Non concede spazi. Non al Partito Democratico, non al centrodestra. Il messaggio di Donatella Bianchi è forte e chiaro: il Movimento Cinque Stelle non solo rappresenta un'alternativa ad entrambi gli schieramenti, ma mai come in questo momento guarda in prospettiva. Perché dopo le regionali si aprirà un'altra partita. Nel fronte progressista. E il peso politico del Lazio può fare la differenza.

Lei è una giornalista affermata. Cosa l'ha convinta ad effettuare il salto in politica? E perché con il Movimento Cinque Stelle?
«Anche io, come milioni di italiani, ho vissuto una lunga stagione di sfiducia nei confronti di una politica incapace di rispondere alla urgenze della società, sconfortata da un certo modo di farla ed intenderla. Ho conosciuto Giuseppe Conte quando mi ha nominata nella task force di esperti che a fine pandemia ha lavorato alla strategia di rilancio del Paese come esperta in materie ambientali. Quando a fine dicembre mi ha proposto la candidatura a presidente della Regione Lazio siamo ripartiti da quel progetto, dalla comune sensibilità progressista, sociale ed ecologista, dal mio impegno civico e dalla necessità di far uscire la politica dal palazzo, tra la gente, mettendo al centro le persone, i loro interessi. La mia è una candidatura di servizio, sostenuta dalla comunità 5Stelle e dal Polo Progressista, a disposizione dei cittadini che cercano un'aria nuova e un percorso di crescita per il futuro della Regione».

Ma davvero, come sostengono in diversi, l'unico obiettivo del Movimento è far perdere il Pd? Come risponde a chi dice che in questo modo si fanno vincere le Destre?
«L'unico obiettivo del M5S è dimostrare che esiste un modo diverso di rappresentare il Paese, di governare, fare e vivere la Politica con coerenza. Non si può continuare a proporre alleanze di comodo per un puro calcolo elettorale, le alleanze serie si fanno sui programmi. Come del resto è accaduto in Lombardia dove il M5S sostiene Majorino e un programma coerente su rifiuti e impianti da dismettere. Nel Lazio è accaduto il contrario, con l'imposizione di un candidato proposto da Renzi e Calenda. Noi non siamo per la logica del meno peggio, né per scelte opportunistiche, crediamo fortemente che vadano premiati prima di tutto i programmi e le persone che li rappresentano al meglio. Il resto sono chiacchiere».

Non ritiene che Roberta Lombardi e Valentina Corrado avrebbero dovuto dimettersi da assessori dopo la scelta di andare da soli nel Lazio?
«Era giusto che si completasse il percorso iniziato in Regione che prevedeva il raggiungimento di obiettivi precisi e il rispetto di un cronoprogramma su ambiente, turismo e sostenibilità. Se le due assessore si fossero dimesse non avremmo mai firmato e approvato il piano di transizione ecologica per la Regione Lazio che vale oltre 5 miliardi di euro, le misure per gli enti locali o il fondo sulla montagna. Le divergenze non sono nate in giunta, il Pd e D'Amato hanno approvato assieme a noi il piano rifiuti regionale in cui non si prevede la costruzione di nuovi inceneritori, ma sono nate per i passi in avanti fatti dai Dem sul nome del candidato e sul programma elettorale nel Lazio. Noi facciamo della coerenza un valore, altri non possono dire lo stesso».

Quale giudizio sui dieci anni di giunta Zingaretti?
«Il cambio di passo si è visto negli ultimi 18 mesi, quando il M5S è entrato in giunta e ha spostato l'attenzione su questioni rimaste irrisolte da troppi anni. E mi riferisco alla legge sul turismo, ferma da 15 anni, o all'assessorato alla transizione ecologica che abbiamo voluto noi. Zingaretti in 10 anni avrebbe dovuto e potuto fare molto di più su sanità, trasporti, lavoro, infrastrutture, diritti, ambiente, donne. La sanità è in crisi, la gente non riesce a curarsi, mancano personale e posti letto. Manca il lavoro, i trasporti non funzionano, non c'è rispetto per i pendolari, si ascoltano poco i giovani, il caro vita morde le famiglie e tanti cittadini ancora aspettano di vedere le bonifiche promesse nelle zone contaminate. E questa è solo una piccola parte. È evidente che serva un'aria nuova. E siamo noi».

