a reggere il passo. C'è pure questo aspetto da considerare oltre ad una burocrazia non sintonizzata sulle priorità e sui tempi delle aziende. Inoltre stiamo facendo i conti da anni, anche in Ciociaria, con fenomeni come il lavoro povero e il lavoro precario. Quando c'è, il lavoro. La disoccupazione ha raggiunto percentuali enormi e all'orizzonte non si vedono opportunità. Per questo la riunione degli Stati Generali del 28 settembre assume una caratterizzazione probabilmente decisiva. È l'ultima occasione per provare ad invertire un trend di "decrescita infelice" oltre che di desertificazione industriale. Inutile nascondersi dietro un dito: l'occupazione vera c'è stata negli anni in cui le industrie aprivano in questa provincia.
Innescando un circuito virtuoso fatto di consumi, di investimenti e di tutto il resto. Ha ragione il presidente della Provincia Luca Di Stefano quando sottolinea che il modello di sviluppo parametrato sulla Cassa per il Mezzogiorno è finito da un pezzo e ne dovevamo prendere atto tanti anni fa. Il punto è che non è stato realizzato un sistema alternativo. Anche per la sistematica perdita di peso politico della classe dirigente. Gli Stati Generali sono un'opportunità se ci si arriverà con il piglio dell'umiltà e della concretezza. Altrimenti si trasformeranno nell'ennesima pagina mai scritta del libro dei sogni.
Se perfino la storia viene sepolta da rifiuti e degrado
Qualche giorno fa Ciociaria Oggi ha raccontato e documentato una situazione ai limiti dell'assurdo in località Selva dei Muli, a Frosinone. Dove ci sono le mura di uno splendido castello medievale, letteralmente sommerse da vegetazione, degrado e rifiuti. Una situazione sinceramente intollerabile. Canta Francesco De Gregori: «Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone, la storia entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione. La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere... La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano».
Il capoluogo è ricco di storia e di archeologia. Siti del genere andrebbero valorizzati, custoditi, studiati. Si tratta di una memoria condivisa che caratterizza un'intera comunità di persone ma che allo stesso tempo appartiene a tutti. In casi del genere non è possibile cavillare sulle competenze. A chi spetta effettuare un intervento di pulizia e di manutenzione? La storia non può essere inghiottita dall'immondizia e dal degrado.