Un ricorso dichiarato inammissibile, mentre per l'altro c'è stata la rinuncia. E prima ancora altri due ricorsi dichiarati inammissibili dal Consiglio di Stato. È l'esito della querelle sulle liste elettorali per le regionali a sostegno del candidato presidente Fabrizio Pignalberi escluse dalla circoscrizione di Frosinone. Con il risultato che l'ufficio centrale regionale presso la Corte d'appello di Roma si appresta a deliberare l'esclusione di Pignalberi quale candidato presidente per il venir meno del requisito della partecipazione in almeno tre circoscrizioni elettorali.
Al tempo stesso, sarà chiesto agli uffici circoscrizionali di Roma e Viterbo di procedere all'esclusione delle liste, in precedenza ammesse, del candidato Pignalberi. Ovviamente contro questi provvedimenti è ammesso un ulteriore ricorso al Tar il che potrebbe far ulteriormente dilatare i tempi che sono già stretti. E, infatti, lo stesso annuncia di aver presentato altri ricorsi al Tar. Inammissibile è stato dichiarato dal tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione seconda bis il ricorso presentato dallo stesso Pignalberi e da Claudio Iori (delegato al deposito della lista "Pignalberi presidente") contro l'ufficio centrale regionale e l'ufficio centrale circoscrizione di Frosinone per l'annullamento delle decisioni dei due organi.
Nelle motivazioni, il Tar rileva che il ricorso «si contraddistingue (al pari di altri due ricorsi elettorali proposti dallo stesso Pignalberi e dichiarati inammissibili da questo Tribunale con sentenze n.1111 e n.1112 del 21.1.2023 il cui appello è stato respinto dal Consiglio di Stato) per vari elementi di criticità che includono anche la corretta individuazione del provvedimento impugnato e la certa indicazione dell'oggetto della domanda». Per il Tar «l'impugnativa appare indirizzata verso provvedimenti non prodotti in atti».
Inoltre, «l'esposizione dei fatti e dei motivi non consente di comprendere, con inequivoca certezza», quali siano i provvedimenti impugnati, ovvero quello «che dichiarava tardivo ed inammissibile il ricorso proposto» contro «la revoca dell'ammissione - della lista "Pignalberi presidente" per sopravvenuta inattendibilità dell'autentica di 248 firme di autentica dei sottoscrittori, ovvero altro e cioè quello» di esclusione di «ogni possibilità di revisione del provvedimento di inammissibilità», oppure se siano contestati entrambi i provvedimenti.
Per i giudici amministrativi «non sono, inoltre, dimostrati i presupposti di fatto dell'azione, ovvero la circostanza che, anche eliminando dagli elenchi dei sottoscrittori le 248 (o 218) firme, residuerebbero comunque più di 1.000 sottoscrizioni (precisamente 1.131) non rilevando quindi in contrario gli attestati che sono stati depositati in formato cartaceo durante l'udienza (e che, all'esito del riscontro operato dal Collegio, non risultano, come dichiarato, in numero di 14, ma in numero di 10)». Nelle motivazioni si legge poi che «neppure è dimostrato che il ricorso in Corte d'appello avverso la revoca dell'ammissione era stato depositato presso l'ufficio centrale circoscrizionale».
Il rilievo che fa il Tar è che «in ogni caso rimane insuperabile il dato costituito dall'omessa notificazione» del ricorso «nei confronti dell'ufficio (ovvero degli uffici) che ha (ovvero hanno) emesso il o i provvedimenti che si è inteso impugnare». Da qui la decisione di dichiarare il ricorso inammissibile. Quanto, invece, al ricorso presentato per l'esclusione della lista "4° polo per l'Italia" stante la «volontà di parte ricorrente di rinunciare al corrente gravame», il Tar dà atto della rinuncia. E qui Pignalberi annuncia gli altri ricorsi.
Nel primo provvedimento il Tar dà atto di una precedente doppia pronuncia conclusasi con dichiarazione di inammissibilità da parte del Consiglio di Stato, resa nota nei giorni scorsi. L'impugnazione contestava l'inammissibilità dei ricorsi proposti contro l'esclusione di tre candidati (Martino, Terrei e Monti) nonché di Leone, Ludovisi e Giuliani della lista "4° polo per l'Italia" su Roma e Viterbo. Il Consiglio di Stato ha «rilevato l'insuperabile dato costituito dall'omessa notificazione del gravame nei confronti del l'ufficio che ha emesso il provvedimento». Inoltre, «il collegio rileva d'ufficio l'inammissibilità dell'appello, siccome proposto dalle parti personalmente e, pertanto, in difetto del patrocinio di un avvocato abilitato alla difesa dinanzi alle giurisdizioni superiori». Per i giudici non è ammessa «la possibilità di difesa personale delle parti nei giudici in materia elettorale».
Esclusa anche «che l'impossibilità di difendersi personalmente nel giudizio di appello violi il diritto di difesa costituzionalmente garantito». Infine, il Consiglio di Stato ha sottolineato pure che «l'appello è ulteriormente inammissibile, in quanto gli appellanti non risultano aver deposito copia del ricorso in appello presso la segreteria del Tar che ha emesso la gravata sentenza». La decisione adottata, in entrambi i casi, è di inammissibilità dei ricorsi. Ora lo scenario futuro potrebbe essere quello di ulteriori ricorsi, già preannunciati, il che potrebbe dilatare ancora la situazione di incertezza su quanti saranno i candidati alle prossime regionali.