Catastrofe, tracollo, fallimento. Si sono sprecati i sostantivi per descrivere la sonora sconfitta del centrosinistra alatrense alle comunali. Un centrosinistra per la prima volta rimasto fuori dal ballottaggio, capace di raccogliere meno del 20% con Di Fabio candidato a sindaco. Una debacle frutto di diversi errori, a partire dalle spaccature e divisioni interne che, prima del voto, hanno attraversato il Pd e da un'azione amministrativa che, a giudizio degli elettori, non è stata meritevole di un'ulteriore conferma.

Che qualcosa non funzionasse a dovere lo aveva capito lo stesso Di Fabio, il quale ha provato a puntare su un restyling della coalizione ("Una nuova squadra per Alatri", il suo slogan), che però non ha convinto la cittadinanza. Di Fabio ha pagato strategie errate, problemi irrisolti, temi insoluti, scelte che non sono piaciute agli alatrensi, oltre ad una chiara difficoltà comunicativa che per anni ha contraddistinto l'amministrazione uscente. "Gap" che non si potevano recuperare nell'arco di pochi mesi.

In più, ci sono state le cifre deludenti per molte delle liste (crollo del Pd, performance insufficienti di "Alleanza per Alatri" e "Liberamente Alatri"); la lista democrat, ad esempio, è passata dai 2.720 voti (15,99%) presi nel 2016 ai 1.162 (7,64%) di oggi, meno della metà. Si potrebbe obiettare che le possibili alternative avrebbero comportato la "morte politica" del Pd, ma il fragore del botto è stato di portata eccezionale, anche perché il centrosinistra ha perso in modo netto nella città di Mauro Buschini e Luca Fantini.

Proprio il segretario provinciale Pd ha fatto un'onesta valutazione della situazione e, senza giri di parole, ha detto che andrà fatta «un'analisi profonda su Alatri, dove registriamo una sconfitta pesante. Il risultato impone una riflessione importante, specie a chi ha amministrato la città negli ultimi anni perché si tratta di un voto disastroso. Grazie, in ogni caso, a Fabio Di Fabio per essersi speso con coraggio e passione». La ripartenza del centrosinistra può avvenire dai giovani come Matteo Recchia, uno dei pochissimi a brillare.