Di nuovo alle urne, stavolta alle comunali. Da dodici mesi anche la Ciociaria è immersa in una dimensione completamente elettorale. Senza un attimo di tregua. Questa tornata amministrativa però è profondamente diversa rispetto agli appuntamenti precedenti, perché mancano punti di riferimento e coordinate. Alle politiche del 25 settembre scorso il confronto era tra un centrodestra mai così unito e un polo progressista lacerato dalla tripla frattura consumatasi tra Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e Terzo Polo. Alle regionali del 12 e 13 febbraio scorsi quadro molto simile: centrodestra blindato e motivato, Pd alleato con il Terzo Polo, pentastellati per conto proprio.

Il tutto dopo che si era chiusa l'esperienza del "Laboratorio Lazio" costruito da Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi. In entrambe le occasioni il centrodestra ha stravinto, favorito anche da sistemi elettorali che hanno messo i partiti nelle condizioni di poter competere tra loro in una logica proporzionale, all'interno di un perimetro di sicurezza maggioritario sul versante del candidato presidente alla Regione e della coalizione alle politiche. Anche per questo non c'è stata partita nei collegi uninominali e plurinominali della Camera e del Senato e nel risultato complessivo per quel che riguarda le regionali. Il centrodestra ha camminato sul velluto. Undici mesi fa si è votato per altre elezioni amministrative. In particolare a Frosinone, nel capoluogo. Il centrodestra ha messo in fila la terza vittoria consecutiva, con Riccardo Mastrangeli a raccogliere il testimone da Nicola Ottaviani. Il Pd è stato il primo partito in città, ma questo non è bastato. Vero che i flussi elettorali sono mutevoli in questa lunga fase storica, ma in Ciociaria c'è un trend comunque consolidato nettamente.

Più liste civiche che partiti. Fattore candidato
Dei quattordici Comuni nei quali si vota oggi e domani, soltanto due hanno più di quindicimila abitanti: Anagni e Ferentino. Soltanto in questi centri è prevista l'ipotesi del ballottaggio se nessuno dei candidati a sindaco ottiene il 50% più uno dei voti subito. Soltanto in questi contesti l'elettore ha l'opzione del voto disgiunto. Soltanto ad Anagni e Ferentino potevano esserci delle sfide caratterizzate politicamente. Invece non sarà così. Per il centrodestra situazione opposta: unito e con tutti i simboli schierati ad Anagni, assente a Ferentino, dove singoli (e autorevoli) esponenti sono candidati come consiglieri nelle liste civiche. Mentre il Partito Democratico è diviso in entrambe le situazioni, nonostante il simbolo sia stato schierato in modo netto. Oltre a questo c'è la circostanza della forte presenza delle liste civiche, diventate dei veri e propri contenitori in grado di rappresentare molte posizioni. La differenza la faranno i candidati a sindaco. Il punto semmai è un altro. Non si capisce perché un centrodestra vincente ad ogni livello, a Ferentino si defila. Non si capisce perché nel Pd non sia stato fatto neppure un tentativo per ricucire la situazione. In realtà logiche e dinamiche si comprendono fin troppo bene. Le divisioni e le antipatie personali, nel centrodestra come nei Democrat, rappresentano il presupposto. Mentre la conseguenza, che poi si sovrappone all'obiettivo, è che i leader sempre più spesso giocano delle partite in solitaria. Per rafforzare i propri feudi elettorali, per marginalizzare alleati percepiti come avversari, per effettuare prove tecniche di convergenze trasversali nella prospettiva di importanti enti intermedi. Fra tutte le elezioni, quelle comunali sono le più sentite. Perciò sarà indicativo valutare l'affluenza, la partecipazione alle urne. C'è quindi l'aspetto più importante: l'amministrazione. A urne chiuse e risultati acquisiti, tutti dovranno fare i conti con il governo del territorio. Per mesi si è detto e scritto che per i Comuni la partita del futuro sarebbe stata quella dei progetti legati al Pnrr. Poi si è capito che in realtà non è semplice "scaricare a terra" le risorse. Non è facile neppure per il Governo, come stiamo vedendo. Improvvisamente però a livello nazionale si è scoperto che in questi anni i Comuni sono stati sottoposti a durissime cure dimagranti sotto ogni punto di vista: sul piano del personale, sul fronte delle risorse finanziarie, sul ruolo stesso degli enti. E oggi si chiede a quegli stessi Comuni di fare, contemporaneamente, da traino e da cinghia di trasmissione relativamente al Pnrr. La solita tecnica dello scaricabarile. I sindaci però hanno una peculiarità: davvero sono eletti direttamente dai cittadini. Certo devono tenere presenti le alleanze, i partiti e le liste civiche, ma il mandato è forte. Sono cioè nelle condizioni di poter dire perfino "no".

Regione Lazio e Provincia alla finestra
Ovviamente sono tanti i Comuni del Lazio al voto. Vedremo se ci sarà l'effetto Regione oppure no. Soprattutto nei centri più grandi. Se si potrà parlare di onda lunga legata alla vittoria di Francesco Rocca. Se in qualche modo si registrerà uno scatto del Pd legato alla linea di Elly Schlein. Ma si tratta di scenari che non vedremo nei Comuni della Ciociaria. L'unica eccezione potrebbe essere rappresentata da Anagni. Discorso diverso per quanto riguarda la Provincia. Per un motivo. Il presidente Luca Di Stefano ha annunciato che attribuirà le deleghe dopo che sarà finita la tornata delle comunali. Con ogni probabilità coinvolgerà tutti i dodici consiglieri. Interpretando quindi in pieno lo spirito della legge Delrio. In realtà la Provincia potrebbe diventare una sorta di stanza di compensazione di situazioni politiche locali complicate e spezzettate.