Al ballottaggio è rimasto il distacco di dieci punti percentuali. Nessuna sorpresa quindi: Riccardo Mastrangeli è stato eletto sindaco di Frosinone, allungando la striscia di vittorie consecutive del centrodestra. Adesso sono tre ed è stata prenotata la quarta. Soprattutto se il centrosinistra non deciderà di prendere atto della situazione. In campagna elettorale Mastrangeli non ha sbagliato nulla: perfettamente consapevole che il centrodestra nel capoluogo è maggioritario, ha seguito l'unica strada possibile, quella di un confronto continuo con gli elettori.

Ha percorso chilometri, con un porta a porta senza tregua. Ogni strada, ogni quartiere, ogni condominio, senza trascurare gli appuntamenti quotidiani. Dai mercati a tutto il resto. Ha avuto ragione anche nel volere una coalizione più snella rispetto a quelle di Ottaviani: sette liste a sostegno. Lo ha fatto proprio in previsione del ballottaggio, per avere meno scontenti possibili e per poter motivare tutti in vista del secondo turno. D'altronde con affluenze così basse non c'erano tanti margini per il ribaltone. Il 12 giugno hanno votato poco più di 24.000 frusinati, il 26 giugno meno di 20.000. Non potevano esserci gli spazi per un recupero di oltre duemila voti. A meno di un crollo del centrodestra, che non c'è stato. Non poteva esserci.

Adesso Mastrangeli deve affrontare la partita della composizione della giunta: non sarà una passeggiata, ma riuscirà a trovare la quadra. L'intera coalizione non può permettersi passi falsi dopo la terza vittoria consecutiva. Inoltre, tra un anno si vota per le politiche e per le regionali. Nessuno ha interesse politico a creare fibrillazioni. Infine, la strategia di aprire alle opposizioni tende a disinnescare sul nascere il possibile scenario che un singolo consigliere possa sentirsi indispensabile e decisivo. La "ratio" è chiarissima.

Lo strappo del 2012 che il centrosinistra ha rimosso
La terza sconfitta consecutiva pesa enormemente. Il Pd può consolarsi con il fatto di essere il primo partito in città? Solo parzialmente. Si può essere soddisfatti di essere arrivati al ballottaggio dopo la Caporetto al primo turno di cinque anni fa? Assolutamente no. L'analisi più lucida l'ha fatta proprio Domenico Marzi a caldo, subito dopo l'esito finale. Quando ha detto di essere stato un "tappabuchi" per la candidatura a sindaco e quando ha aggiunto che il centrosinistra non riesce più a intercettare il voto delle periferie, quello popolare, quello delle famiglie in difficoltà ma pure di un ceto medio alla deriva. Anche nel capoluogo ciociaro. Marzi è stato un "tappabuchi" di lusso, capace di portare il Campo Largo al secondo turno e di creare un certo entusiasmo. Il regista politico dell'operazione è stato Francesco De Angelis. Ma il centrosinistra non andrà da nessuna parte se per l'ennesima volta porterà avanti un'opposizione di routine senza preparare una nuova classe dirigente e una candidatura a sindaco per il 2027. La spaccatura del 2012 tra Domenico Marzi e Michele Marini è stata pesantissima e rappresenta l'origine di tutti i fallimenti elettorali e politici nel capoluogo. E non solo. Perché le ragioni di quella situazione non sono mai state analizzate, metabolizzate e superate. Marzi è stato eletto sindaco la prima volta nel 1998 e ha terminato la sua esperienza nel 2007. Se dopo tutto questo tempo si è ricorso a lui, è evidente che il Pd non ha saputo trovare il modo per un rilancio. Anche nel 2017 si è preferito glissare sulle cause della batosta. La realtà è che non esiste più un'alleanza di centrosinistra e che non si è pensato a lavorare ad una candidatura a sindaco realmente condivisa. Per un'operazione del genere occorrono 3-4 anni. La scelta di Mauro Vicano, poi mandata all'aria da Cinque Stelle e Frosinone in Comune, affondava le proprie radici comunque in un contesto conosciuto di centrosinistra. Aprire a liste provenienti dal centrodestra ci sta alle comunali, ma il problema è che per arrivare alla vittoria non basta. Neppure si può pensare di recuperare al ballottaggio alleanze lasciate ai margini per anni. Ogni riferimento al Psi di Gianfranco Schietroma e Vincenzo Iacovissi è puramente voluto. Vedremo se stavolta il Pd saprà cambiare marcia oppure no. Domenico Marzi ha fatto quello che ha potuto. Ma non poteva essere lui a colmare il gap politico con un centrodestra forte, radicato e autorevole.

Nicola Ottaviani non ha fatto come Luigi XV
Nel centrosinistra in tanti avevano scommesso su un sostanziale disimpegno di Nicola Ottaviani in campagna elettorale. Rispolverando la frase attribuita a Luigi XV secondo alcuni o alla marchesa di Pompadour secondo altri: "Dopo di me il diluvio". Volendo sottintendere che in fondo all'ex primo cittadino non sarebbe dispiaciuto essere ricordato come l'unico capace di battere il centrosinistra due volte. Invece non è stato così: Nicola Ottaviani ha fatto una campagna elettorale in trincea, rispondendo colpo su colpo soprattutto al ballottaggio. Un suo video postato sulla pagina facebook di Mastrangeli ha fatto contare 22.000 clic. Tra dodici mesi vedremo se Ottaviani sarà candidato alle regionali o alle politiche, ma questo c'entra poco o nulla con la campagna elettorale appena conclusa. Nella quale la posta in gioco per Ottaviani era il modello di dieci anni di governo alla guida del capoluogo. Un test sul suo doppio mandato da sindaco. Poi naturalmente c'è stato anche il sostegno personale a Riccardo Mastrangeli. Ma la battaglia era politica. E resterà tale: la civica del sindaco uscente ha eletto 5 consiglieri ed esprimerà almeno 2 assessori. Si illude chi pensa che Ottaviani uscirà di scena.