Perché è stato impossibile un accordo con il Pd? Cosa ha pensato quando Alessio D'Amato le ha proposto il ruolo di "vice"?
«Cerco di essere più precisa chiarendo una volta per tutte perchè si è consumata la frattura tra noi e il Pd laziale. Non c'è mai stato alcun margine per un accordo politico nel Lazio perché il Pd ha deciso di muoversi in totale autonomia senza condividere nulla sul percorso. Il resto è pura strumentalizzazione da campagna elettorale. Hanno provato ad imporre il candidato di Renzi e Calenda e hanno chiuso e impacchettato un programma senza discuterne. Sui temi ambientali - compreso l'inceneritore - hanno nascosto la testa sotto terra come gli struzzi. Siamo orgogliosi della scelta che abbiamo fatto. Siamo orgogliosi di poter girare i territori a testa alta. Il ruolo da vicepresidente me lo hanno offerto a mezzo stampa senza alcun tipo di credibilità. Se fossi stata un uomo non mi avrebbero mai chiesto un passo indietro. E questo deve far riflettere, soprattutto le donne».

Cosa vi separa in maniera assoluta dal Terzo Polo di Calenda e Renzi?
«Credo che la domanda più corretta sia cosa ci potrebbe unire. Abbiamo una visione diametralmente opposta su ambiente, lavoro, giovani, futuro, impresa, diritti. Calenda e Renzi vogliono il nucleare, noi vogliamo la transizione ecologica. Loro vogliono le trivelle, noi vogliamo le rinnovabili. Loro sono quelli del Referendum contro il reddito di cittadinanza, noi siamo quelli del reddito di cittadinanza regionale. Loro considerano la povertà una colpa, noi siamo quelli che combattono le disuguaglianze sociali. Renzi e Calenda hanno una visione liberista della società, noi invece vogliamo combattere al fianco di tutte quelle persone che hanno bisogno di qualcuno che si faccia carico della loro condizione quotidiana per cambiarla in meglio partendo dalle fondamenta. Potrei continuare, ma non credo serva andare oltre».

Sanità e lavoro: se viene eletta presidente della Regione che strategie mette in campo?
«Ci ricordiamo tutti in piena pandemia degli infermieri, degli operatori sanitari e dei medici che passavano giorno e notte in quelle corsie a salvare vite. Ora ce li siamo nuovamente dimenticati. Paghe inadeguate, nessuna stabilizzazione e condizioni indegne che non consentono di potersi costruire una vita. Noi quello che dobbiamo fare lo sappiamo perfettamente. Nel Lazio mancano 10.000 medici, ma dobbiamo anche stabilizzare i precari che aspettano contratti regolari e a norma. La pandemia ha creato grande disagio soprattutto tra i giovani, per questo vogliamo istituire lo psicologo di base e vogliamo scorrere le graduatorie con gli idonei vincitori. Siamo stanchi di una sanità in cui il pubblico è suddito del privato, vogliamo che siano complementari, naturalmente con preminenza del pubblico rispetto al privato convenzionato. Dobbiamo fermare la migrazione sanitaria, investendo sulla medicina territoriale e sulle cure domiciliari per i nostri anziani».

Sul lavoro?
«Nella regione si concentra l'11% del fatturato nazionale grazie alla presenza di 305.000 imprese che generano 441 miliardi di euro di ricavi. Al governo della Regione leveremo la maggiorazione Irap alle imprese che assumono a tempo indeterminato giovani under 35, neo mamme o percettori di reddito di cittadinanza abili al lavoro. Siamo pronti a presentare misure di sostegno economico alle donne che rientrano al lavoro dopo la maternità per i successivi 3 anni scaricando il peso fiscale sulle imprese. La Regione Lazio potrebbe essere la prima ad aprire un canale parallelo a quello nazionale di incentivi alla ristrutturazione in chiave green. Possiamo mettere in campo una società regionale per comprare i crediti fiscali dalle banche e fluidificare il mercato degli interventi di ristrutturazione. La Regione potrebbe costituire un Fondo di garanzia per il credito bancario a favore delle imprese edilizie che non riescono a monetizzare i loro crediti. Questo significherebbe rilanciare comparto edile e generare posti di lavoro».

Rifiuti: nel Lazio mancano discariche e da anni si rincorre l'emergenza. Soprattutto a Roma, amministrata in passato da una sindaca (Raggi) dei Cinque Stelle. Cosa non ha funzionato e cosa bisognerebbe fare?
«Il ciclo dei rifiuti nel Lazio, dopo quasi un ventennio di commissariamenti e inadeguata pianificazione, deve essere ripensato verso l'economia circolare riducendo il consumo di materie prime: si deve investire in filiere corte di aggiornamento tecnologico, ricondizionamento dei beni, riparazione e riuso in grado di prevenire la produzione di rifiuti e far crescere di pari passo le industrie che riutilizzano le materie prime seconde distinguendolo dal rifiuto residuo. Il futuro non è bruciare tonnellate di rifiuti o trasformare il Lazio nella pattumiera d'Europa come vorrebbe il commissario Gualtieri, una buona parte del Pd laziale o Bonelli. Il futuro è la transizione ecologica e solo noi siamo in grado di spingere la Regione in quella direzione».

