Una scarica di adrenalina. Un lampo nel buio. Si può definire anche così la seduta del consiglio comunale di Frosinone che si è svolta qualche giorno fa. Con un dibattito molto acceso. Diversi i protagonisti: il presidente dell'aula Massimiliano Tagliaferri, il sindaco Riccardo Mastrangeli, il "vice" Antonio Scaccia, gli assessori Adriano Piacentini, Fabio Tagliaferri, Rossella Testa. Quindi gli esponenti delle opposizioni: Domenico Marzi, Norberto Venturi, Angelo Pizzutelli, Fabrizio Cristofari, Andrea Turriziani, Claudio Caparrelli, Vincenzo Iacovissi. All'ordine del giorno c'era la mozione delle minoranze sull'ascensore inclinato. È stata respinta (17 no, 5 sì e un astenuto), ma ha rappresentato il fulcro di un confronto che non si registrava da tempo. Piccola parentesi: in questo particolare momento i Consigli vengono convocati con il contagocce.
Alla Regione Lazio, alla Provincia e anche al Comune capoluogo. Un trend che andrebbe invertito in fretta. La centralità dell'aula consiliare sta nelle cose. Moltissimi gli spunti emersi dal dibattito di qualche giorno fa nel capoluogo. Intanto esiste un modello di centrodestra ormai consolidato, che affonda le radici nei dieci anni di Amministrazione Ottaviani e che adesso continua con Riccardo Mastrangeli. Ma si tratta di un'eccezione, anche nella coalizione di appartenenza. In undici anni quante volte è andata "sotto" la maggioranza in aula? Una. Quindi c'è l'elemento di una continuità programmatica e anche politica. Le diverse proposte in tema di mobilità urbana vengono da lontano. Stesso discorso per tanti altri argomenti. D'altronde è fin troppo evidente che tre successi elettorali di fila non avvengono per caso. Il Comune di Frosinone è a tutti gli effetti una roccaforte del centrodestra. Con una classe dirigente riconoscibile.
Quelle scelte che il centrosinistra non può rimandare
Il tema della candidatura a sindaco non è rimandabile per il centrosinistra. Anche se si voterà nel 2027. Non è rimandabile perché da undici anni è venuto meno tutto: metodo, alleanze, strategie. Dieci mesi fa il Pd è stato il primo partito in città, con quasi tremila voti, il 12,49%. Non è un particolare di poco conto. La domanda da farsi è: perché in tre occasioni differenti sono stati "sacrificati" nomi pesantissimi come quelli di Domenico Marzi, Michele Marini e Fabrizio Cristofari? E in qualche modo pure di Mauro Vicano? Perché, nonostante gli annunci e i propositi, mai il centrosinistra ha celebrato le primarie, lasciando questo strumento al centrodestra? Detto questo, è un fatto che le tradizionali alleanze di coalizione sono venute meno. Il Psi, rappresentato da Vincenzo Iacovissi, perfino nell'ultima seduta consiliare ha marcato una distanza notevole dal Pd. Per allargare un Campo che si è inesorabilmente ristretto vanno fatte operazioni diverse. Non basta coinvolgere le liste civiche. Una riflessione rapida su candidatura a sindaco e squadra appare fondamentale. Domenico Marzi ha tracciato la rotta, non ci sono dubbi. Uscendo dall'aula in quel modo, per delimitare i confini, per provocare una reazione nel proprio schieramento. Reazione che in aula c'è stata. Adesso bisognerà vedere cosa succederà nei prossimi appuntamenti. Però una centralità ritrovata del Consiglio rappresenterebbe una spinta importante per Frosinone. Il capoluogo, per esempio, fatica ad emergere nelle votazioni degli intermedi. A cominciare dalla Provincia. Mentre invece ci sono stati segnali diversi sia in Parlamento che alla Regione. Anche se ha concorso nel collegio di Cassino-Terracina, Nicola Ottaviani è stato sindaco di Frosinone per dieci anni. Anche se ha un passato importante come sindaco di Torrice, Alessia Savo è consigliere comunale di Frosinone. Elementi che vanno tenuti presenti in un'analisi complessiva. Poi c'è l'aspetto amministrativo: la mobilità urbana, i trasporti, i parcheggi, le piste ciclabili, il rilancio del centro storico e le politiche urbanistiche richiederanno scelte nette e coraggiose. Ci sono due visioni opposte e inconciliabili di città. Centrodestra e centrosinistra dovranno necessariamente confrontarsi in aula. Ciò può rappresentare un valore aggiunto, a patto che non si arrivi sistematicamente ad una eterna "conta".
Fattore Provincia. Il caso di Alatri. E le amministrative
Luca Di Stefano lo ha detto chiaramente nell'intervista a Ciociaria Oggi: nessuna fretta nell'assegnare le deleghe ai consiglieri. La conseguenza sul piano politico è che sia i partiti che i gruppi, per quanto vogliano mostrare i muscoli, non sono nelle condizioni di imporre la loro linea. Né gli alleati né gli avversari. Un segnale di indubbia debolezza. Trasversale. Ad Alatri fibrillazioni forti nella maggioranza di centrodestra che sostiene il sindaco Maurizio Cianfrocca. Con Fratelli d'Italia sulle barricate e il barometro politico ad annunciare tempesta. Ma al di là del fatto specifico, va considerata la situazione che si protrae ormai da mesi e mesi all'interno della coalizione che governa il Paese, la Regione Lazio e molti Comuni. Nel centrodestra ciociaro l'alleanza ha una dimensione esclusivamente elettorale. E non dappertutto. Sul piano politico non ha neppure senso parlare di unità e coesione perché manca il primo passo, cioè il confronto. Lega e FdI sono agli antipodi quasi ovunque. Le provinciali dovevano rappresentare un'eccezione, invece sono diventate la regola. Una frattura ad Alatri potrebbe avere conseguenze. Infine, tra due settimane si vota in quattordici Comuni, tra i quali Anagni e Ferentino. La sensazione è che la campagna elettorale, ovunque, sia incentrata sul classico "porta a porta". Pochissimi spazi per il voto di opinione.