Il giorno dopo la "prima" del consiglio comunale non si placano le polemiche tra maggioranza e opposizione. Il tema è quello della mozione presentata da Domenico Marzi per sollecitare una presa di posizione del sindaco Riccardo Mastrangeli e del consiglio comunale sull'opportunità che Mario Draghi continui l'impegno di governo. Su questo punto si è scatenata la bagarre. Chiaro l'intento politico di mettere in difficoltà la maggioranza di centrodestra, soprattutto perché Fratelli d'Italia mai avrebbe potuto votare un atto del genere. Non sono mancati momenti di forte contrapposizione e di accesa dialettica politica.

Domenico Marzi (capogruppo della lista civica che porta il suo nome), che l'altro ieri ha abbandonato l'aula, spiega: «In realtà ho presentato un ordine del giorno. Il sindaco Mastrangeli poteva condividerlo o meno senza alcun problema. Non lo ha fatto per un evidente problema all'interno della maggioranza». Norberto Venturi (Pd), vicepresidente del consiglio comunale, rileva: «Dobbiamo tutti metterci in testa che il consiglio comunale è sovrano. In tale sede decide il presidente dell'aula, non il sindaco. Infatti mi ero rivolto a Massimiliano Tagliaferri per questo motivo: doveva mettere in votazione l'atto. Invece si è aperta una discussione di tipo "politico" che non aveva alcun senso. Bastava votare sì o no alla mozione».

Angelo Pizzutelli (Pd) e Andrea Turriziani (Lista Marini) rilevano: «Un autogol clamoroso quello della maggioranza, del presidente del consiglio comunale e del sindaco. Si è cercato di fare delle differenze tra ordine del giorno e mozione. Giocando sull'urgenza e rinviando la discussione e la votazione alla prossima seduta. Solo che la questione delle scelte del premier Mario Draghi è urgente "ipso facto". E dunque la mozione andava messa in votazione. La verità è che il sindaco non ha voluto farlo per non urtare la suscettibilità di Fratelli d'Italia, partito con il quale ha un evidente feeling. Tutto qui: bastava dirlo. Invece hanno preferito la strada della forzatura procedurale».

Pasquale Cirillo (Frosinone Capoluogo) è stato tra quelli che in maggioranza si sono battuti per non votare la mozione. Rileva: «La mozione non era assolutamente urgente e la vera forzatura sarebbe stata metterla in votazione. L'unico obiettivo dell'opposizione era quello di cercare di metterci in difficoltà. Ma hanno fallito». In ogni caso il confronto in aula è stato aspro. Afferma il sindaco Riccardo Mastrangeli: «Ripeto il concetto che ho espresso in aula consiliare: la mozione è stata scritta di fretta e male. Non esistevano i requisiti per metterla in votazione e men che meno d'urgenza. Come alcuni esponenti dell'opposizione hanno esplicitamente o implicitamente riconosciuto nei loro interventi. La verità è che l'opposizione voleva dividerci e invece alla fine sono stati loro a dividersi».

Nel corso del dibattito in consiglio comunale ci sono stati dei botta e risposta al vetriolo tra i diversi protagonisti. Tra Riccardo Mastrangeli e Domenico Marzi in primis. Nelle file dell'opposizione ad incalzare sono stati Fabrizio Cristofari, Norberto Venturi (Pd), Alessandra Mandarelli (Lista Marzi) e Andrea Turriziani (Lista Marini). Per la maggioranza ci sono stati gli interventi di Alessia Savo, Alessia Turriziani (Fratelli d'Italia), Rossella Testa (Lega) e Pasquale Cirillo (Frosinone Capoluogo). Una cosa è emersa in maniera chiara: dopo il giuramento del sindaco e l'elezione del presidente del consiglio comunale e dei "vice", il clima tra maggioranza e opposizione è diventato incandescente.

Alla fine il presidente dell'aula Massimiliano Tagliaferri ha sciolto la seduta, decidendo di non mettere in votazione la mozione. Le polemiche però sono continuate anche dopo, fuori dall'aula e a microfoni spenti. Durissima, per esempio, la presa di posizione dell'assessore Adriano Piacentini.
Nelle file dell'opposizione, specialmente nel Partito Democratico, in tanti ritengono che nel corso della seduta ci sia stato un intervento dell'ex sindaco Nicola Ottaviani, peraltro coordinatore provinciale della Lega. Mentre nel centrodestra si sottolinea che in realtà l'opposizione è a corto di argomenti.

La sensazione è che il centrosinistra voglia far sentire il pressing sulla maggioranza. Nel discorso di insediamento Riccardo Mastrangeli aveva detto fra l'altro: «Sono uomo di parte, fiero della mia identità culturale cattolico-democratica, ma consapevole che il nostro obiettivo debba essere quello di distinguere tra l'appartenenza ed il comune tessuto istituzionale. Tutte le forze politiche e civiche presenti in quest'aula, pur nella dialettica dei ruoli diversi, esprimono tutte l'intera collettività: la consapevolezza condivisa della comune legittimazione è una condizione essenziale per un buon governo.

Servono unità di intenti, pur nella diversità di opinioni e indirizzi, consapevolezza delle difficoltà non disgiunta da ragionevole ottimismo, rispetto reciproco delle forze politiche e civiche nel solco delle regole comuni. Ci si può, ci si deve battere con vigore, talvolta persino con asprezza, per le proprie convinzioni e progetti amministrativi, ma si deve anche cercare e trovare sempre un comune terreno nel quale maggioranze e opposizioni possano parlarsi, dialogare, riconoscere qualcosa di sé anche nell'avversario più remoto». La domanda politica però è una sola: è pensabile che dopo una campagna elettorale molto dura e aspra si possano trovare terreni condivisi in così poco tempo? Da come è andata la seduta inaugurale la risposta è no.