Tutti in silenzio, ad aspettare che dai tavoli nazionali e regionali la situazione delle candidature venga definita. Quasi a non voler disturbare i manovratori, che poi sono i leader dei partiti. Perché il grande paradosso del taglio di 345 seggi parlamentari è quello di aver accentrato ancora di più il potere di scelta dei futuri deputati e senatori. Lo faranno Giorgia Meloni, Enrico Letta, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giuseppe Conte, Carlo Calenda, Matteo Renzi e pochissimi altri. Piazzando e spostando i candidati nelle diverse caselle come se davvero stessero componendo un "puzzle".

Vedremo alla fine quanto saranno tenuti in considerazione gli esponenti locali. Nel centrodestra appaiono in pole position sia il senatore Massimo Ruspandini (Fratelli d'Italia: Camera Frosinone) che il due volte sindaco del capoluogo Nicola Ottaviani (Lega: Camera Cassino-Terracina). Neppure loro però si sbilanciano: un po' per scaramanzia, un po' perché sanno che è meglio non dire gatto finché non l'hai nel sacco. Nel Partito Democratico Francesco De Angelis sta giocando le sue carte, conscio che una sua designazione come capolista del collegio proporzionale del Basso Lazio sarebbe una vera impresa. I big romani premono. È già successo in passato: a stupire però è che nel territorio non si respira alcun malessere per il fatto che si debbano favorire candidature di "papi stranieri".

Catapultati o paracadutati fa poca differenza. Come se fosse normale. C'è di più: in quante occasioni la Ciociaria è stata dileggiata e dipinta come una provincia da terzo mondo dalla narrazione stereotipata anche della politica? Andrebbe ricordato. Perché è intollerabile che soltanto quando si tratta di assicurarsi un seggio sicuro in Parlamento questo territorio venga tenuto in considerazione. Ma il sistema elettorale è tale che mettersi contro il proprio capo politico equivale ad essere tagliato fuori.

Le grandi scelte che attendono la classe dirigente
Proprio perché di meno (345 seggi tagliati) i prossimi deputati e senatori conteranno di più. E allora, al di là delle competenze attribuite dalla legge ed evitando di nascondersi dietro il principio del «senza vincolo di mandato», l'auspicio è che chi entrerà a Montecitorio e Palazzo Madama trovi il coraggio di esporsi sulla perimetrazione del Sin Valle del Sacco, su come gestire il servizio dei rifiuti e magari sull'individuazione di una discarica, sul tema dei biodigestori, sull'economia circolare, sulla necessità di investire sulle infrastrutture, su politiche di incentivi alle aziende. Guardando ad aspetti come il lavoro, l'ambiente, la digitalizzazione, l'innovazione tecnologica. Il discorso varrà pure per i consiglieri regionali. Troppo comodo "scaricare" sui livelli locali, sui sindaci e sui consiglieri comunali, anche loro però troppo spesso preoccupati di non perdere consenso. La Ciociaria è rimasta indietro su molte tematiche, inutile girarci intorno. I parlamentari sono nella condizione di poter dare l'esempio: possono farlo esponendosi sui vari argomenti. Altrimenti non ci sarà alternativa all'eterno braccio di ferro ideologico su tutto. La politica del "no" a priori non conduce da nessuna parte. Scansarsi è anche peggio, soprattutto perché comunque c'è qualcun altro che poi decide. La classe dirigente politica di questo territorio sta a guardare da troppo tempo. La differenza non si fa soltanto nei luoghi dove si legifera (Camera, Senato, consiglio regionale). Ma pure nelle commissioni, dove i provvedimenti si impostano, si preparano, si limano. Un aspetto spesso sottovalutato da queste parti.

Dieci mesi senza un attimo di tregua
Una volta archiviate le politiche, sarà la volta delle regionali. In realtà Nicola Zingaretti avrà sessanta giorni di tempo per dimettersi da Governatore, se eletto senatore. Nei successivi tre mesi si andrà alle urne. Probabilmente a gennaio. Le candidature alle regionali diventeranno pure una "stanza di compensazione" per le politiche. In tutti i partiti. In un periodo storico nel quale i congressi provinciali non si fanno più (oppure gli assetti vengono decisi a tavolino), gli appuntamenti elettorali diventano fondamentali per "contarsi". Succederà in tutti i partiti. Ma non è finita, perché il 31 ottobre scade il secondo mandato da presidente della Provincia di Antonio Pompeo. Nei successivi novanta giorni bisognerà fissare la data per l'elezione del successore. Quasi sicuramente a gennaio. Il fatto che l'appuntamento sia riservato agli addetti ai lavori (sindaci e consiglieri comunali) finisce con l'accentuare l'aspetto della resa dei conti tra i partiti ma pure nei partiti. Quindi, nella primavera 2023, le amministrative che riguarderanno 14 Comuni. Tra i quali Anagni, Ferentino, Fiuggi. Dove si preannunciano sfide molto importanti. La politica locale sarà costantemente sul pezzo e questo probabilmente eviterà una riflessione seria. Nel senso che non ci sarà il tempo, per esempio, di mettere in discussione le segreterie politiche dei partiti sconfitti. Con la conseguenza che alla fine tutti resteranno al proprio posto. Indipendentemente dal risultato. Non è il massimo.