Antonio Pompeo non lascia (il Pd). Ma raddoppia (la determinazione per una battaglia politica interna che appare inevitabile e senza esclusione di colpi). L'ex presidente della Provincia lo dice chiaramente, non nascondendo il fatto che la competizione con Pensare Democratico di Francesco De Angelis non è mai stata così forte. Il risultato delle regionali è un punto di partenza. A conquistare il seggio è stata Sara Battisti, punta di diamante dell'area di De Angelis. Ma Base Riformista di Antonio Pompeo ha dimostrato di esserci e di volersela giocare. Molto probabilmente con uno schema diverso rispetto al passato: sarà complicato immaginare intese, come è successo per esempio nella fase congressuale provinciale.

Allora Pompeo, il seggio in consiglio regionale non è scattato, ma ha ottenuto un risultato molto evidente di cui ha rivendicato il peso specifico subito dopo lo spoglio. Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?
«Direi totalmente pieno. Un risultato eccezionale, considerato che non gestiamo posizioni di potere e nonostante questo la gente ci ha votato. La più grande soddisfazione, per cui ringrazio ancora i 14.546 elettori che hanno scritto il nome di Antonio Pompeo sulla scheda verde, è quella che il territorio ha capito la portata e la valenza del nostro progetto e lo ha votato. Rispetto alle previsioni che qualcuno faceva prima che si aprissero le urne - che ci davano tra le ottomila e le diecimila preferenze, addirittura al terzo posto contro le 24.000 del primo – gli elettori hanno detto altro».

Volendo fare un'analisi politica del voto, che Partito Democratico esce da queste elezioni regionali?
«Un Partito Democratico che deve aprire una fase di riflessione e una nuova stagione. Evidenzio questo anche perché in tantissimi mi hanno detto: "Ho votato il Pd solo per te". Ciò si traduce, sì, in un riconoscimento alla mia persona e alla mia attività politica ma, allo stesso tempo sta a significare che questo Pd non ha più capacità di attrazione. Io stesso, in questa campagna elettorale, ho ribadito la necessità e l'urgenza di una profonda riforma del partito. Un partito che ha smesso di parlare alla testa e al cuore delle persone e si è concentrato soltanto su battaglie ideologiche».

Francesco De Angelis naturalmente ha commentato positivamente la vittoria di Sara Battisti. Al tempo stesso però non ha escluso la possibilità di una sua possibile candidatura alla segreteria regionale del partito. Lei come vedrebbe uno scenario del genere?
«Questioni di vedute, di come si concepisce la politica. Io avrei rivendicato il risultato per il bene del territorio e per la crescita del partito, non certamente per le mie ambizioni. Ribadisco, comunque, che il risultato del Pd di Frosinone non porta la firma solo di Pensare Democratico. Il divario tra me e la candidata eletta è di circa 2.000 voti, una differenza che non può giustificare una posizione di dominio assoluto di una o dell'altra componente. È emblematico, poi, che la stessa Battisti parli di un'opportunità che il partito ha dato al sottoscritto per prendere quindicimila voti: è esattamente il contrario. La mia persona, la mia attività politico-amministrativa di questi dieci anni come sindaco e presidente della Provincia, le battaglie e i risultati ottenuti per il territorio, il progetto che ho messo in campo con Alessandra e Annalisa (ndr: Alessandra Cecilia e Annalisa Paliotta) e il consenso ottenuto anche da quanti il Pd non lo avrebbero votato se non fosse stato per il sottoscritto e per il suo gruppo: è questo che ha consentito al Partito Democratico di Frosinone di essere il più votato nel Lazio. Qualsiasi altra ricostruzione è solo di comodo. È alla luce di queste considerazioni e del risultato che abbiamo portato a casa che non staremo in panchina e non rimarremo a guardare. Non permetteremo di rivendicare e utilizzare il voto di migliaia di cittadini per finalità differenti da quelle di risolvere le criticità del nostro territorio. Il nostro progetto resta in piedi, le parole che ho speso durante la campagna elettorale restano valide e attuali: abbiamo il dovere di riconquistare la fiducia non solo degli elettori del Pd ma anche di coloro che si sentono parte di questa comunità ma che si sono allontanati dal partito per una distanza che io personalmente ho cercato e continuerò a cercare di colmare».

Quindi non lascerà il Partito Democratico, come più di qualcuno aveva ipotizzato dopo il suo intervento a caldo?
«Non capisco perché ogni volta che si parla di "valutazioni", qualcuno pensa sempre che si esca dal partito. Forse farebbe comodo, ma si metta l'anima in pace: non lo abbiamo fatto prima, perché dovremmo farlo ora, con il consenso che la gente ci ha dato? Posso permettermi di analizzare il partito e arrivare a criticarlo proprio perché sono stato da sempre coerente: tutto quello che ho detto, l'ho fatto restando fedele al Partito Democratico e rifiutando di aderire ad altre realtà politiche o movimenti che mi hanno, per così dire, "corteggiato". Ma è arrivato il momento di fare un passo in più».

Cosa intende?
«Abbiamo in programma un'iniziativa, che lanceremo nelle prossime settimane, per aprire una nuova fase all'interno del Pd, che potremmo definire costituente, raccogliendo i contributi di iscritti, amministratori, associazioni e cittadini. Quella che vogliamo proporre e avanzare è la "nostra idea di Pd", che apre alle istanze della società civile, che accoglie le idee dei cittadini che non si riconoscono in un'etichetta politica precisa, che ascolta e valorizza il lavoro degli amministratori locali sul territorio, che interpreta le esigenze delle centinaia di realtà associative sparse sul territorio e che fa sentire tutti "a casa". La pluralità deve essere una ricchezza. Le regionali del 12 e 13 febbraio non sono un punto di arrivo ma un momento da cui ripartire con ancora maggiore convinzione. Lo dicono i numeri, lo chiede il territorio».