La storia (tormentata) dell'ascensore inclinato di Frosinone attraversa parecchi anni di vita amministrativa e politica del capoluogo. Il problema è che ha sempre funzionato a singhiozzo, quando ha funzionato. E da quasi due anni la cabina è ferma. Giovedì in consiglio comunale ci saranno due proposte. Una delle opposizioni quasi al completo, che chiede la riparazione dell'impianto per un costo di 136.000 euro. L'altra della maggioranza guidata dal sindaco Riccardo Mastrangeli, che invece è parametrata sul raddoppio della linea dell'impianto. Per una spesa di 3,5 milioni di euro.

La premessa è intercettare i fondi del Pnrr. In teoria l'una (proposta) non esclude l'altra, ma la sensazione è che in aula lo scontro sarà molto aspro. L'auspicio è che si tenga presente l'obiettivo per il quale si decise di costruire l'impianto di risalita: collegamento veloce tra centro storico e parte bassa della città. Presupposto di un capoluogo che ha bisogno di mettersi al passo con la modernità sotto ogni punto di vista. A cominciare da un diverso sistema di mobilità urbana. Immaginare una sinergia tra l'impianto di risalita e i bus del trasporto pubblico sarebbe una svolta enorme.

Stesso discorso per una possibile "interazione" con una futura metropolitana di superficie. Nei prossimi anni sarà inevitabile programmare e realizzare un diverso modo di vivere la città. L'agenda europea è molto chiara e fissa paletti inderogabili sul piano ambientale e della mobilità sostenibile. C'è poi l'argomento del centro storico, da anni (troppi) in attesa di un rilancio che non arriva. Un rilancio che non può essere neppure concepito a compartimenti stagni. Ma che invece deve tenere insieme l'aspetto immobiliare con quello commerciale, la pedonalizzazione con gli incentivi.

Grande capoluogo argomento solo elettorale
Del cosiddetto Grande capoluogo si parla (e basta) ad ogni campagna elettorale. Il concetto è la gestione unitaria e integrata di alcuni servizi tra Comuni confinanti. Si è capito immediatamente che non se ne sarebbe fatto nulla perché nessuno vuole rinunciare ai suoi spazi di sovranità amministrativa ma anche politica. Però il concetto di fondo è giusto: organizzare servizi di trasporto o di raccolta di rifiuti su un bacino più grande e con un numero maggiore di abitanti ha enormi vantaggi. Perfino in termini di efficienza. E questo porta ad un tema reale: la perdita di residenti. Non è una situazione che riguarda soltanto Frosinone, ma non può valere l'adagio del "mal comune mezzo gaudio".

Il capoluogo per tornare ad essere attrattivo ha bisogno di una politica di incentivi fiscali e di miglioramento della qualità della vita. Ecco perché il dibattito consiliare sul futuro dell'ascensore inclinato assume una valenza politica non indifferente. Il Grande capoluogo resterà una delle tante pagine mai scritte del libro dei sogni. A questo punto concentrarsi sul capoluogo è più che mai un imperativo categorico. E siccome si profilano anni di scelte impopolari (soprattutto sul piano della mobilità urbana) sarebbe importante che almeno una parte di programmazione amministrativa fosse condivisa. Nel rispetto dei ruoli naturalmente.

Sul piano strettamente politico, il sindaco Riccardo Mastrangeli trarrà indicazioni importanti dai voti della maggioranza sull'ascensore inclinato e poi sul bilancio. Nelle file delle opposizioni lo scatto di Domenico Marzi è evidente. Tra le firme in calce alla mozione-ordine del giorno non c'è quella di Vincenzo Iacovissi, un anno fa candidato sindaco del Partito Socialista. Sembra che non sia stato neppure contattato per sapere se fosse o meno d'accordo. La conclusione è fin troppo ovvia: se neppure su un argomento del genere l'opposizione riesce a unirsi, allora si capisce fin troppo bene perché il centrodestra ha inanellato tre vittorie consecutive.

Partiti schiacciati dagli accordi di tipo trasversale
Il caso emblematico è quello della Provincia, dove il presidente Luca Di Stefano fa quello che vuole e non ha alcuna fretta nell'assegnare le deleghe ai consiglieri. I partiti e i gruppi non possono fare altro che adeguarsi in silenzio. Alle elezioni sia il centrodestra che quel che resta del centrosinistra sono andati in ordine sparso. Successivamente Di Stefano si è rivolto direttamente al Consiglio per chiedere condivisione programmatica. Ha funzionato, anche perché in realtà non ha bisogno di una maggioranza classica per governare.

Il fatto è che pure in vista delle comunali del 14 e 15 maggio prossimi sono state siglate delle intese trasversali ovunque. Da Ferentino ad Anagni. Inevitabile che tutto questo porti ad un indebolimento delle posizioni dei partiti e delle coalizioni. Nei Democrat fratture e tensioni sono note. Nel centrodestra pure. Si tratta di un quadro che ormai viene dato per scontato e probabilmente è questo l'aspetto che incide maggiormente. In assoluta controtendenza con gli ultimi due appuntamenti elettorali: le politiche di settembre 2022 e le regionali di febbraio 2023.

In entrambe le occasioni si sono fronteggiate coalizioni diverse, anche se con una quota "proporzionale" importante, che ha consentito ai singoli partiti di contarsi. Il corto circuito è esattamente questo però: diventa complicato convincere gli elettori che alla Camera, al Senato e in consiglio regionale si sta su fronti contrapposti mentre poi nei Comuni o alla Provincia è possibile applicare la logica del "volemose bene". Un elemento sul quale i partiti neppure discutono più, perché concentrati su un eterno presente fatto di postazioni, poltrone e strapuntini. Ma anche su quei piccoli "dispettucci" all'alleato che fanno sempre parte del gioco.