Le province di Frosinone e Latina hanno una situazione occupazionale drammatica e nei prossimi anni, secondo le previsioni, andrà peggio. Come si inverte la tendenza?
«I cosiddetti "green jobs" sono la chiave per invertire questa tendenza, attraverso misure volte a ridurre il nostro impatto ambientale e creando nuovi posti di lavoro specializzati e meglio remunerati. Per questo motivo abbiamo proposto una legge per istituire un "superbonus" regionale, dedicato ad incrementare l'efficienza energetica degli edifici e al recupero di spazi verdi».

In Ciociaria, nel cuore della Valle del Sacco, c'è la discarica di via Le Lame, da anni. Perché le operazioni di bonifica ambientale sono così complicate?
«La discarica di via Le Lame a Frosinone risale alla fine degli anni '90, quando la direttiva comunitaria sulle discariche di rifiuti non era stata ancora recepita nel nostro Paese. Con l'Accordo di Programma tra Ministero dell'Ambiente e Regione Lazio firmato dal ministro M5S Sergio Costa nel 2019 sono stati stanziati circa 11 milioni di euro per caratterizzare l'area e metterla in sicurezza. Si ha bisogno di una Regione ferma e che dia priorità al rispetto di tutti gli impegni del cronoprogramma, cosa che non possiamo dire sia avvenuto fino adesso. Il mio impegno è nel procedere nel rispetto di tempi».

Infrastrutture e Roma-Latina: è questa la ricetta per il decollo della provincia pontina?
«Da 25 anni cittadini e istituzioni hanno sottoposto ai governi di turno, sia regionali sia nazionali, proposte alternative ad un progetto non condiviso, che non risolve ma acuisce i problemi. Innanzitutto mettiamo in sicurezza la Pontina perché la statale grida vendetta e migliaia di pendolari si muovono in condizioni assurde. Nel frattempo potenziamo l'attuale rete ferroviaria da Roma a Formia, Anzio e Nettuno e ripristiniamo la tratta Terracina - Minturno - Formia ad oggi ancora chiusa dopo il movimento franoso. Aggiungo che nominare un commissario a pochi giorni dal voto è una evidente forzatura politica. Che politica è quella che va avanti a commissari e commissariamenti? Non la nostra».

Che posizione ha sul reddito di cittadinanza?
«La destra ha deciso di fare la guerra ai poveri e per questo nel Lazio noi faremo il Rdc regionale. È la nostra risposta all'iniziativa assurda del governo Meloni di togliere l'unica forma di sostegno che sta dando una risposta a milioni di persone in difficoltà. Nella nostra Regione ci sono 350.000 percettori che tra pochi mesi si troveranno senza un centesimo. Il governo da settimane parla di fantomatiche soluzioni alternative al Rdc che ad oggi nessuno ancora visto perché la Ministra Calderone e la Meloni non ne hanno ancora discusso. È assurdo come si possa levare uno strumento indispensabile per famiglie e cittadini, senza neanche aver pensato ad una soluzione alternativa che continui a garantire a queste persone la sopravvivenza. Mi permetta per pochi secondi di tornare a fare il mio lavoro: vorrei fare, da giornalista, una domanda a Rocca».

Prego…
«Cosa farà Rocca quando tutte quelle migliaia di persone verranno a bussare in Regione per chiedere un aiuto? Lo sa Rocca che senza Rdc, alle famiglie resterà solo la Caritas? La destra nel programma non parla di povertà, se ne lava le mani, ci rendiamo conto che non possiamo voltarci dall'altra parte?».

Ma come si finanzierà il vostro Rdc?
«Con un fondo europeo, "Fondo Sociale Europeo Plus 2021-2027", che prevede un'assegnazione al Programma Regionale del Lazio di circa 2 miliardi di euro. Si dovrà fare una quantificazione della spesa, con un censimento della popolazione, individuando i requisiti necessari».

Dopo le regionali (comunque vadano) cosa farà? Resterà in politica, guardando magari alle europee del prossimo anno?
«Noi vogliamo vincere e governare. E per questo mi sono candidata. Sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini discutere a pochi giorni dal voto sulle prospettive future. Il M5S con Giuseppe Conte sta cercando di evolvere nuovamente la politica e per questo ho accettato la sfida. Credo nella politica di prossimità, tra la gente e per la gente, ed è la stessa visione di Conte e di tutto il nuovo corso del M5S».