Colpo di scena ieri pomeriggio nella prima seduta del nuovo consiglio comunale: il sindaco Vittorio Sgarbi si rimette in gioco e si dice pronto a dimettersi se non vincerà il referendum che lui stesso indirà entro un mese.
Il sottosegretario alla cultura ha spiazzato tutti con il suo annuncio shock dopo aver ascoltato l'intervento del consigliere Niccolò Casinelli, che dai banchi della minoranza ha anticipato un'opposizione costruttiva e responsabile, ma al contempo dura e intransigente; e rivolgendosi al sindaco ha evidenziato «come l'estrema polarizzazione del voto, voluta da lei e dalla sua maggioranza, abbia di fatto ridotto la partita elettorale del maggio scorso alla dicotomica scelta "Sgarbi sì-Sgarbi no".

Il corpo elettorale ha optato con una certa nettezza in favore della seconda scelta: la maggioranza degli arpinati non vuole che Vittorio Sgarbi sia il sindaco di questa città. Si badi, non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che il sindaco di un comune con meno di quindicimila abitanti risulti tale senza che a volerlo sia stata la maggioranza assoluta degli elettori, ma la circostanza che a volerla siano stati solo quattro arpinati su dieci diventa significativa proprio in ragione di quella polarizzazione, della riduzione dell'opzione elettorale ad un voto su Sgarbi e non ad un voto politico-amministrativo su quale proposta elettorale fosse la migliore per la città».

Sgarbi non ha digerito la riflessione di Casinelli e a pochi minuti dal giuramento, dopo aver presentato la sua "visione" di Arpino e assegnato le deleghe agli assessori, ecco la doccia fredda: non vuole essere un "sindaco di minoranza". La sua lista ha vinto con 2.023 voti, quota superata dalla somma delle altre due liste: 1.378 per Andrea Chietini e 1.146 per Gianluca Quadrini. «Non ho alcun interesse a fare il sindaco di nessun luogo perché non lo faccio per me, ma lo faccio per l'Italia», ha detto Sgarbi sottolineando che è la legge a prevedere un turno unico nei piccoli comuni e la vittoria con la maggioranza relativa. Ma non si è sottratto alla sfida: «Il referendum facciamolo veramente: i cittadini diranno se vogliono Sgarbi o non lo vogliono, così si stabilirà se sono il sindaco di tutti gli arpinati. Altrimenti mi dimetterò».

Prima dell'annuncio del referendum, che per molti resta una provocazione alla quale non seguirà un atto formale, il sindaco ha affidato le deleghe così distribuite: al vicesindaco Massimo Sera centro storico, lavori pubblici, comunicazione, Unesco, protezione civile, attività sportive; all'assessore Bruno Biancale patrimonio, beni pubblici, manutenzione, acqua, risorse naturali; all'assessore Maria Rosaria Manuel le deleghe alla tradizione, civiltà classica, dialogo con le religioni, difesa del paesaggio, salute; all'assessore Stefania Quadrini tesoro, economia, finanze, bilancio e dipendenti pubblici.
Sullo scranno di presidente del consiglio comunale è stato eletto Giuseppe Fortuna.